L’immunità può durare fino a 6 mesi
Il SARS-CoV-2 ha infettato 78 milioni di individui ed è responsabile di oltre 1,7 milioni di decessi fino ad oggi. L’infezione è associata allo sviluppo di livelli variabili di anticorpi ci possono proteggere dall’infezione.
I livelli di anticorpi diminuiscono con il tempo, ma la natura e la qualità delle cellule B della memoria (che “registrano” l’incontro col virus e che, entrando nuovamente in contatto con esso, sono in grado di stimolare una nuova risposta immunitaria) chiamate a produrre anticorpi in caso di reinfezione non sono state esaminate fino ad oggi.
In questa ricerca pubblicata il 18 Gennaio 2021 sulla rivista Nature dal titolo “Evolution of antibody immunity to SARS-CoV-2” sono state analizzate le risposte anticorpali a SARS-CoV-2 in una coorte di 87 individui precedentemente risultati positivi al COVID-19 circa 40 giorni (1,3 mesi) dopo l’infezione.
In seguito, tra il 31 agosto e il 16 ottobre 2020, a circa 6 mesi dall’infezione, i partecipanti allo studio sono tornati per una visita di follow-up. La risposta anticorpale all’RBD (dominio di legame del recettore situato sulla proteina Spike del coronavirus) è stata misurata mediante saggio di immunoassorbimento legato all’enzima (ELISA) e saggi sierologici automatizzati.
Le IgM hanno mostrato la maggiore diminuzione della reattività anti-RBD, seguite dalle IgG, mentre le IgA anti-RBD sono diminuite solo del 15% e i livelli di IgG del 22%. Quindi gli anticorpi anti-RBD e la loro attività neutralizzante diminuiscono in modo significativo, ma rimangono rilevabili 6 mesi dopo l’infezione da SARS-CoV-2 nella maggior parte degli individui.
Invece il numero delle cellule B della memoria specifiche per RBD rimane invariato, mostrando un turnover clonale dopo 6,2 mesi. Inoltre queste cellule B si sono evolute durante il periodo di osservazione esprimendo anticorpi più forti.
Ma non è finita qua: l’analisi di biopsie intestinali ottenute da individui asintomatici 4 mesi dopo l’insorgenza del COVID-19, utilizzando l’immunofuorescenza o la PCR (reazione a catena della polimerasi), ha rilevato la persistenza dell’RNA SARS-CoV-2 e l’immunoreattività nell’intestino tenue di 7 su 14 volontari.
Attraverso queste biopsie si è potuto confermare che la risposta delle cellule B della memoria a SARS-CoV-2 si evolve tra 1,3 e 6,2 mesi dopo l’infezione in modo consequenziale alla persistenza dell’antigene.
Quindi in conclusione, nonostante ci sia una significativa diminuzione dell’attività degli anticorpi tra 1,3 e 6,2 mesi, i titoli anticorpali (la misura di quanti anticorpi ha prodotto l’organismo nei confronti dell’antigene) rimangono misurabili nella maggior parte degli individui. Inoltre, piccole quantità di antigene virale persistente possono alimentare l’evoluzione degli anticorpi.
Il risultato di questa osservazione, ovvero che le risposte delle cellule B della memoria non decadono dopo 6,2 mesi, ma continuano ad evolversi; è fortemente indicativa che gli individui che sono infetti da SARS-CoV-2 potrebbero innescare una risposta più rapida ed efficace alla riesposizione al virus.
Questi risultati possono influenzare eventuali strategie di vaccinazione della popolazione, o comunque la gestione e la prevenzione della patologia.
Fonte: Nature
Autore: Francesca Pia Biscosi
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