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La campagna immagine IPASVI La Spezia per il 12 maggio, a favore dei cittadini!

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Anche quest’anno il Collegio Infermieri IPASVI della Spezia ha organizzato una campagna promozionale per gli infermieri. Il presidente Francesco Falli risponde ai giornalisti di gazzettadellaspezia.it

Per noi è importante la promozione dell’immagineha esordito Falli – e per questo a bilancio abbiamo inserito l’affitto dello spazio pubblicitario sui bus di ATC , per spiegare una volta ancora al cittadino il ruolo dell’Infermiere moderno.

Purtroppo persiste una rara confusione di ruoli, favorita da una costante disattenzione anche in chi veicola l’informazione: per certi comunicatori tutto ciò che in Sanità non è medico , allora è infermieristico.

Ma non è così: prima di tutto, oltre agli Infermieri ci sono altre professioni sanitarie (ostetriche, fisioterapisti, tecnici di varie specialità) e poi ci sono molti soggetti che hanno una loro funzione, un loro settore, e che non sono Infermieri: vedi gli oss (operatori socio sanitari, una figura che si occupa prevalentemente di assistenza di base, di igiene del malato e degli ambienti), o gli ausiliari“.

Infatti si sottolinea il fatto che l’Infermiere è un professionista laureato.

Dal 1995prosegue il presidentela professione è entrata, a livello di formazione, in Università, anch’essa inserita nel modello del 3+2. Con la laurea triennale si può esercitare la professione, e si può poi accedere alla magistrale, o ai master di 1° livello. Una volta conseguita la magistrale, si possono anche intraprendere percorsi come i dottorati di ricerca. Sono sicuramente pochi, ma ci sono anche Infermieri che fanno ricerca per professione, mentre altri sono professori universitari, e certamente i cittadini non sanno di queste realtà”.

Quanti sono gli iscritti? E dove lavorano?

2060: di questi, quasi mille dipendono dall’ASL 5, altri da ASL diverse; diverse centinaia lavorano nel nostro territorio per cooperative, per la sanità privata, e come libero professionisti ai quali, attraverso il nostro sito, i cittadini possono facilmente arrivare, evitando così di affidare la loro salute a praticoni ed abusivi vari, oggi numerosissimi, pericolosi, sostenuti dalla crisi. Infine, sono nei nostri ranghi Colleghi pensionati e giovani purtroppo in attesa di un primo impiego”.

Certo, oggi ci sono meno possibilità di assunzione rispetto a una volta.

Purtroppo sì, – conferma Fallianche se a distanza di un anno dalla laurea triennale lavora circa il 60% dei Colleghi neo formati; in particolare è più difficile quanto un tempo era naturale: l’accesso al pubblico impiego. Oggi per effetto della spending review è molto difficile trovare concorsi pubblici. Forse un giorno ci renderemo conto dell’assurdità dei tagli in un settore come questo. Siamo immersi nello spreco, e su questo fronte avrebbero dovuto arrivare i tagli e le verifiche. Invece hanno fatto la cosa più semplice e banale: bloccare le pensioni e non assumere praticamente più.

I risultati evidenti sono che oggi turnano nelle corsie persone con molta esperienza alle spalle, ma anche con più di 50 anni d’età anagrafica (il dato medio, ad esempio, della nostra ASL è salito a quasi 51 anni): si può immaginare quanto sia difficile sostenere una attività così impegnativa sul versante fisico e emotivo a queste età, molto marcato è infatti il fenomeno dello stress collegato all’ambiente di lavoro.

L’ICN (International Council of Nursing) , una delle maggiori associazioni mondiali di categoria, segnala che molti Infermieri amano ancora il loro lavoro, ma non gli ambienti nei quali viene svolto. Tornando ai tagli, meno personale qualificato in una degenza (ospedaliera o privata, in una RSA o nelle assistenze domiciliari) espone in modo statisticamente gravissimo i pazienti a complicanze molto pericolose, quali le infezioni, le cadute, gli errori assistenziali e i disordini nutrizionali. Per questo la frase della campagna è ”gli Infermieri fanno la differenza”. Questi dati derivano da studi internazionali validati (vedi progetto RN4CAST) e sarebbe interessante sapere quanto abbiamo risparmiato, in termini di costi del personale, paragonando il valore a quanto abbiamo speso per l’effetto di questi tagli (a livello mondiale, o italiano, o spezzino) in termini di costi vivi, reali, di spese legali, di errori e di rivalse giudiziarie…

Nel cartellone si parla dell’Hospice, un grande assente della Sanità spezzina.

Non solo c’è confusione sul ruolo dell’Infermiere, – spiega il presidentema anche nella categoria si fa fatica a capire il ruolo di ordini e collegi professionali. Mi spiego meglio: se un Infermiere dipendente viene costretto dal datore di lavoro a saltare i riposi senza giustificazioni reali, può trovare solo nel sindacato il suo interlocutore: noi dobbiamo invece assicurare che chi si iscrive all’albo professionale (condizione indicata come indispensabile per l’esercizio della professione dalla Legge 43/2006) sia davvero dotato dei titoli previsti.

E poi, dobbiamo aiutare il cittadino nella richiesta di un servizio sanitario rispondente alle sue necessità. In questa provincia, nonostante le tabelle ministeriali stimino intorno ai 25 i posti letto hospice, non c’è ancora attiva una struttura dedicata ai malati terminali, come in ogni realtà attenta a questo aspetto che, per quanto triste, può potenzialmente riguardare tutti. Va bene aprire la shock room, va bene aggiungere ancora un’altra TAC, benissimo litigare un pò per individuare dove costruire nuovi ospedali (speriamo, ne parlano da quando andavo alle elementari) ma cercare di fare qualcosa per chi vive questo problema è stringente, e urgente.

Pochi sanno che i malati terminali non sempre possono essere gestiti a casa, e pochi sanno che un hospice non è un luogo triste, ma anzi è un luogo dove il malato che non può più guarire riceve con grande attenzione le cure del fine vita dignitose e dedicate, viene controllato il suo dolore e non si è soggetti alle regole quotidiane del grande ospedale, che sono spesso incompatibili con la permanenza dei familiari per tutto il tempo che si può, e che si vuole dedicare al congiunto.

Oggi alcuni malati terminali vengono appoggiati in reparti non attrezzati, con personale non esperto e formato, con problemi su malati acuti che distraggono le equipe: insomma, come abbiamo detto in occasione di un evento della Fondazione Carispezia che tanta attenzione ha dedicato a questo settore, ”un giorno senza hospice è ancora un altro giorno senza dignità”. Solo per questo abbiamo voluto citare l’hospice nel nostro comunicato, perchè ormai il problema non è più rinviabile”.

Fonte: gazzettadellaspezia.it

Giuseppe Papagni

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