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Latina: “Ecco perchè i miei colleghi sono diversi…”

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Emiliano Milani, infermiere nel reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, ci ha inviato una lettera dove descrive la condizione psicologica dei tanti colleghi precari in attesa di stabilizzazione. Dal futuro incerto, ma… sempre pronti a dare il massimo. La pubblichiamo qui integralmente.

“È stato detto molto a proposito della stabilizzazione dei precari in sanità… ma mai nessuno, però fa riferimento al vissuto dei nostri colleghi… ovvero a come si sentano ed in quale condizione psicologica debbano affrontare, quotidianamente, i loro turni di lavoro.

Personalmente, avendo un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mi ritengo molto fortunato. Ma sono anche sensibile alle problematiche degli infermieri in generale e proprio non riesco più a tollerare quella che è una vera e propria mancanza di rispetto, verso la nostra professione, da parte delle istituzioni.

Così ho deciso di scrivere alla redazione di Nurse Times… per raccontare qualcosa a proposito delle diverse condizioni (precarietà, lontananza da casa, disoccupazione) in cui si trovano i miei colleghi.

Avete presente come si comportano alcuni calciatori professionisti, quando si ritrovano in prossimità della scadenza del loro contratto?

Se quest’ultimo non gli viene prorogato in largo anticipo e/o se non viene prontamente ritoccato il loro ingaggio, il loro rendimento diminuisce: gli attaccanti non segnano, i portieri non parano e tutti si trasformano in giocatori poco decisivi.

Alcuni tifosi li giustificano dicendo: ‘Se il ragazzo non è tranquillo a causa della sua situazione contrattuale è normale che ne risenta anche il suo modo di giocare…’

Beh, i mie colleghi infermieri sono diversi!

È calato il gelo in città, in questi giorni, e non me ne sono accorto solo dalle colonnine di mercurio o dall’allerta meteo: il pronto soccorso dell’ospedale è strapieno, ancora di più del solito, come tutti gli anni in questo periodo; i miei colleghi precari sono là e lavorano senza sosta per far fronte a tutte le esigenze della cittadinanza.

Nulla trapela dai loro volti. Non pensano al loro contratto, perché loro lo sanno che il loro ‘saper essere’ e il loro ‘saper fare’ sono decisivi per la vita degli altri; perciò continuavano a rendere al cento per cento, sempre, comunque enonostante tutto (ricevendo anche un ringraziamento da parte della Direzione di Presidio per come è stata fronteggiata la maxi affluenza al pronto soccorso, per giunta).

È solo alla fine del proprio turno di lavoro, una volta terminato il passaggio delle consegne, che di solito non possono fare a meno di scambiare due parole a proposito della loro situazione contrattuale. E lì il loro volto cambia… perché non sono in attesa di un ‘ritocco’ ad un ingaggio milionario, bensì aspettano di sapere se alla prossima scadenza del loro breve contratto di lavoro rimarranno a casa disoccupati oppure no!

Sono amareggiati e delusi dall’ Azienda, dalla Regione…da tutto. E aspettano… vedendosi negato il diritto a partecipare alle procedure concorsuali, che dovrebbero essere garantite dalla legge, per la stabilizzazione.

Dopo anni di precariato, di rinnovi contrattuali all’ultimo secondo (tanto da lasciarli col fiato sospeso tra la fine e l’inizio di ogni nuovo anno), rischiano ora di non rientrare nella tanto sognata stabilizzazione perché la procedura di selezione per l’assunzione a tempo determinato era ‘viziata’ (VEDI: Medici e infermieri per i quali c’è il rischio di esclusione dalle procedure di stabilizzazione della Regione Lazio, per errori commessi negli anni dalla Asl) in partenza.

Dopo la laurea triennale in infermieristica ho continuato gli studi, conseguendo la laurea magistrale e un master in coordinamento. E una delle cose principali che ho compreso in questo mio percorso, è che la vera risorsa di un’Azienda sono i professionisti che vi operano e che, grazie alle loro competenze, alla loro esperienza e alla formazione ricevuta, influenzano in modo diretto e determinante le prestazioni aziendali. È inevitabile.

Quindi i lavoratori, col loro bagaglio di ciò che conoscono e che sanno fare, sono un vero e proprio capitale per l’azienda. Inestimabile.

Anche i miei colleghi, infermieri precari, rappresentano un grande capitale aziendale, cresciuto a dismisura negli anni insieme ai loro sacrifici. Ma dopo anni di precariato, in cui sono diventati ingranaggi difficilmente sostituibili di un meccanismo oliato e funzionante l’azienda che fa? Rischia di lasciarli liberi sul mercato… ? Tutto ciò è assurdo.

Poi ci sono i mie colleghi che non hanno creduto fin dall’inizio ad una eventuale stabilizzazione e hanno deciso di fare i concorsi fuori regione. Anno per anno hanno migliorato il loro Curriculum ed hanno investito molto sulla loro formazione, nella speranza di poter tornare, magari con un avviso di mobilità o con un altro concorso.

Anche loro, però, non hanno avuto ragione, purtroppo: continuano, anno dopo anno, ad attendere di avere la possibilità di riavvicinarsi ai propri cari… invano. È anche a loro che va il mio pensiero, visto che tempo fa ho vissuto la loro stessa non facile situazione.

Ed in fine ci sono i miei colleghi che sono a spasso, quelli che ancora non riescono trovare un lavoro; perché nonostante le ingravescenti insufficienze di personale, non ci sono nuove assunzioni. E allora proseguono, a proprie spese, la formazione nella speranza che ciò servirà ad ottenere un posto di lavoro degno di tale nome.

I mie colleghi sono diversi e continueranno ad assolvere ai propri doveri. Ma anche loro hanno dei diritti, tra cui il diritto al lavoro! Un lavoro stabile! Magari non dall’altra parte del mondo o della penisola! Così come il cittadino ha diritto alla migliore assistenza possibile…”

Non si può non essere d’accordo con te, caro Emiliano. La tua, oltre ad essere una denuncia ed una preziosa testimonianza, è un abbraccio a tutti i colleghi infermieri che, nella precarietà più totale, stanno comunque tenendo in piedi il nostro SSN.

Alessio Biondino

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