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La scure del Collegio di Milano sul nuovo codice deontologico: “Gli infermieri andavano coinvolti prima della stesura”

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In un documento dettagliato l’Ipasvi del capoluogo lombardo evidenzia i punti critici della bozza messa a punto dal gruppo di lavoro della Federazione. Se si volevano cancellare gli articoli 30 e 49 bastava modificare l’attuale testo

 

MILANO – Il nuovo Codice deontologico degli infermieri? Bella idea, ma che i diretti interessati li avrebbe dovuti coinvolgere prima della stesura e non a cose fatte. Anche perché, ad un’analisi approfondita del testo, si scopre che sarebbe bastato mettere mano ad un paio di articoli del Codice deontologico attualmente in vigore piuttosto che produrne una nuovo.

Il giudizio critico, che rasenta la bocciatura del lavoro svolto dal gruppo di saggi della Federazione nazionale, arriva dal consiglio direttivo del Collegio di Milano, Lodi e Monza-Brianza. Il nuovo Codice deontologico è stato riletto nei minimi particolari facendo emergere più ombre che luci. L’idea stessa di redigere un nuovo codice deontologico è partita con il piede sbagliato, a giudizio dell’Ipasvi di Milano che ringrazia la Federazione “per aver adottato una metodologia di tipo partecipativo per l’analisi della bozza del nuovo Codice deontologico – come sottolinea il presidente, Giovanni Muttillo –  ma sarebbe stato preferibile coinvolgere gli iscritti nella fase iniziale, ossia prima della stesura della bozza per raccogliere i bisogni della professione”.

Il rischio è che il nuovo Codice deontologico sia calato dall’alto e che i suggerimenti e le proposte (nello specifico quelle del gruppo di lavoro voluto dal Collegio milanese) restino lettera morta. Auspicio diverso manifesta il consiglio direttivo dell’Ipasvi di Milano, Lodi e Monza-Brianza, che al termine dell’analisi dettagliata dei 40 articoli del nuovo Codice deontologico, chiede di eliminarne tre (il 4, il 9 e l’11), ne promuove una decina, mentre manifesta perplessità per gran parte del testo.

“Suscita perplessità l’articolo 2 per l’espressione ‘ideale di servizio’” si legge nel documento finale e, a proposito dell’articolo 6 “si è in totale disaccordo con l’espressione clausola di coscienza”, mentre si propone, tra l’altro, una revisione dell’articolo 33.

A conti fatti, per il Consiglio direttivo del Collegio milanese sono minimi i punti di forza del nuovo Codice (maggiore facilita di consultazione, introduzione di elementi di novità come il maggior rilievo dato al ruolo clinico e al management dell’infermiere, l’abolizione del termine contenzione e del discusso articolo 49), mentre sono numerose le criticità. “Il linguaggio utilizzato non è quello che caratterizza la professione infermieristica” si legge nelle conclusioni. “Mancano termini ampiamente utilizzati nella pratica infermieristica, restano le carenze dell’attuale Codice come, ad esempio, il ruolo dell’infermiere nelle sperimentazioni cliniche; mancano riferimenti chiari e decisi al lavoro di equipe così come manca un articolo che richiama l’obbligo deontologico dell’iscritto a partecipare attivamente alle iniziative del proprio ordine professionale”.

Insomma è poco chiaro, a giudizio del Collegio di Milano, il motivo che ha spinto la Federazione a modificare l’intero impianto del Codice del 2009. “Se l’obiettivo era quello di eliminare gli articoli 30 (sulla contenzione) e il 49 (sul demansionamento) allora si poteva raggiungere con una semplice modifica dell’attuale Codice” sentenzia l’Ipasvi meneghino.

 

Salvatore Petrarolo

Foto: web

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