L’infermiere di famiglia e di comunità è una figura professionale rivoluzionaria per il sistema sanitario italiano oltre che fondamentale per il futuro della sanità territoriale.
In alcune regioni italiane è già operativo e i benefici sono evidenti; in Puglia si viaggia purtroppo, molto a rilento. L’infermiere di famiglia è un professionista con competenze specialistiche nelle cure primarie e in sanità pubblica che aiuta il paziente a gestire una malattia o una disabilità cronica in stretta sinergia con il medico e con gli operatori della rete ospedaliera e territoriale.
Soprattutto a domicilio, nell’ambiente familiare del paziente. Un profilo quindi determinante nell’ottica di una medicina del territorio sempre più forte e pro attiva, ecco perché serve accelerare i tempi affinché tutte le regioni mettano a frutto le potenzialità dell’infermiere di famiglia.
“Nelle regioni che lo hanno già attivato ha prodotto indubbi vantaggi – ha spiegato il presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Taranto, Pierpaolo Volpe -.
Si è potuto registrare un netto miglioramento dell’assistenza, ma in un triennio l’infermiere di famiglia ha contribuito anche ad abbattere del 20% i codici bianchi ai pronto soccorso degli ospedali e del 10% il tasso di ospedalizzazione.
Inoltre ha reso più agevole la presa in carico dei pazienti dimessi dall’ospedale alleggerendo parecchio anche la mole di lavoro dei medici di medicina generale.
Voglio sottolineare – prosegue Volpe – che l’infermiere di famiglia è un gestore di processi assistenziali che si occupa della gestione globale del paziente in ambito territoriale, per questo è opportuno distinguerlo dall’infermiere dei distretti impegnato, invece, nell’assistenza domiciliare integrata”.
In Puglia siamo ancora costretti a fare a meno dell’aiuto prezioso dell’infermiere di famiglia, ecco perché. “Qui la situazione è bloccata e il problema è di natura assunzionale – aggiunge ancora il presidente dell’Opi Taranto, Volpe -.
La normativa nazionale prevede un infermiere di famiglia ogni 2-2500 abitanti, si tratta di un numero elevatissimo e infermieri per coprire il fabbisogno ce ne sono pochi. Per compensare la carenza si potrebbe revisionare il profilo dell’OSS, attribuendogli determinate competenze per svolgere attività che sono residuali nel profilo professionale dell’infermiere, chiaramente attraverso una formazione specifica. Andrebbe quindi cambiato il sistema ma dobbiamo porci prima una domanda: ci sono risorse disponibili per assumere? L’auspicio è che si trovi presto una soluzione per dare attuazione anche in Puglia alla legge in materia, affinché quella che oggi appare una ‘missione impossibile’ si trasformi presto in opportunità anche per il nostro territorio”.
Redazione NurseTimes
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