Sono storie che tutti i medici e i professionisti sanitari conoscono bene, quelle con cui la dottoressa Danielle Ofri dell’ospedale Bellevue di New York inizia il suo articolo per il New York Times
«Sei alla recita di tua figlia – chiosa Ofri – ed il tuo paziente ti contatta perché deve parlarti con urgenza. Un collega ha un problema familiare e l’ospedale ha bisogno di te per sostituirlo. La TAC che hai richiesto per il tuo paziente non è coperta dall’assicurazione, e dovrai essere tu a chiamare la compagnia e trovare una soluzione. Hai solo 15 minuti a disposizione per una visita, ma le necessità del tuo paziente ne richiederebbero almeno 45.
Per fortuna, la maggior parte dei camici bianchi sceglie sempre di fare la cosa giusta per i loro pazienti e di continuare ad aderire a quei valori che li hanno portati a scegliere questa professione. Anche se questo comporta sacrifici personali importanti.
Tuttavia mi rendo conto che questi valori vengono sfruttati sempre più. L’aziendalizzazione della sanità ha portato tutta l’efficienza di cui era capace, aumentando il più possibile la produttività del sistema. Ma una risorsa che sembra infinita, e gratuita, è l’etica professionale del personale sanitario.
Se medici e infermieri timbrassero il cartellino alla fine del proprio turno l’effetto sui pazienti sarebbe disastroso. Medici e infermieri lo sanno, e quindi nemmeno ci pensano. Ma lo sa anche il sistema, e se ne approfitta.
Negli ultimi decenni, il lavoro che incombe sugli operatori della sanità è aumentato in modo esponenziale, senza un corrispettivo aumento di tempo o risorse. I pazienti sono più malati di prima, soffrono di più malattie croniche, più gravi, che richiedono la somministrazione di più medicine, la richiesta di più esami, la gestione di più complicanze. Ma il tempo che dovrebbe essere loro dedicato è sempre lo stesso.
A tutto questo si è aggiunta la burocrazia, che ha avvolto i suoi tentacoli in ogni aspetto del sistema sanitario. La cartella sanitaria elettronica ha senz’altro numerosi vantaggi e nessuno vorrebbe tornare a quando ci si doveva portare dietro enormi faldoni con fogli scritti a mano in modo incomprensibile. Ma si calcola che i medici di famiglia dedichino due ore alle scartoffie per ogni ora trascorsa con i pazienti. È un lavoro che si può fare ‘comodamente’ anche da casa, e molti miei colleghi trascorrono serate, giorni di ferie e weekend davanti al computer per concluderlo. Sentono di non aver finito di lavorare finché non hanno registrato tutto. Perché non farlo significherebbe mettere in pericolo i pazienti.
Richiesta dopo richiesta, compito dopo compito, la mole di lavoro sulle spalle di medici e professionisti sanitari è sempre più pesante, ma loro non diranno mai ‘no’. Dopo tutto, i pazienti continuano a prendere le loro medicine, i chirurghi continuano ad operare, i medici continuano a visitare. Tutto sembra filare liscio, ma non è così.
Riuscite a immaginare un idraulico o un avvocato che lavorano il 30% in più senza chiedere ulteriori compensi? Eppure in sanità si dà per scontata un’elasticità tale per cui il lavoro aumenta e, magicamente, viene comunque svolto. Al massimo, l’infermiere non va in pausa pranzo o il dottore farà in modo di concentrare tutti i pazienti nel suo turno. Che problema c’è.
Il problema c’è, invece: il burnout è stato ufficialmente riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. I livelli di stress e tra i medici e i professionisti sanitari sono molto più alti della media della popolazione, e più il medico è stressato più il rischio di sbagliare aumenta, compromettendo la sicurezza del paziente. Senza dimenticare che i tassi di suicidio degli operatori sanitari sono più alti di qualunque professione. Questa situazione non è sostenibile, né per i medici né per i pazienti. La sanità non è affatto perfetta, ma tutto quello che c’è di buono si deve alla forza di volontà di quegli individui che fanno di tutto per fare la cosa giusta. È quella forza di volontà che viene sfruttata ogni giorno e permette al sistema di galleggiare.
I sistemi sanitari devono essere ristrutturati per riflettere le reali esigenze dell’assistenza – propone il medico di New York -. Negli Stati Uniti, dal 1975 al 2010 il numero di amministrativi che lavorano nelle strutture sanitarie è aumentato del 3200%. Per ogni medico, ci sono circa 10 amministrativi. Se la metà di questi stipendi venisse destinata all’assunzione di nuovi infermieri e medici, forse avremmo il personale sufficiente a gestire tutto il lavoro.
Assistenza sanitaria significa prendersi cura dei pazienti, non delle carte. Contare sui professionisti sapendo che non diranno mai di no non è solo una strategia sbagliata. È una medicina sbagliata», conclude Ofri.
Redazione Nurse Times
Fonte: sanitainformazione.it
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