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Infermieri italiani, urge una presa della Bastiglia?

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Infermieri, urge una presa della Bastiglia?
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1761 infermieri erano lì, davanti all’Hotel Ergife di Roma, con 39 gradi sotto al sole, pronti per la prova scritta del Concorso pubblico al Policlinico Umberto I. E ciò che è accaduto (VEDI) è stato l’ennesimo schiaffo in faccia al buon senso, alla fiducia, al rispetto, ai professionisti e alle persone.

C’ero anche io, il 14 luglio 2017, insieme agli altri 1760 candidati, davanti all’Hotel Ergife di Roma. Perché un concorso pubblico come quello, per 40 posti al Policlinico Umberto I, è una sorta di sogno. Di chimera. Di leggenda, quasi. Da tempo immemore, infatti, non si ha notizia di una selezione pubblica di quel tipo, qui nella Regione Lazio; e per me, che sono infermiere dal 2010, che ho deciso di non andare via dalla mia casa e dai miei affetti, che vivo nel precariato lavorativo più totale e che da poco sono diventato papà, trattasi di un’occasione pressoché irripetibile.

Faceva un caldo bestiale, su via Aurelia. Di quelli che anche l’aria condizionata dell’automobile fa seria fatica a contenere. Di quelli che quando parcheggi e apri la portiera ti prendono alla gola, ti stordiscono e ti fanno respirare a fatica. Eppure mi recavo presso la sede della prova (prevista per le ore 16:00) piuttosto baldanzoso, sicuro di me e della mia preparazione, immaginando chissà quali possibili scenari per il mio futuro professionale.

Entrare in una graduatoria… qualcosa di tanto sconosciuto quanto desiderabile per uno come me che, dopo 7 anni di partita iva e di contrattacci improbabili con associazioni e cooperative, ha perso quasi totalmente la speranza di ottenere un posto di lavoro dignitoso e stabile.

Poi, a un certo punto, ho sentito vibrare il mio telefono cellulare. L’ho perciò estratto dalla tasca posteriore mentre camminavo e ho controllato il display. Mia moglie: “Ale, sto leggendo sui social che il concorso è stato annullato di nuovo! Dove sei? Sei arrivato?”

Nonostante il rovente pomeriggio ed il sudore che, assai poco elegantemente, mi creava pittoresche chiazze sulla camicia, un brivido gelato mi è corso lungo la schiena. Ho così fermato una ragazza che, piuttosto arrabbiata e a passo svelto, si allontanava dall’Ergife: “Scusa, ma… che succede? È vero che la prova è stata annullata un’altra volta?”, le ho chiesto allarmato.

“Sì, e c’è stato comunicato solo un’ora fa. Il Consiglio di Stato ha bloccato tutto. È uno scandalo, voglio proprio sapere chi risarcirà tutta questa gente. Giunta da tutta Italia e non solo. Che schifo”

In preda ad uno stupore amaro e che sapeva, per certi versi, di una assurda beffa, mi sono avvicinato alla struttura sperando in uno scherzo da prete di qualche partecipante burlone, ma ho letto quel perentorio e definitivo: “Prova sospesa”, stampato su un foglio A4 e attaccato sopra all’altra scritta “Concorso Policlinico Umberto I”.

Forse è stato il caldo, ma ho avuto come voglia di vomitare. Intanto intorno a me c’era una baraonda: chi imprecava, chi bestemmiava, chi prevedeva chissà quali conseguenze giuridiche, chi minacciava chissà quali richieste di risarcimento, chi voleva far sfociare la propria frustrazione in atti di vandalismo, chi reclutava persone per manifestare e chi proponeva di andare a fermare il traffico su via Aurelia, importante arteria di Roma (VEDI).

Intanto continuavano ad arrivare pullman da ogni parte d’Italia. C’era anche gente venuta da Londra, da Madrid e da altre città d’Europa; colleghi che sono stati costretti a scappare dall’Italia per realizzarsi e che hanno speso tempo e denaro per vedere infrante le loro speranze contro quel foglio di carta appeso là fuori: “Prova sospesa”. Erano tutti lì, con me, increduli, sotto al sole rovente di un paese assurdo, a cercare di dare un senso a ciò che un senso, in realtà, non ce l’ha.

Dopo aver riflettuto un po’ ed aver guardato per qualche istante un collega che ha proferito, con un depresso sarcasmo, un potente “Ecco perché vivo e lavoro all’estero”, mi sono voltato e sono tornato, sudando in modo equino, alla mia auto parcheggiata sotto il sole. Non avevo voglia, infatti, di raccogliere testimonianze, di conoscere i motivi veri di quella sospensione e di andare a fare casino coi colleghi, incendiato com’ero da quei 39 gradi. Ero stanco.

