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Lecce, donna in coma dopo essere stata dimessa due volte per mancanza di posti: 10 indagati

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Lecce, ospedale “Vito Fazi”: infermieri del pronto soccorso non abilitati al triage
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E’ accaduto all’ospedale “Vito Fazzi”. Sfortunata protagonista della vicenda una donna di 47 anni. I sanitari non avrebbero compreso l’urgenza di una risonanza.

I fatti risalgono al gennaio scorso, quando una 47enne di Leverano, dimessa per due volte dal Pronto soccorso dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce per mancanza di posti letto, si sarebbe presentata in coma 24 ore dopo. Difficoltà di deambulazione nella prima circostanza, conati di vomito, vertigini e, nel secondo caso, impossibilità di ruotare le pupille non sarebbero bastati a convincere il personale medico che la paziente andava sottoposta a risonanza magnetica. Si sarebbe così scongiurato un delicatissimo intervento neurochirurgico, reso invece necessario a distanza di due giorni dal primo accesso nella struttura. Al terzo accesso, quando la signora era ormai in coma, la risonanza finalmente eseguita ha evidenziato un’estesa ischemia cerebrale.

L’operazione che ne è seguita non ha impedito gravi danni, denunciati con rabbia dalla stessa paziente e dai suoi famigliari. Come rivelato in esclusiva da CorriereSalentino.it, la Procura di Lecce ha aperto un fascicolo, iscrivendo nel registro degli indagati i nomi di otto medici in servizio, del medico di base e di una dottoressa della Guardia medica di Leverano con l’accusa di responsabilità colposa per lesioni in ambito sanitario.

Questa la ricostruzione dell’accaduto in base all’atto presentato dalla parte lesa. Il 9 gennaio la donna si presenta in Pronto soccorso. Accusa parestesie dell’emisoma destro, del labbro ed emivolto associati a disartria e difficoltà dell’ambulazione. Nonostante l’insorgenza di simili sintomi, viene dimessa con la diagnosi di ipertensione essenziale benigna e con prescrizione di eseguire una risonanza magnetica dell’encefalo in regime ambulatoriale.

Dopo 48 ore la donna ritorna in Pronto soccorso per la seconda volta con sintomi ancora più gravi: vertigine, vomito, impossibilità di ruotare le pupille verso il lato destro. Ciononostante, non viene ricoverata per dichiarata indisponibilità di posti letto, anche negli ospedali periferici, ma rimandata a casa. Neppure il medico curante e la dottoressa della Guardia medica a cui la donna si rivolge subito dopo le dimissioni riescono a capire la gravità della situazione. Visionano i due referti del Pronto soccorso e prescrivono un diuretico per abbassare i valori pressori, senza disporre il ricovero con urgenza.

Il terzo accesso in Pronto soccordso avviene quando la donna è in coma. Solo allora viene sottoposta a risonanza magnetica, che rileva un’ischemia cerebrale per la quale è necessario un intervento chirurgico da cui sarebbero scaturiti i danni permanenti.

Ora la Procura ha chiesto una perizia medico-collegiale per stabilire le cause che hanno prodotto la lesione, se la condotta degli indagati sia stata rispettosa delle raccomandazioni previste dalle linee guida o, in mancanza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alle specificità del caso concreto, e se l’inosservanza di tali regole sia stata causa o concausa delle lesioni. La perizia servirà anche ad accertare se il rispetto dei protocolli medici avrebbe con ragionevole certezza evitato le lesioni riportate dalla donna o invece determinato conseguenze meno gravi. Il contraddittorio tra le parti è stato fissato al 9 ottobre.

Redazione Nurse Times

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