Nei giorni 23 e 24 febbraio si è tenuto un interessante congresso alla Mostra d’Oltremare di Napoli dal titolo ”Il paziente fragile: un modello di presa in carico territoriale dell’anziano e non solo.”
Durante le due giornate sono state affrontate numerose e diverse tematiche aventi come fulcro la fragilità del paziente.
Le sessioni, infatti, si sono concentrate sull’integrazione ospedale-territorio e sul ruolo del distretto sanitario nelle cure domiciliari, sul trattamento del dolore, sulle scelte terapeutiche, sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica come modello assistenziale di riferimento.
E’ stato senza dubbio quest’ultimo l’argomento più emozionante, coinvolgente e memorabile del congresso con la testimonianza di Adele Ferrara, presidente dell’AISLA di Napoli, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Adele dal 2009 è affetta dalla SLA e la combatte
“perché la vita continua, per fortuna, nonostante la SLA che confidenzialmente chiamo la Str… Letalmente Armata e non potrà mai togliermi la gioia di vivere, i miei sentimenti, i miei pensieri, la mia voglia di viaggiare, e di tifare per il Napoli”.
Una donna combattente, forte, con un incarico manageriale di finanza internazionale e con la passione per i tanti viaggi all’estero che all’improvviso si è ritrovata a fronteggiare questa ardua battaglia.
La SLA è una malattia rara e neurodegenerativa progressiva che colpisce selettivamente sia il 1° motoneurone, a livello della corteccia cerebrale, sia il 2° motoneurone, a livello del tronco encefalico e del midollo spinale.
La malattia provoca una graduale paralisi e atrofia dei muscoli volontari e una progressiva perdita delle capacità di movimento, di deglutizione, della parola e, infine, della respirazione senza alterare le funzioni cognitive.
In Italia le persone affette dalla SLA sono circa 6.000, ancora senza una certezza delle cause – eccetto un 10% di predisposizione genetica – e senza terapie e farmaci che possano liberare le loro menti libere e vigili incarcerate in un corpo paralizzato; l’unico farmaco disponibile per rallentare la progressione della malattia è attualmente il riluzolo.
Questo, tuttavia, non ha minimamente bloccato Adele che da Roma si è poi trasferita nel 2011 a Napoli e, sebbene la SLA le abbia preso la voce, le gambe e le braccia, ha iniziato una nuova vita “fatta di cure e nuove consapevolezze senza mai perdere la speranza, e alla continua ricerca di soluzioni che possono migliorare la qualità di vita”.
Come si può migliorare la qualità di vita di questi pazienti?
Attualmente sono disponibili trattamenti in grado di alleviare i sintomi e di migliorare la sopravvivenza con la malattia quali la nutrizione enterale attraverso la PEG – gastrostomia endoscopica percutanea – e la RIG – gastrostomia percutanea radiologica -, la ventilazione non invasiva ed invasiva, la fisioterapia, la logopedia e la comunicazione aumentativa alternativa mediante il sistema ”a puntamento oculare”.
Naturalmente, anche il supporto dell’équipe sanitaria multidisciplinare è essenziale fin dai primi momenti della malattia ed è necessario un forte supporto psicologico per l’assistito e il suo nucleo familiare provati dal disorientamento, dalla disperazione, dalla paura di una malattia inguaribile e inafferrabile.
Il paziente, poi, per i continui e i complessi bisogni assistenziali può arrivare a richiedere anche un’assistenza di 24 ore al giorno e diventa quindi prioritaria e concreta l’ottica del ”to care, not to cure”.
Le riflessioni sulle patologie come la SLA sono tante e creano numerosi dibattiti, ma l’articolo 32 della Costituzione Italiana precisa con chiarezza che ”Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Il paziente affetto da SLA è, quindi, prima di tutto una persona umana che non deve essere identificata soltanto con la patologia ma anche con la sua umanità, con il suo bagaglio di emozioni, di pensieri, di sentimenti e del ruolo unico e insostituibile che ha nella sua vita fatta di affetti, di lavoro, di relazioni.
L’esempio di Adele dimostra proprio che la vita è certamente fragile ma, nonostante la patologia, va costantemente protetta, rispettata, tutelata e in questo i professionisti sanitari hanno un indiscusso ruolo in prima linea, perchè, come ha affermato il presidente nazionale Aisla Onlus Massimo Mauro, ”tutte le persone con SLA che ho conosciuto non chiedono di morire ma chiedono con forza di scegliere come vivere”.
Anna Arnone
Fonti:
EFNS Guidelines, 2011