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La dott.ssa Maiori presenta la tesi per il master di infermiere strumentista di sala operatoria

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La dott.ssa Maiori presenta la tesi per il master in Strumentista di sala operatoria
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La dott.ssa Maiori Marica Ilaria presenta ai nostri lettori la tesi di laurea per il master di infermiere Strumentista di sala operatoria conseguito presso l’università degli studi dell’ Aquila

Negli ultimi 20 anni la figura dell’infermiere è molto cambiata e di conseguenza anche il percorso formativo ha subito notevoli modifiche a partire dal 1996, quando viene istituito il Diploma Universitario per Infermieri, fino ad arrivare al 2001, anno in cui nasce la Laurea in Infermieristica. Da allora sono stati istituiti percorsi di formazione mirati ad ogni singola specialistica.

L’infermiere “strumentista” è a tutti gli effetti un elemento dell’équipe operatoria e svolge azione fondamentale di supporto tecnico ed assistenziale nonostante ciò è anche una delle figure più peculiari e da sempre fonte di ampie discussioni tra estimatori e detrattori.

Dunque anche per l’Infermiere Strumentista esiste un percorso di studi specifico che prevede come formazione base la laurea in Infermieristica, e come formazione post-base un anno di specializzazione con un ‘ Master universitario di I livello’ per Infermiere Strumentista ed in aggiunta l’aggiornamento permanente, la pratica sul campo, l’auto-formazione. Una volta adeguatamente formato, l’infermiere strumentista svolge la sua attività all’interno del blocco operatorio, un ambiente a “bassa carica microbica” dove il suo accesso è limitato esclusivamente agli addetti attraverso una zona che si definisce “zona filtro”.

Nella mia tesi di laurea espongo un argomento che potremmo quasi definire meraviglioso, in quanto la nascita è un evento incredibile. Il parto è la fuoriuscita, naturale o indotta, del feto attraverso le vie genitali della madre.

Se il parto avviene in modo naturale e senza interventi esterni viene definito “eutocico” (spontaneo); se subentrano complicanze, invece, viene definito “distocico”. Si definisce “operativo” quando è necessario un intervento strumentale o manuale da parte degli ostetrici, che si può realizzare per via vaginale (utilizzando una ventosa o scollando manualmente la placenta), oppure se viene effettuata una incisione chirurgica della parete addominale e dell’utero (taglio cesareo).

La frequenza del taglio cesareo (TC) nei paesi industrializzati è da anni in costante aumento e l’Italia non fa eccezione.

Le motivazioni si possono ricondurre non solo a fattori culturali e attitudinali legati alla pratica dell’intervento, ma anche a una aumentata richiesta di taglio cesareo da parte delle partorienti.

Dopo il parto cesareo la maggior parte delle madri e dei bambini rimangono in ospedale per circa 2-3 giorni.

Nelle prime ventiquattrore dopo l’intervento si invitano le donne ad alzarsi e camminare per guarire più in fretta, e prevenire la costipazione e la potenziale formazione di trombi. Con ogni probabilità il catetere e la flebo saranno tolti dopo 12- 24 ore dall’intervento.

Durante il ricovero il medico e gli infermieri controlleranno la cicatrice e gli eventuali segni di infezione. Monitoreranno anche l’appetito, la quantità di liquidi che bevete e la regolarità delle funzioni urinarie e intestinali.

Dott.ssa Maiori Marica Ilaria

Tesi: Il Taglio Cesareo

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