Con l’arrivo del virus SARS-nCoV2, è stato registrato un evidente aumento delle vendite di vitamina C. Nonostante ciò, la possibilità di ridurre l’incidenza di malattie virali in una popolazione ben nutrita attraverso l’uso di integratori alimentari a base di vitamina C non è stata per il momento totalmente confermata.
È utile comunque ricordare che nelle categorie ad alto rischio (es. obesi, diabetici, cardiopatici, anziani, ecc.) un’integrazione con vitamina C potrebbe ridurre i markers dell’infiammazione; quindi la suscettibilità all’infezione, e l’eventuale sviluppo della malattia.
Dati più promettenti, anche se ancora oggetto di discussione; sembrano invece emergere dalla somministrazione endovenosa di questa vitamina in condizioni di malattie respiratorie acute o critiche. Nello specifico, è stato recentemente notato un potenziale ruolo farmacologico durante le prime fasi dell’infezione da SARS-CoV2.
Alte dosi di vitamina C per infusione endovenosa possono ridurre la produzione di citochine infiammatorie e migliorare la durata del tempo di ventilazione meccanica. Ciò è di particolare importanza dato che la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una delle condizioni gravi più frequentemente registrate nei pazienti COVID-19. L’ARDS è una sindrome grave e, in alcuni casi fatale; caratterizzata da una forte risposta infiammatoria con massiccio danno alveolare e insufficienza multiorgano, che richiede un trattamento in unità di terapia intensiva.
Cos’è la vitamina C? Di quanta ne abbiamo bisogno?
La vitamina C (acido ascorbico) è un nutriente essenziale che deve essere assunto attraverso la dieta poiché gli esseri umani non sono in grado di sintetizzarlo.
L’omeostasi della vitamina C è finemente regolata da almeno quattro meccanismi: assorbimento intestinale, trasporto ai tessuti, riassorbimento renale ed escrezione di urina. La dose giornaliera consigliata (RDA) di vitamina C è di circa 100 mg al giorno per gli uomini e 80 mg al giorno per le donne; valori che ne garantiscono il 100% della biodisponibilità con uno stato stazionario di concentrazione plasmatica che raggiunge un livello massimo di circa 70-80 µmol/L.
Questi valori tendono però variare in base a fattori che possono modificarne il fabbisogno giornaliero, tra cui età, fumo, gravidanza e allattamento.
Vitamina C e regolazione del sistema immunitario
La vitamina C è coinvolta nella risposta del sistema immunitario innato e adattativo.
Come antiossidante, contribuisce a proteggere i neutrofili dallo stress ossidativo durante le prime fasi di una risposta immunitaria; quando essi attivano la fagocitosi per distruggere gli antigeni. Una volta terminata la fagocitosi, i neutrofili iniziano a morire, e si è visto come la vitamina C sembri regolare il processo dell’apoptosi; attraverso l’attivazione di una cascata caspasi-dipendente, inibendo il passaggio alla necrosi e determinando una più efficiente risoluzione dell’infiammazione.
Vitamina C, polmonite e COVID-19
La polmonite è un’infezione del tratto respiratorio inferiore caratterizzata da tosse, difficoltà respiratorie, dolore toracico, febbre e infiammazione polmonare. È la prima causa di morte per infezione negli Stati Uniti e la quinta causa di morte più comune nel mondo. Streptococcus pneumoniae e Haemophilus influenzae sono riconosciuti come i più comuni agenti responsabili della polmonite; ma anche altri patogeni sono in grado di indurre polmonite, inclusi virus e funghi.
Lo studio pubblicato nell’Ottobre 2020 su «Frontiers in Immunology», rivista ufficiale dell’International Union of Immunological Societies (IUIS); cerca di mettere il luce il potenziale aiuto della Vitamina C nel trattamento del COVID-19.
Trial clinici hanno preso in considerazione la vitamina C assunta per via orale utile per ridurre la suscettibilità alla polmonite virale e per ridurre lo sviluppo della Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS); riconosciuta come la forma più grave di infezione respiratoria acuta.
La maggior parte dei soggetti COVID-positivi (80% -90%) è asintomatica o mostra lievi sintomi, mentre circa il 5% può sviluppare polmonite, ARDS e disfunzione multiorgano.
Non sono attualmente disponibili dati sull’uso regolare di alte dosi di vitamina C per via orale per ridurre il rischio di infezione da SARS-CoV2 in una popolazione generale sana e sono necessari ulteriori studi per comprendere il ruolo della vitamina C nella prevenzione di COVID-19.
