Così Cristina Freguja, della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare dell’Isituto, in audizione alla Commissione Affari sociali e sanità del Senato.
“Nel 2021 la spesa sanitaria direttamente a carico delle famiglie è stata pari a 36,5 miliardi, con un aumento in media annua dell’1,7% osservato nel periodo 2012-2021 (+2,1% dal 2012 al 2019). La spesa era scesa a circa 34 miliardi nel 2020, ma è poi risalita nel 2021, tornando ai livelli del 2019. Le principali spese sanitarie sostenute direttamente dalle famiglie riguardano l’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione (il 36,5%), l’acquisto di prodotti farmaceutici e altri presidi medici non durevoli (29,3%), l’assistenza (sanitaria) ospedaliera a lungo termine e l’acquisto di apparecchi terapeutici ed altri presidi medici durevoli (per entrambe queste ultime due voci l’incidenza è pari al 10,4%)”. Così Cristina Freguja, della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare dell’Istat, in audizione alla Commissione Affari sociali e sanità del Senato, in merito all’indagine conoscitiva sulla sanità integrativa.
“Nel 2021 la spesa dei regimi di finanziamento volontari è stata pari a 4,5 miliardi – ha proseguito -. All’interno di questa voce la spesa delle assicurazioni sanitarie volontarie ammonta a circa 3,4 miliardi, di cui 1,5 relativi alle spese per la parte amministrativa e per la gestione del servizio. Al netto di tale voce, la parte riferita a prestazioni e beni sanitari ha registrato tra il 2012 e il 2021 una crescita del 2,9% in media annua (+4,3% dal 2012 al 2019). Sempre al netto delle spese di gestione, nel 2021 il 62,3% della spesa delle assicurazioni volontarie è dedicata all’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione e il 17,9% alle spese per apparecchi terapeutici e altri presidi medici durevoli”.
Sempre Freguja: “Analizzando nel dettaglio la spesa sostenuta direttamente dalle famiglie negli anni dal 2012 al 2021, si evidenzia che quella per l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione è aumentata in media annua del 2,1% (+2,8% dal 2012 al 2019), con una crescita della componente ambulatoriale del 2,6% (+3,4% dal 2012 al 2019). Nel 2021, il 35,0% della spesa complessiva per assistenza ambulatoriale è stata sostenuta dalle famiglie. Anche la spesa diretta delle famiglie per assistenza LTC ha registrato una crescita del +2,3% in media annua, considerando sempre il periodo 2012-2021, influenzata principalmente dagli aumenti della componente per assistenza ospedaliera (+2,2%) e di quella ambulatoriale (+3,2%). Nel 2021 il 38,0% della spesa complessiva per assistenza (sanitaria) ospedaliera a lungo termine è stata sostenuta dalle famiglie. È da evidenziare, inoltre, che quest’ultima incide per il 76,7% sull’acquisto di apparecchi terapeutici e altri presidi medici durevoli e per il 36,4% sulla spesa complessiva per prodotti farmaceutici e altri presidi medici non durevoli”.
E ancora: “Durante l’emergenza sanitaria, la quota di persone che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie ritenute necessarie era quasi raddoppiata, passando dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020, sino all’l’11,1% nel 2021. Le stime più recenti relative al 2022 attesterebbero un netto recupero, con un ritorno a quote osservate negli anni precedenti la pandemia: la rinuncia per i motivi già citati si riduce al 7,0%, una percentuale simile a quella rilevata nel 2018 (7,2%). Nel confronto tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia emerge un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che nel 2022 diventa il motivo più frequente (il 4,2% della popolazione), a fronte di una riduzione della quota di chi rinuncia per motivi economici (era 4,9% nel 2019 e scende al 3,2% nel 2022)”.
L’esperta ha poi aggiunto: “Nel 2022 le prestazioni sanitarie fruite sono, inoltre, più contenute rispetto al periodo pre-pandemico. Dalle indagini Istat sulla popolazione si rileva infatti una riduzione, diffusa a tutte le ripartizioni, della quota di persone che ha effettuato visite specialistiche (dal 42,3% nel 2019 al 38,8% nel 2022) o accertamenti diagnostici (dal 35,7% al 32,0%). Nel Mezzogiorno quest’ultima riduzione raggiunge i 5 punti percentuali. La flessione riguarda tutte le fasce d’età, ma è maggiore nelle età anziane, con riduzioni di 6 punti per le donne, e comunque anche tra i minori che ricorrono a visite specialistiche (-6 punti percentuali) o tra le donne adulte per gli accertamenti”.
Di conseguenza: “Contrariamente a quanto sarebbe stato auspicabile, non sembra quindi che nel 2022 si sia riusciti a recuperare i livelli di prestazioni sanitarie pre-pandemia ed emerge nel contempo dai dati Istat il maggior peso della rinuncia a prestazioni per lunghe liste di attesa. Rispetto al 2019 aumenta soprattutto la quota di persone che dichiara di aver pagato interamente a sue spese sia per le visite specialistiche (dal 37% al 41,8% nel 2022) sia per gli accertamenti diagnostici (dal 23% al 27,6% nel 2022). Il ricorso alla copertura assicurativa nel 2022 riguarda una quota di poco superiore al 5% delle persone che hanno dichiarato di aver effettuato visite specialistiche o accertamenti diagnostici nei 12 mesi precedenti l’intervista, ma risulta in lieve aumento soprattutto al Nord-Ovest, dove peraltro è più diffuso”.
Ha concluso Freguja: “Il ricorso a prestazioni sanitarie avvalendosi di copertura assicurativa sanitaria risulta da sempre più diffuso nel Lazio (nel 2022 il 10,8% delle persone dichiara di averne fatto ricorso in caso di visite specialistiche), in Lombardia (9,7%), nella Provincia autonoma di Bolzano (9,1%) e in Piemonte (8,1%). Si attesta intorno al 5% in Liguria, Emilia Romagna e Toscana, mentre nelle regioni del Mezzogiorno copre in media solo l’1,3% per le visite specialistiche”.
Redazione Nurse Times
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