Home Massimo Randolfi Il test di Israele sul vaccino anti-Covid: una singola dose non basta
Massimo Randolfi

Il test di Israele sul vaccino anti-Covid: una singola dose non basta

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Teramo, paresi facciale per un'infermiera dopo il vaccino anti-Covid. Asl: "Nulla di grave"
Pharmacy Manager Shannon Baker prepares a syringe for the new COVID-19 vaccine to be administered to a Lifespan Health Care worker, Monday, Dec. 14, 2020, in Providence, R.I. (AP Photo/Elise Amendola)
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Israele ha vaccinato oltre un terzo della sua popolazione, record nel mondo, e sta misurando gli anticorpi dei suoi cittadini.

I primi dati riguardano 200mila vaccinati over 60 e sono stati raccolti da Clalit. Nelle prime due settimane dall’iniezione, i vaccinati hanno continuato a infettarsi allo stesso ritmo degli altri, poi i loro numeri hanno finalmente iniziato a scendere, arrivando a un meno 33%. Secondo Pfizer, l’efficacia tre settimane dopo la prima dose è del 52%. Non si sa se i vaccinati abbiano anche avuto malattie più leggere. La prima impressione è però che una singola dose non sia una barriera troppo alta per l’epidemia, e questa informazione è stata recepita con interesse in Gran Bretagna, paese che pensava di privilegiare le nuove vaccinazioni posponendo se necessario i richiami. “Dobbiamo guardare con attenzione ai dati israeliani” ha detto il consigliere scientifico di Londra Patrick Vallance. Gli inglesi avevano fatto i loro conti con un’efficacia presunta dell’89% dieci giorni dopo la prima iniezione.

Pfizer, l’azienda che con BioNTech fabbrica il vaccino anti-Covid avrebbe garantito a Tel Aviv un flusso continuo di fiale per misurare l’efficacia del farmaco. Israele, secondo un recente articolo di La Repubblica sull’argomento, con la sua popolazione limitata, un sistema sanitario che copre tutti e un database digitale efficiente, è il paese ideale per questo tipo di studio. A fine marzo tutta o quasi la popolazione dovrebbe essere già vaccinata. Oggi si sta già procedendo con il richiamo nei più anziani.

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