Introduzione di Giuseppe Papagni
Giunge a questa Redazione un esempio di buona sanità, di grande professionalità messa in campo da un nostro collega, Massimo Del Corona, impegnato nel Servizio Emergenza Urgenza 118 della Toscana…un esempio di competenze infermieristiche specialistiche che se venissero istituzionalizzate e rese ai cittadini servirebbero a salvare vite umane. Purtroppo assistiamo ad una forte resistenza al cambiamento da parte di rappresentanze mediche che si oppongono fermamente al riconoscimento delle competenze infermieristiche specialistiche, richieste invece dai cittadini.
Ciao Massimo, Abbiamo letto con attenzione ed interesse il tuo post pubblicato sul gruppo Facebook #noisiamopronti. Vuoi riassumerci l’accaduto per i nostri lettori?
Sinceramente l’interesse suscitato mi ha un po’ sorpreso. Un paio di giorni fa ero di turno su un mezzo India. Sono stato inviato da una signora di 74 anni in buona salute generale (ipertesa in terapia) che accusava dolore toracico atipico, pallore ed ipostenia al braccio sx. Ho eseguito un elettrocardiogramma, inviato in centrale per la valutazione, che ha evidenziato una ST sopra in D1 ed Avl con speculari diffuse nelle derivazioni inferiori. L’ho tranquillizzata, ho posizionato una CVP e in autonomia, come da protocollo, ho somministrato 500mg di ASA e 4000 unità di eparina valutando il Nitrosorbide per il dolore visto che la pressione arteriosa era ottima (recenti lavori mettono in dubbio l’oppiaceo per la sua istaminoliberazione, quindi il ritardo sul meccanismo di anti-aggregazione sul recettore P2Y12).
Durante il barellaggio la Paziente ha perso coscienza, con al monitor TV e susseguente FV.
Abbiamo iniziato immediatamente la RCP, durante l’applicazione delle piastre toraciche. Notevole è stato il mio disappunto per l’attesa della valutazione del ritmo in modalità semiautomatica. Prima scossa a 200j, MCE fino al secondo minuto e ulteriore scarica. Abbiamo continuato il MCE e dopo circa un minuto al monitor abbiamo rilavato ricomparsa di RS a 90 bpm. “Ok, c’é cuore e polso ma la donna é incosciente”, mi sono detto.
Con non poche difficoltà, dovute anche e soprattutto alla mancanza di curari, ho provato ad intubare la paziente ma ho rilevato le corde mobili che ne impedivano la manovra. A questo punto ho richiesto appoggio in loco che non è stato però necessario per una graduale ripresa spontanea della coscienza.
Al risveglio la signora era molto confusa e mi ha chiesto se fosse svenuta. Per tranquillizzarla le ho detto:”Tranquilla, ti ho cantato la ninna nanna e ti sei addormentata…”. Mi ha sorriso.
Ho parlato con la figlia ed il genero, entrambi medici, spiegando loro l’accaduto.
In accordo con la CO, nella persona del mio grande collega Stefano, abbiamo deciso, visti i tempi di arrivo in ospedale, di velocizzare il più possibile il trasporto.
Siamo arrivati direttamente in DEA e subito verso l’emodinamica dove ho lasciato la donna sul lettino. Il viaggio é andato bene ma ero pronto a tutto.
Dal letto mi ha chiamato e io mi sono avvicinato. Mi ha detto “sei stato bravo, non ti dimenticherò”, forse capendo dai discorsi intorno che cosa le era capitato.
Le ho risposto: “non mi dimentichi per la mia bellezza, non per la mia bravura”.
Ha sorriso, si è avvicinata al mio viso e mi ha baciato. Poteva essere mia madre. Le ho accarezzato il viso, una collega di lì mi ha detto “Bravo, bravissimo!”, vedendo la mia targhetta. Uscendo, la figlia mi ha abbracciato e ringraziato. Voleva il mio telefono ma io sono uno dei tanti e questo le ho risposto. Mi ha lasciato dicendo: “Ti cercheró!”.
I fatti dell’Emilia Romagna, relativi alla sospensione di alcuni direttori medici del 118 che si sono resi responsabili di mettere in uso procedure specifiche dedicate agli infermieri, hanno destato grande clamore nella comunità infermieristica. Sembra, da quello che racconti, che nella vostra realtà il problema sia superato, cosa puoi dirci?
