Un risultato che l’Istituto Superiore di Sanità ha raggiunto attraverso il progetto “Manual”.
Una piattaforma online, interattiva e aggiornabile in tempo reale, dove sono censiti tutti i centri dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare (Dca). È questo il risultato raggiunto attraverso il progetto “Manual”, che il ministero della Salute, nell’ambito delle azioni centrali del Ccm, ha affidato al Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).
Si tratta del primo censimento in Italia dei servizi ambulatoriali, residenziali e semi-residenziali appartenenti al Servizio sanitario nazionale, e dal 2022 coinvolgerà anche le strutture del privato accreditato. I dati saranno presentati domani, domani, 25 gennaio, in occasione del webinar ‘La mappatura territoriale dei centri dedicati alla cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione’.
Al 31 dicembre 2021 la mappatura conta 91 strutture su tutto il territorio nazionale: 48 centri al Nord (di cui 16 in Emilia Romagna), 14 al Centro Italia e 29 tra Sud e isole. Sono 963 i professionisti che lavorano nei centri, tutti formati e aggiornati: soprattutto psicologi (24%), psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), infermieri (14%) e dietisti (11%); sono inoltre presenti gli educatori professionali (8%), i medici di area internistica e pediatri (5%), i medici specialisti in nutrizione clinica e scienza dell’alimentazione (5%), i tecnici della riabilitazione psichiatrica (3%), gli assistenti sociali (2%) ed infine i fisioterapisti (1%) e gli operatori della riabilitazione motoria (1%).
Il censimento, in continua evoluzione, consente anche di conoscere informazioni relative all’utenza assistita. Risultano in carico al 65% dei centri censiti oltre 8miula utenti, poco meno di tremila sono in carico da più di cinque anni e soltanto nell’ultimo anno di riferimento (2020) hanno effettuato una prima visita circa 4.700 pazienti. L’utenza in carico è prevalentemente di genere femminile: 90% rispetto al 10% di maschi, mentre il 59% degli utenti ha un’età compresa tra i 13 e i 25 anni e il 6% ha meno di 12 anni. Rispetto alle più frequenti diagnosi, l’anoressia nervosa è rappresentata nel 42,3% dei casi, la bulimia nervosa nel 18,2% e il disturbo di binge eating nel 14,6%.
Lo strumento diagnostico più utilizzato, in una percentuale pari all’87%, è il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm5). I percorsi offerti all’utenza vedono l’integrazione di diverse tipologie di intervento: psicoterapeutico (100%), psicoeducativo (99%), nutrizionale (99%), farmacoterapico (99%), di monitoraggio della condizione psichico-fisico-nutrizionale (99%) e di abilitazione o riabilitazione fisica e sociale (62%). Gli interventi psicoterapeutici comprendono approcci individuali (98%), familiari (78%) e di gruppo (66%), spesso co-presenti.
L’accesso presso i servizi avviene solitamente in modalità diretta, su richiesta del paziente (83%), le prestazioni vengono generalmente erogate dietro pagamento del ticket sanitario (78%) ma possono essere fornite anche gratuitamente (29%) o essere erogate in regime di intramoenia (9%). Quasi tutti i servizi censiti rilevano l’esordio della patologia (98%), il tempo trascorso tra l’esordio e la presa in carico del paziente (97%) ed eventuali trattamenti pregressi (98%). I centri censiti propongono percorsi terapeutici multimodali, i livelli di assistenza sono a carattere prevalentemente ambulatoriale di tipo specialistico (92%) ma anche intensivi ambulatoriali o semiresidenziali (62%), mentre la riabilitazione intensiva residenziale è offerta nel 17% delle strutture.
La responsabile del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss, Roberta Pacifici, spiega: “Il progetto nasce con lo scopo di offrire ai cittadini affetti da tali patologie, alle loro famiglie e agli operatori sanitari che se ne occupano una mappa delle risorse presenti sul territorio e della loro offerta assistenziale, per facilitarne conoscenza e accesso”.
L’emergenza pandemica, inoltre, ha avuto effetti pesanti sulle persone che soffrono di tali disturbi, amplificando la problematica nel suo insieme per una serie di concause. “Il contesto emergenziale Covid-19 non ha però fermato la lotta ai Dca – aggiunge Pacifici –. Un simile scenario ha sollecitato un forte ed efficace impegno comune per indirizzare le strategie politiche e di intervento pubblico verso nuove forme di governance. Per questo motivo, consapevoli degli ulteriori disagi che tale emergenza sanitaria ha causato ai pazienti e ai loro familiari, il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità hanno ritenuto più che mai di fondamentale importanza la disponibilità di un ‘primo riferimento’ e, a tal fine, hanno fortemente sostenuto la mappatura territoriale dei centri dedicati alla cura dei Dna al fine di garantire ai cittadini affetti da tali patologie e alle loro famiglie i migliori livelli di accesso e appropriatezza dell’intervento”.
Redazione Nurse Times
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