Per far fronte alla carenza di personale si ricorre sempre più a professionisti assunti da cooperative.
Anche nel Lazio è di stretta attualità il tema dei medici a gettone, assunti dagli ospedali attraverso apposite cooperative e pagati a ore. Un’abitudine che si sta consolidando per far fronte alla carenza di personale nei pronto soccorso, un problema acuito da blocco del turnover, borse di specializzazione insufficienti, impossibilità per la Regione di assumere nuovi medici, scarsa attrattività del Sistema sanitario per i neo-laureati, e avvertito soprattutto nelle Asl di Latina e Frosinone.
Il costo di questi professionisti è esorbitante: si arriva anche a 250 euro l’ora. Ma non è solo una questione di soldi, come chiarisce Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma, in un’intervista rilasciata a Fanpage.it: “Ci troviamo con questa situazione nei pronto soccorso, ma non solo. Una delle cose più gravi è che non possiamo controllare i colleghi per numero di ore continuative in cui lavorano. C’è poi il problema del titolo: per essere strutturato, il medico deve essere uno specialista. A chi lavora nelle cooperative non è richiesto questo titolo. Sono medici, sì, ma non specialisti in medicina d’urgenza”.
Aggiunge Valentina Valeriano, medica di pronto soccorso: “Al momento è l’unica manovra possibile per non chiudere i servizi, ma è difficile da accettare per noi ed è pericoloso per i pazienti. Non ci si rende conto delle responsabilità di un medico d’urgenza. Abbiamo le vite dei pazienti nelle nostre mani e non deve accadere che possa capitare loro un medico privo di specializzazione”.
Per Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità della Regione Lazio, la soluzione sarebbe semplice: “Il Governo deve togliere il tetto per le spesa al personale fissato nel 2004, mettere 2 miliardi in più e consentire alla Regione di pagare di più medici e infermieri di pronto soccorso. Fino ad allora, però, l’assistenza va garantita. Non possiamo dire a un cittadino che non sarà curato”.
Redazione Nurse Times
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