Nel bambino, l’individuazione precoce di un deficit uditivo è fondamentale per poter mettere in atto tempestivamente i trattamenti più opportuni e impedire che la sordità provochi un ritardo o un mancato apprendimento del linguaggio. A tal fine, nelle diverse realtà regionali sono stati avviati programmi di screening uditivo neonatale universale che prevedono l’esecuzione di test uditivi nei primi giorni di vita, prima della dimissione del neonato dal punto nascita.
La necessità di uno screening universale è giustificata dall’elevata incidenza di ipoacusia congenita (riduzione dell’udito fino alla sordità), che riguarda 1-2 neonati su 1000 nuovi nati, e che in 1 caso su 4 è tanto grave da pregiudicare il normale sviluppo del linguaggio.
Indipendentemente dalla causa (mutazione genetica, infezione virale, sofferenza perinatale, prematurità, etc.), la sordità neurosensoriale consiste in un cattivo funzionamento della coclea, la porzione dell’orecchio interno deputata a convertire le onde sonore in impulsi elettrici, che viaggiano poi verso il cervello per essere decodificati. Di conseguenza, il neonato con una coclea non funzionante non è in grado di udire stimoli sonori di alcun tipo, anche se inviati a elevate intensità.
L’esame della funzione uditiva in un bambino è un compito non facile per la mancanza di collaborazione dei piccoli pazienti e per il disinteresse dei bambini per gli stimoli acustici comunemente utilizzati in audiometria. D’altra parte non è possibile attendere l’età in cui il bambino collabora in maniera soddisfacente all’esecuzione dei test audiometrici comunemente utilizzati nell’adulto poiché la diagnosi precoce di un difetto uditivo è di fondamentale importanza per un adeguato sviluppo della comunicazione uditivo – verbale. Per questo motivo esistono ormai da molti anni test oggettivi della funzione uditiva che possono essere effettuati anche nei primi giorni di vita.
Nei neonati è possibile eseguire uno screening uditivo mediante un test di rapida esecuzione ed elevata sensibilità, le otoemissioni acustiche.
Il test è caratterizzato da un’elevatissima sensibilità, permettendo di individuare tutti i pazienti con sospetto deficit uditivo. Consiste nell’inviare all’orecchio del bambino stimoli sonori e nel registrarne la risposta. Quando gli stimoli sonori arrivano alla coclea, quest’ultima li traduce in impulsi elettrici per il cervello e nel far questo emette a sua volta dei suoni che possono essere registrati.
Il test si esegue utilizzando una piccola sonda rivestita da un tappo in gomma che emette suoni e al contempo registra i suoni emessi dalla coclea. Lo strumento fornisce il risultato PASS se ha ricevuto il suono emesso dalla coclea, oppure REFER se non l’ha ricevuto. I bambini che superano il test (PASS) sono certamente dotati di una normale funzione uditiva, mentre i bambini che risultano REFER, ossia che non superano il test, necessitano di approfondimento diagnostico attraverso l’ABR: potenziali evocati uditivi del tronco encefalico. Anche questo è un test oggettivo, che non necessita della collaborazione del bambino e che si può eseguire durante il sonno spontaneo o indotto; non è affatto invasivo e si esegue inviando al bambino stimoli acustici di diversa intensità e registrando la corrente elettrica prodotta dalla coclea che viaggia lungo le vie uditive mediante elettrodi adesivi posizionati sul capo del piccolo paziente.
La diagnosi sordità congenita andrebbe fatta tra i 3 e i 6 mesi di vita, in modo tale che sia possibile impostare un trattamento precoce.
Grazie agli avanzamenti della medicina e della tecnologia, oggi è possibile restituire ai piccoli pazienti affetti da sordità un udito molto vicino a quello normale, evitando l’insorgenza di disturbi del linguaggio e, nei casi di sordità profonda, di quella condizione che era nota in passato come sordomutismo.
La buona riuscita del trattamento presuppone la precocità della diagnosi e della terapia, che deve essere iniziata in epoca pre – linguale, cioè entro il periodo in cui si realizza l’apprendimento del linguaggio.
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