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Kazakistan, impiantati due cuori artificiali con tecnologia wireless

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Kazakistan, impiantati due cuori artificiali con tecnologia wireless
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I dispositivi si ricaricano senza fili. All’eccezionale intervento ha preso parte anche un medico italiano.

Cardiomiopatia dilatativa è il nome di una malattia degenerativa che colpisce il muscolo cardiaco, compromettendone la capacità di pompare efficientemente il sangue verso il resto dell’organismo. Ismail Tursunov, un ragazzo di 24 anni, ha scoperto di esserne affetto la scorsa estate, sebbene abbia sempre rispettato uno stile di vita esemplare: niente fumo o alcol, tanto sport e tempo trascorso all’aria aperta.

Le sue condizioni erano talmente gravi che riusciva a malapena a spostarsi dal letto al tavolo. Fino a quando non è arrivata la svolta: un trapianto record avvenuto ad Astana (Kazakistan). Lui e un altro uomo, di 51 anni, sono stati i primi al mondo a ricevere un cuore artificiali che si ricarica con la tecnologia wireless. Più precisamente, sono stati i primi a ricevere un dispositivo ad assistenza ventricolare (Vad) che si ricarica senza fili.

Nei Vad tradizionali un cavo di alimentazione esce da un foro nell’addome del portatore, e deve essere connesso a una presa di corrente o a una batteria esterna. Il paziente deve portare sempre con sé batterie di riserva, perché in caso di necessità ha solo 15 minuti prima che il dispositivo smetta di pompare sangue in circolo. Il foro attraverso cui passa il cavo è facilmente soggetto a infezioni e richiede quindi molte cure e attenzioni da parte del paziente.

Il cuore artificiale senza fili, invece, si ricarica attraverso una cintura indossabile che invia corrente al dispositivo posto dentro il torace. La batteria ha un’autonomia di otto ore ed è collegata a un dispositivo da polso che permette al paziente di controllare la carica del suo impianto. Inoltre c’è un allarme con vibrazione che lo avverte quando bisogna ricaricare o intervenire in altro modo.

L’eccezionale trapianto è frutto del lavoro di un team di ricercatori internazionali (foto), a cui a preso parte un ricercatore e medico italiano. Si tratta di Massimo Masetti, docente ordinario di Cardiochirurgia all’Università Cattolica e direttore dell’Area cardiovascolare della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS. Insieme ai colleghi Yury Pya di Astana e Ivan Netuka di Praga, ha partecipato agli interventi rientranti nell’ambito di un progetto denominato FIVAD ed seguiti ad Astana, in un centro di eccellenza per la cura di queste malattie.

Spiega Massetti: “La tecnologia associa l’impianto di un dispositivo intratoracico di assistenza cardiocircolatoria meccanica (Vad), già in uso da anni e nel nostro arsenale terapeutico, e un sistema di trasmissione transtoracica dell’energia elettrica. Quest’ultima tecnologia denominata Coplanar Energy Transfer (CET), è stata messa a punto di recente da una azienda israeliana (Leviticus Cardio) e consente di ricaricare il cuore nel giro di un paio d’ore in modo wireless (senza fili), lasciando il paziente libero di muoversi. Il paziente, infatti, ricarica il cuore artificiale indossando una cintura che invia corrente alla batteria interna del dispositivo. L’alimentazione wireless riduce il rischio di infezione, vero tallone di Achille nei sistemi alimentati via cavo, e permette una migliore qualità di vita nei pazienti impiantati con questo cuore artificiale”.

Il sistema FIVAD, per ora, è stato impiantato in due pazienti, e i dettagli dell’intervento sono stati pubblicati sul Journal of Heart and Lung Transplantation. Il primo paziente, a poche settimane dall’intervento, è stato dimesso ed è tornato a una vita normale, con la possibilità di fare sport e anche di nuotare in piscina. Ora bisogna tenere sotto controllo l’efficacia del sistema e accrescere l’esperienza clinica con altri impianti, da realizzare anche in Italia, non appena saranno completate le certificazioni necessarie con la commercializzazione del dispositivo.

“La speranza – conclude Massetti – è di arrivare a offrire presto ai nostri pazienti questa opportunità terapeutica, che rappresenta un considerevole progresso nella cura dell’insufficienza cardiaca terminale refrattaria a ogni trattamento farmacologico. I pazienti che sono in lista per un trapianto cardiaco o coloro che ne sono esclusi per una qualsiasi causa potranno sperare in una vita pressoché normale, senza il legame del cuore artificiale con le batterie esterne e con un rischio di infezioni significativamente ridotto”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Agi

 

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