Il dottor Gianluigi Rosi, angiologo dell’Anthea Hospital di Bari, ha approfondito l’argomento per GVM – Care & Research.
L’insufficienza venosa è una condizione patologica caratterizzata da un ritorno difficoltoso del sangue verso il cuore. Interessa in particolar modo le vene delle gambe, che riportano il sangue che ha ossigenato i tessuti degli arti inferiori e, se non prevenuta, diagnosticata e trattata correttamente, può condurre anche alla formazione di ulcerazioni o trombi. GVM – Care & Research ha approfondito l’argomento col dottor Gianluigi Rosi, angiologo dell’Anthea Hospital di Bari.
Cos’è l’insufficienza venosa
La problematica dell’insufficienza venosa insorge nel momento in cui le valvole delle vene, che consentono al sangue di scorrere e fluire dal sistema periferico delle gambe verso il cuore e di non tornare indietro, nonostante la forza di gravità, perdono la loro tenuta. In questo caso, infatti, il sangue non riesce a tornare verso il cuore e finisce per ristagnare nelle vene. Le donne sono più colpite e sembra che una certa ereditarietà possa concorrere allo sviluppo della problematica.
L’insufficienza venosa può essere causata sia dallo stare troppo in piedi che dallo stare troppo seduti, soprattutto se con le gambe accavallate (ideale, invece, tenerle parallele, meglio se con i piedi poggiati su una piccola pedana). Tra le altre cause figurano: la continua esposizione al calore (tipica di mestieri come il parrucchiere o il panificatore); l’abitudine a indossare sempre tacchi alti o indumenti molto stretti; la sedentarietà; il sovrappeso o l’obesità.
Sintomi
I segnali più comuni sono: senso di pesantezza nelle gambe (specialmente la sera); prurito agli arti inferiori (che si manifesta inizialmente di notte, per poi estendersi a tutta la giornata); eczema; pelle secca o che trasuda; macchie marroni ulcerazione; tratti varicosi doloranti, arrossati e caldi (sintomo della presenza di trombosi).
Diagnosi e trattamento
La diagnosi di insufficienza venosa è effettuata dallo specialista angiologo. Durante la visita, il medico procede con l’anamnesi del paziente, un esame obiettivo, e generalmente con l’esecuzione di ecocolordoppler venoso agli arti inferiori. Si tratta di un’indagine diagnostica per immagini non dolorosa, non invasiva e ripetibile, in grado grazie agli ultrasuoni di individuare eventuali alterazioni delle vene e studiare il flusso del sangue. Una volta diagnosticata, l’insufficienza venosa viene trattata per il miglioramento dei sintomi e per prevenire ulteriori danni ad altre vene.
Il primo accorgimento consigliato dallo specialista è solitamente l’elastocompressione, cioè l’utilizzo delle calze elastiche, utili sia per il contenimento della patologia che per la prevenzione (per questo vengono consigliate anche in caso di fattori di rischio, come un lavoro che porta a stare molto tempo in piedi). Le calze a compressione graduata sono disponibili sul mercato in modelli diversi, con differenti compressioni e scopi. Per questo vanno scelte insieme al medico, evitando il fai da te.
È possibile, in base alla situazione, che il medico prescriva integratori o farmaci per favorire la tonicità delle vene o ridurre l’infiammazione. Infine vi sono casi in cui è necessario un intervento chirurgico. In passato il trattamento tradizionale consisteva nello stripping, con cui le vene interessate da insufficienza venosa grave venivano “sfilate” dalla loro posizione e il flusso sanguigno deviato sui vasi sani. Oggi si prediligono opzioni mininvasive, come la terapia con scleromousse, cioè l’ablazione chimica endovascolare eco-guidata.
Scleromousse: il trattamento minivasivo
La scleromousse è un trattamento non doloroso e senza particolari rischi (per questo adatto a pazienti di tutte le età), utilizzato per insufficienza venosa e vene varicose. La procedura consiste nell’iniezione con aghi molto sottili di una mousse sclerosante all’interno della vena. La schiuma induce la chiusura del vaso, creando una cicatrice ed escludendola dal flusso sanguigno. Il trattamento consiste in un intervento senza bisturi e anestesia. Per questo la ripresa del paziente è rapida, con un tempo di degenza ridotto e minimo dolore post-operatorio.
Redazione Nurse Times
Fonte: GVM – Care & Research
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