Alla cortese attenzione del professor Violi (Policlinico Umberto I, Roma), da una studentessa di Infermieristica – Lettera aperta
Gentile professor Violi,
le rubo qualche istante del suo tempo per raccontarle una breve storia. Sono una studentessa di Infermieristica del primo anno e al mio secondo tirocinio mi sono trovata a lavorare nel suo reparto di Medicina Interna. Una sera, verso le 20, ho notato una certa agitazione da parte del personale. Due pazienti, senza ricevere alcuna spiegazione, sono stati spostati in stanze in cui erano presenti già altri quattro letti, mentre quella in cui si trovavano loro è rimasta vuota. Lo stato di agitazione continuava: apriamo le finestre, spruzziamo un deodorante, il nuovo letto deve essere perfetto. IL nuovo letto. Uno solo.
Io non ho molta esperienza, per questo mi è sembrato naturale chiedere lumi.
Di primo acchito, non ho capito molto di ciò che mi era stato comunicato. Perché mai il senatore dovrebbe stare in una stanza singola?
Riesce minimamente a percepire la mia incredulità?
Caro professore, le scrivo per dirle che mi sento profondamente offesa.
Può anche solo lontanamente immaginare l’umiliazione che ho provato nel comunicare ai due pazienti che occupavano la stanza sgomberata per far posto al senatore Antonio de Poli che avrebbero dovuto spostarsi? “Voi siete malati di serie B, dovete far spazio al malato di serie A.”
Quel compito ingrato, me lo lasci dire, sarebbe toccato a lei, professore. Non a una studentessa che non riesce a farsi una ragione di episodi del genere.
E sì, mi sento offesa. Sento che, rendendomi strumento di questo tipo di ingiustizie, lei ha sminuito la mia professionalità, l’impegno che metto ogni giorno per migliorarmi e diventare una brava infermiera.
Così come, e questo è un mio modesto parere, ha sminuitola professionalità e il duro lavoro della caposala e di tutti gli infermieri che giorno per giorno si impegnano per dare al paziente, ad OGNI paziente, le migliori cure possibili e l’accoglienza di cui parlavo.
La prego, per il futuro, di non mettermi più in una situazione tanto imbarazzante e umiliante.
La prego, con tutto il cuore, di non lasciarmi con la sensazione amara che “tutti i pazienti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.”
Cordialmente,
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