Devo dire che da noi è in gran parte superato. Le nostre nuove procedure sono state presentate sia a IPASVI che all’ OMCEO locali. Possiamo essere assolutamente soddisfatti. Il nostro sistema, mi pare, ha anche voglia di migliorare le procedure come strumento di lavoro. Ovvio, che tutto è migliorabile, ma il nostro sistema crede in noi e partiamo da una delle basi più avanzate a livello nazionale.
Trovo molto positiva la disponibilità da parte dello staff medico e di direzione a revisionare e migliorare in maniera continuativa le nostre procedure. In questo senso Bologna appare davvero lontana, anche se i colleghi che ci lavorano fanno e hanno fatto scuola a tutti noi.
Ritieni, in coscienza, che tutti i colleghi che lavorano nel sistema 118 nazionale siano “pronti” e soprattutto tutelati nel trovarsi in situazioni come quella che hai raccontato?
Credo che per fare questo tipo di lavoro non si debba aver paura di prendersi delle responsabilità. Se la domanda è se siamo tutti pronti, da un punto di vista culturale e professionale, forse devo rispondere di no. Sento parlare spesso di competenze come se ancora fossimo legati a semplici mansioni. Chi fa il nostro lavoro deve essere formato su tutto quello che riguarda l’emergenza territoriale e non solo. Ci sono delle assurdità di sistema. Prendi il mio caso: sono istruttore ACLS, abilitato a formare anche i medici, ma devo attendere gli stessi medici che ho formato per farmi dare il benestare alla somministrazione di una terapia che pure è contemplata dal corso ACLS stesso.
Trovo assurdo anche che alcuni colleghi si continuino a trincerare dietro al lavoro in team col medico (automediche). Il lavoro in team deve esserci ma le competenze sono personali. in soldoni il 118 ha bisogno di infermieri e non di autisti. Questo non toglie il ruolo fondamentale del team multidisciplinare, ma un team è fatto dall’unione di competenze diverse e non da incompetenze che si nascondono dietro le competenze altrui.
Per quello che riguarda la tutela credo che ci sia ancora molto da fare a livello legislativo. Anche qui, forse, noi infermieri dovremo cominciare a rivendicare il nostro ruolo, quel ruolo che “siamo pronti” a rivestire. In alcuni paesi esteri i nostri colleghi sono pronti da almeno trent’anni.
In una tua recente lettera a Quotidiano sanità chiedi che i professionisti siano valutati per quelle che sono le loro competenze. Cosa intendi esattamente e come pensi che sarebbe possibile giungere a questo risultato?
La revisione di qualità non serve agli operatori, almeno non solo, ma serve agli utenti.
Deve servire a selezionare i professionisti e a metterli in grado di colmare le lacune formative che eventualmente sono presenti. Se continuiamo a riempire il sistema di emergenza di professionisti le cui competenze non vengono mai misurate seriamente facciamo un danno potenziale e, in molti casi, reale alle persone che soccorriamo.
L’ho già detto e lo ripeto per chiarire: se si entra nel sistema 118 con l’idea di non assumersi responsabilità, nascondendosi dietro ad altre figure professionali, forse si è semplicemente sbagliato il posto in cui lavorare.
La revisione di qualità parte da noi stessi, con lo studio, la passione per il lavoro che facciamo, per poi terminare in una stanza davanti ad una commissione che potrebbe essere di struttura o regionale, nell’unico intento di migliorare la nostra professionalità.
Forse sarebbe l’ora di pensare ad un profilo dell’infermiere 118 che sia unico in tutta Italia. Gli anestesisti, ad esempio, sono la stessa figura ovunque, perché per quanto riguarda gli infermieri le professionalità devono essere decise nel luogo in cui si lavora invece che attraverso una seria valutazione delle competenze? Perché ogni sistema 118 deve essere un feudo a se stante? Forse l’infarto in montagna è meno infarto che in città?! Lo chiedo perché conosco, anche nella mia regione, luoghi dove gli infermieri fanno quanto ho raccontato e posti dove non è previsto che lo facciano. Questo è giusto? E lo chiedo da utente…
Grazie Massimo per la tua disponibilità e complimenti per la tua grande professionalità!
Giuseppe Papagni
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