Una sua integrazione può comunque essere efficace per migliorare lo stato di salute dei pazienti considerati ad alto rischio di infezioni virali: persone con malattie preesistenti (obesità, diabete mellito, malattie polmonari croniche, malattie cardiovascolari e varie altre condizioni che sono caratterizzate da un’infiammazione sistemica che altera la risposta immunitaria) sembrano essere più suscettibili allo sviluppo di COVID-19.
Gli effetti della somministrazione di Vitamina C sui tempi della ventilazione meccanica
L’ARDS comporta un’alterazione della permeabilità polmonare, una rapida infiltrazione dei leucociti polmonari con un forte aumento dello stress ossidativo tissutale; che porta ad insufficienza respiratoria e morte, che nella maggior parte dei casi è dovuta a un massiccio danno alveolare.
Uno studio di Fowler et al. sulla somministrazione endovenosa di vitamina C in pazienti ricoverati in terapia intensiva ha mostrato una significativa riduzione dei biomarcatori pro-infiammatori (PCR e procalcitonina) nelle prime 96 ore; senza effetti collaterali, anche se il numero di pazienti affetti da ARDS trattati con vitamina C è stato troppo piccolo per esprimere conclusioni certe. È stata anche dimostrata una durata inferiore del supporto alla ventilazione meccanica.
Un altro studio clinico controllato randomizzato (RCT), che ha incluso pazienti ustionati con grave disfunzione respiratoria che ricevono una dose molto alta di vitamina; ha mostrato una significativa diminuzione del tempo di ventilazione in coloro che hanno ricevuto l’infusione di vitamina C rispetto al gruppo di controllo. Il beneficio polmonare riportato da questi autori è probabilmente dovuto all’azione antiossidante e antinfiammatoria della vitamina C.
È importante considerare che l’effetto dell’infusione di vitamina C sembra esercitare risultati diversi sulla mortalità in relazione alla tipologia di pazienti critici coinvolti, soprattutto quando la somministrazione è associata ad altri farmaci.
Infatti due studi retrospettivi hanno dimostrato che la vitamina C in combinazione con idrocortisone e tiamina può ridurre drasticamente la mortalità del 56% in pazienti di terapia intensiva con polmonite grave e del 79% con sepsi grave, rispetto ai pazienti che non hanno ricevuto vitamina C e tiamina.
Già uno studio pubblicato a Marzo 2019 da Harri Hemila dell’Università di Helsinki e da Elizabeth Chalker dell’Università di Sidney ha dimostrato “un’evidenza statisticamente molto significativa” del ruolo svolto dalla vitamina C nel ridurre il tempo trascorso dai pazienti nel reparto di terapia intensiva.
Nello studio, sono stati utilizzati i dati raccolti in 18 sperimentazioni che hanno coinvolto circa 2000 pazienti, 13 delle quali su soggetti sottoposti a interventi di cardiochirurgia; con l’obiettivo di valutare se la vitamina c aiutasse ad accorciare i tempi sia di permanenza in terapia intensiva, sia della ventilazione meccanica.
In 12 trial, per complessivi 1.766 pazienti, si è registrata una riduzione della durata della terapia intensiva del 7,8%; mentre in 6, nei quali era stata somministrata una dose giornaliera di 1-3 g di vitamina C (pari a una media di 2 g /die), si è calcolata una riduzione pari all’8,6%.
Inoltre, in 3 gruppi sperimentali di pazienti che necessitavano di ventilazione artificiale, la vitamina C ne ha ridotto la durata del 18,2%.
Conclusioni
La vitamina C potrebbe rappresentare un efficace aiuto nella riduzione del rischio di infezione, anche nel caso specifico di COVID-19: la sua somministrazione per via endovenosa potrebbe essere una terapia adiuvante per ripristinarne rapidamente i livelli plasmatici durante sepsi grave e ARDS nei pazienti ospedalizzati in terapia intensiva. Inoltre potrebbe essere utile per ridurre i tempi di ventilazione artificiale, nonostante servano ulteriori studi clinici per confermarlo del tutto; poiché i suoi effetti sulla risposta all’infiammazione, sul tempo di ventilazione e sui tassi di mortalità rimangono ancora incerti.
Fonti:
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fimmu.2020.574029/full
https://www.mdpi.com/journal/nutrients/special_issues/Vitamin_C_Critically_Ill_Patients
Francesca Pia Biscosi
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