Sono stanco. Stanco di queste continue prese per i fondelli, di essere trattato come una nullità e soprattutto… senza alcun rispetto. Stanco di rubare tempo al mio bambino per sprecarlo con queste improbabili cretinate. Tanto che neanche volevo scrivere nulla, su quest’ennesimo scempio ai danni dei professionisti infermieri. Volevo solo rimuoverlo dalla mia mente al più presto e basta. Così come tante altre cose che ho vissuto (VEDI) e che spesso mi hanno fatto maledire il giorno in cui ho scelto di diventare un professionista dell’assistenza.

Poi però, per caso, ho letto l’articolo di Antonio Padellaro Dal titolo “Per gli infermieri il futuro è la presa della Bastiglia” (Il Fatto Quotidiano, VEDI) e… quel poco che ancora mi rimane nel sangue del convinto ed entusiasta professionista sanitario che ero ha iniziato a ribollirmi ferocemente nelle vene.

“14 luglio 2017. Il giorno in cui la Francia festeggiava la presa della Bastiglia, a Roma, Italia, si celebrava la disfatta del buon senso, si onorava il disprezzo per il prossimo tuo, si assestava una picconata alla fiducia, in macerie, dei cittadini nello stato”, esordisce, riferendosi ai 1761 infermieri (me compreso) in attesa di un futuro migliore davanti all’Ergife.

“A parte i non moltissimi che vivono a Roma la maggior parte ha speso alcune centinaia di euro per il viaggio e per il pernottamento, cifre notevoli per chi non ha un lavoro o sopravvive con occupazioni precarie. Dunque, due ore e mezzo prima dell’inizio della prova – non due mesi prima o anche solo due giorni prima – quando mancano esattamente centocinquanta minuti all’inizio dell’esame la direzione del Policlinico comunica: niente da fare, tutto rinviato, si torna a casa”, continua poi a spiegare il giornalista, facendo anche riferimento al solito e poco interessante scaricabarile, tipicamente italiano, che ha in qualche modo provato a (non) giustificare la vicenda: il Policlinico che ha accollato il tutto al Consiglio di Stato, che a sua volta lo ha accollato ai 28 candidati che hanno fatto ricorso, che lo hanno accollato ai loro avvocati, che lo hanno accollato al sacrosanto diritto di fare ricorso.

Ma… al di là di tutto, come sottolinea Padellaro nel suo interessante pezzo con cui, purtroppo, siamo pienamente in sintonia, ciò che mette addosso la tristezza maggiore e che fa arrabbiare di più è il fatto che “La realtà è una sola: nella graduatoria della considerazione pubblica quelle 1761 persone valgono 39 gradi sotto il sole. Le loro speranze: due ore di preavviso. Il loro futuro, meno di zero”.

Meno di zero.

Infermieri, cittadini, studenti e lavoratori: siamo davvero sicuri di poter abbassare la testa, ancora una volta, e di poter accettare tutto questo?

“Qualcuno si auguri che un giorno non ci sia una presa della Bastiglia italiana perché li troveremmo tutti lì”, tuona il giornalista, provocatorio, alla fine del suo scritto; immaginando noi infermieri in prima linea a guidare chissà quale rivolta. E se c’è riuscito lui… forse, cari colleghi, concentrandoci e arrabbiandoci un po’ di più, potremmo farlo anche noi.

Proviamo, seriamente, a immaginarci tutti lì. Finalmente desti, pronti a lottare, a partecipare alla vita della professione, a segnalare i soprusi subiti ai Collegi Provinciali, stanchi di lamentarci solo sui social con quegli insulsi e sterili:“armiamoci e partite!”.

Tutti lì. Saturi degli insulti subiti e pronti a gridarlo davanti ai palazzi del potere. Magari nel giorno di una data emblematica, come quella del 14 luglio. Anniversario della presa della Bastiglia e… di quella memorabile “disfatta del buon senso”, materializzatasi di fronte all’Hotel Ergife di Roma nel 2017; data in cui è stata assestata senza alcun ritegno l’ennesima “picconata alla fiducia, in macerie, dei cittadini nello Stato”. E degli infermieri nel proprio futuro.

Immaginiamolo. Armiamoci. E partiamo. Tutti.

Alessio Biondino

Fonte: Per gli infermieri il futuro è la presa della Bastiglia

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