Sull’aereo-ambulanza dell’Agenzia di difesa europea per salvare le vittime della guerra: nuova missione umanitaria nell’inferno del Niger per l’angelo senza frontiere Mirco Neri, l’infermiere di Melegnano che gira il mondo per soccorrere le popolazioni più povere della Terra.
Dopo l’esperienza del febbraio 2019 in Mali, stavolta Mirco è appena tornato dal Niger, lo stato dell’Africa subsahariana dove ha trascorso sei settimane a cavallo tra dicembre e gennaio.
«Con i tanti migranti che proprio da lì iniziano la pericolosa traversata del deserto per raggiungere la Libia – racconta il 48enne Neri -, il Niger è dilaniato da una crescente ribellione armata al governo centrale, che ha provocato centinaia di morti tra la popolazione e le forze armate locali».
Nello Stato africano sono state inviate le forze armate americane, europee e anche italiane per formare il personale militare e cercare così di stabilizzare una situazione tanto incandescente: tutto questo anche grazie alla presenza delle agenzie Onu e delle organizzazioni non governative, tra cui in particolare Medici senza frontiere, di cui in passato lo stesso Mirco ha fatto parte.
«In questo caso ho lavorato per il servizio di Agenzia di difesa europea coordinato dalle forze armate del Belgio presenti in Niger – continua l’infermiere di Melegnano -: a bordo di un’apposita aereo-ambulanza, abbiamo soccorso i soldati europei e la stessa popolazione civile».
Una volta arrivato in Niger, con il resto del team composto da professionisti provenienti da ogni parte del mondo, Mirco ha dovuto in primis allestire l’aereo assegnato dall’Agenzia di difesa europea, un potente Beechcraft 1900D pilotato da piloti sudafricani ed equipaggiato come un vero e proprio letto di terapia intensiva con tanto di ossigeno, monitor, defibrillatori e farmaci.
«I primi giorni sono stati i più duri, dovevamo rendere il progetto operativo in brevissimo tempo – sono ancora le sue parole -: lavorare con i soldati impone esercitazioni incessanti, tempi frenetici e ritmi di lavoro forsennati, a cui per forza di cose ci siamo abituati. Una volta raggiunta la piena operatività dell’aereo-ambulanza, dovevamo decollare in 30 minuti per andare a soccorrere i feriti: è sempre una gioia indescrivibile salvarli e dar loro la possibilità di tornare dai propri cari – ribadisce Mirco in conclusione -.
Nonostante i 21 anni di missioni umanitarie, è ancora un’esperienza unica conoscere i costumi, gli usi e le aspirazioni delle singole popolazioni locali, grazie ai quali ci rendiamo conto che siamo davvero tutti uguali».
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Cittadino
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