Ogni professionista che lavora con persone con patologie oncologiche, si trova, nel momento in cui la persona entra nella fase terminale della malattia, e purtroppo ovviamente della vita, nel sottilissimo “limbo” tra l’assistenza corretta della persona e l’accanimento terapeutico.
Si parla di casi complessi, carichi di implicazioni etiche, giuridiche, scientifiche e religiose.
In questo articolo, analizzeremo, prettamente dal punto di vista professionale, quella che è la situazione in questo “limbo” e come gestirla al meglio.
Negli ultimi anni, un sempre crescente numero di persone vive più a lungo ed è affetto da una gamma di patologie croniche e complesse che tendono a limitarne la vita. Un approccio palliativo ha molto da offrire a loro e alle loro famiglie. Gli infermieri hanno quindi la responsabilità di essere ben informati ed esperti nell’erogare assistenza ai pazienti terminali e alle loro famiglie, devono offrire un’assistenza olistica e sensibile alla loro cultura, che rispetti le credenze spirituali e religiose.
I progressi nelle procedure tecniche di mantenimento della vita e le modifiche dei valori della società riguardo alla qualità della vita hanno fatto sorgere nell’assistenza infermieristica dei dilemmi etici.
Il dibattito attuale si focalizza principalmente sull’eutanasia. Tuttavia sono ugualmente importanti altre tematiche come l’accanimento terapeutico, le direttive anticipate e le scelte del paziente o “testamenti biologici”, nonchè la preoccupazione per la qualità della vita.
Alleviare il dolore e la sofferenza è una responsabilità infermieristica fondamentale e gli infermieri sono preparati per la gestione del dolore, nelle cure palliative e nell’aiutare le persone ad affrontare l’angoscia, la morte e il morire.
Riassumendo…
Qual’è quindi il ruolo dell’infermiere nell’assistenza al paziente terminale ?
la definizione della I.C.N. recita: “
l’infermiere deve ridurre la sofferenza e migliorare la qualità di vita dei morenti e delle loro famiglie mediante la valutazione precoce, l’identificazione e la gestione del dolore e dei bisogni fisici, sociali, psicologici, spirituali e culturali. Tutto ciò deve essere svolto rispettando la volontà del paziente, gli standard etici e le norme culturali concernenti la morte e il lutto, e rispondendo al bisogno di sostegno e di elaborazione del lutto dei membri della famiglia a domicilio, in ospedale, negli hospice, nelle case di cura e negli altri luoghi dove si fornisce assistenza alle persone in fase terminale.
E’ bene ricordare alcuni articoli del nostro Codice Dentologico che riprendono il tema del fine vita
Articolo 34
L’infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari.
Articolo 35
L’infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita all’assistito, riconoscendo l’importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale.
Articolo 36
L’infermiere tutela la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita.
Articolo 37
L’infermiere, quando l’assistito non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto da lui chiaramente espresso in precedenza e documentato.
Articolo 38
L’infermiere non attua e non partecipa a interventi finalizzati a provocare la morte, anche se la richiesta proviene dall’assistito.
Articolo 39
L’infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, in particolare nella evoluzione terminale della malattia e nel momento della perdita e della elaborazione del lutto.
Articolo 40
L’infermiere favorisce l’informazione e l’educazione sulla donazione di sangue, tessuti ed organi quale atto di solidarietàe sostiene le persone coinvolte nel donare e nel ricevere.
Il fine vita è un momento a cui l’infermiere guarda con rispetto e sensibilità ponendosi dalla parte dell’assistito, dei suoi bisogni e delle sue volontà in merito alle prestazioni da erogare.
L’infermiere tutela perciò la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita e contrasta qualsiasi forma di accanimento terapeutico o assistenziale.
Potrebbe però succedere che l’assistito non sia in grado di manifestare la propria volontà; in quel caso l’infermiere tiene conto di quanto l’assistito ha chiaramente espresso e documentato in precedenza pur ribadendo, con fermezza, che non attuerà e non parteciperà a interventi finalizzati a provocarne la morte, anche se la richiesta proviene da lui stesso.
Cosa vuol dire, accanimento terapeutico?
Esecuzione di trattamenti di documentata inefficacia in relazione all’obiettivo, a cui si aggiunga la presenza di un rischio elevato e/o una particolare gravosità per il paziente con un’ulteriore sofferenza, in cui l’eccezionalità dei mezzi adoperati risulti chiaramente sproporzionata agli obiettivi della condizione specifica.
Sicuramente non è un argomento facile e il professionista che si trova ad affrontare una situazione del genere sarà sempre a rischio di superare quella sottilissima linea di demarcazione.
Il ruolo degli infermieri e degli altri professionisti della salute nell’assistenza ai pazienti morenti continua a essere discusso, l’importante è che gli infermieri conoscano le problematiche e le norme che riguardano il fine vita.
Gaia Pomar
FONTI
CNAI
Definizione accanimento terapeutico
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