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“Infermieri. Dare un pasto al paziente o cambiargli il pannolone non è demansionamento”. La nostra risposta

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Documento della Federazione Ipasvi sul contratto: "Vanno valorizzate le competenze avanzate degli infermieri"
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Pochi giorni fa è apparsa su Quotidiano Sanità una lettera del Presidente del MIGEP ed infermiere generico Angelo Minghetti, che ha suscitato non poco clamore sulle pagine social di infermieri e OSS.

A colpire è subito il titolo, che già di per sé contiene un’aberrazione in termini legislativi: “Infermieri. Dare un pasto al paziente o cambiargli il pannolone non è demansionamento”. (VEDI)

Parole che spiccano su Quotidiano Sanità, in barba a tutte le sentenze della Cassazione, di cui l’ultima di Brindisi di pochi giorni fa che affermano l’esatto contrario di ciò che dice il presidente del MIGEP (VEDI).

Cos’è successo quindi? Un dietrofront? No, niente ripensamenti da parte della Cassazione. Tutt’altro.

Ti aspetti, mentre clicchi sul link, di trovare qualche riferimento alle norme o quantomeno a delle sentenze a sostegno della tesi.

Invece più si procede nella lettura e più si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un vero e proprio minestrone d’idee personali, messe lì alla rinfusa, di un infermiere generico, in cerca di un riconoscimento per i suoi iscritti.

Chiaramente la lettera non è altro che una provocazione verso gli infermieri, scaturita a quanto sembra, in seguito ad alcune riflessioni da parte di un giornale d’informazione infermieristico sulle recenti conquiste professionali dell’OSS.

Minghetti accusa gli infermieri di prestare troppa attenzione alle sentenze della Cassazione che parlano di demansionamento e di fuggire dal letto del paziente, di dimenticarsi della cura degli assistiti e nel farlo usa parole durissime che screditano l’intera categoria agli occhi dei cittadini inconsapevoli e facendo credere che attività come cambiare un pannolone o imboccare siano di competenza infermieristica.

Addirittura l’infermiere fuggirebbe da attività che permetterebbero, secondo lui e secondo alcuni colleghi infermieri, la valutazione dei bisogni dei suoi pazienti, per diventare dei baroni (o dei principini secondo uno dei suoi seguaci) dell’assistenza.

Insomma, per Minghetti gli infermieri stanno abbandonando i malati e per questo gli OSS si sentono in dovere di prendere decisioni sull’assistenza di base. A fare da contorno, l’ennesima denuncia di RSA che sfruttano OSS per mansioni superiori di competenza infermieristica e una serie di rimproveri a sindacati infermieristici e alla stessa IPASVI, rea a suo avviso di aver abbandonato gli infermieri generici.

La lettera è già di per sé inopportuna, ma tra tutte le frasi contestabili, la più condannabile che possiamo leggere è stata questa:

Fin dove vorranno arrivare? Forse vogliono avere il potere dell’assistenza infermieristica?

Sorrido. Assistenza INFERMIERISTICA. Lo dice la parola stessa, la ripete lui stesso. Lo dice il nostro profilo, lo dice la legge. L’articolo 1 del D.M. 14 settembre 1994, n. 739 recita:

“E’ individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo:
l’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale è RESPONSABILE dell’assistenza generale infermieristica.”

Più avanti continua con queste parole: si avvale, OVE NECESSARIO, del personale di SUPPORTO.

Assistenza infermieristica, che non è la semplice assistenza, che a quel punto tutti potrebbero fare, ma assistenza INFERMIERISTICA.

Ovvero attivare il processo di nursing, pertanto i piani di assistenza infermieristici, quelli per cui stiamo studiando nelle università (regalando, almeno agli studenti della mia sede, 80 pagine per piano di assistenza di notti insonni ed incubi ad ogni esame di tirocinio).

Gli infermieri sono insorti con i loro commenti su Quotidiano Sanità, dalla sua bacheca facebook, uno strepitoso Danilo Massai, Presidente IPASVI di Firenze afferma che è “Inconcepibile la confusione di ruolo fra una professione sanitaria ed una qualifica” e poi il monito ai Dirigenti “ponete più attenzione ai modelli organizzativi, ai diari di competenze, agli standard mix nella composizione delle equipe.
Valorizzare infermieri un imperativo e necessità dei cittadini senza mancare di rispetto agli Operatori.

Messaggio pubblicato anche sulla bacheca IPASVI Grosseto.

Pronta è stata la risposta su Quotidiano Sanità tramite due articoli.

Uno di Matteo Incaviglia, Segretario dell’Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico in Sicilia (AADI), che ha sottolineato tramite norme e sentenze come la competenza riguardo cambio di pannoloni e aiuto nell’assunzione del cibo non sia attribuibile all’infermiere, aggiungendo che le dichiarazioni di Minghetti sono solo idee personali senza alcun valore giuridico. Tantomeno il MIGEP può decidere quali siano le competenze degli infermieri e cosa sia il demansionamento (VEDI).

 

L’altra risposta è la mia personale lettera da studentessa d’infermieristica presso un istituto oncologico d’eccellenza in Italia dove l’infermiere NON è demansionato, da studentessa che ha svolto il suo tirocinio anche in strutture dove l’infermiere è demansionato, da figlia d’infermieri (per la precisione, professionali e non lo dico certo per screditare i generici, ma perché le competenze tra generici e professionali erano diverse), da parente (preferisco tralasciare i dettagli), da abituale frequentatrice di pagine d’infermieri, OSS, medici, fisioterapisti ed altri professionisti sanitari (perché non pongo un limite alla cultura) e soprattutto da ex paziente in cura per circa un anno.

Forse quest’ultimo dettaglio, unito al fatto di assistere principalmente malati oncologici mi ha fatto comprendere l’essenza dell’assistenza infermieristica. Quella vera.

C’è chi ha sostenuto che una studentessa non può parlare perché non ha esperienza. Però io sono una studentessa d’infermieristica, è il mio campo, è ciò che sto studiando e l’attuale normativa è diversa dai suoi tempi, il ruolo è diverso, le responsabilità sono diverse.

Quando un OSS parla degli infermieri, lo fa in base a quello che vede fare nel suo reparto. Io invece preferisco prendere in mano la normativa.

E’ così difficile, in fondo, capire cosa dice la legge e perché l’assistenza è strutturata in questo modo?

L’infermiere oggi studia minimo 3 anni e si assume delle responsabilità perché studia per farlo, perché la sua fondatrice Nightingale voleva questo, l’approccio scientifico e perché gli stessi infermieri si sono battuti in tutto il mondo.

L’OSS ha una formazione diversa di 1000 ore ed è una figura di supporto all’infermiere (o più in generale al professionista sanitario) piuttosto recente se consideriamo l’evoluzione dell’infermiere.

Una figura che non deve mancare. Dunque non è l’infermiere a venire meno ad un dovere e ad abbandonare il paziente, ma è il sistema fatto di carenze che trascura i cittadini e ricatta moralmente l’infermiere.

Infermiere e OSS. Due figure dell’assistenza che si devono occupare di aspetti diversi dell’assistenza. L’OSS dei bisogni primari, l’infermiere come responsabile dell’individuazione di bisogni, della pianificazione (perché ogni assistito ha necessità diverse), della gestione e dell’attribuzione.

Esattamente come un ingegnere progetta, un operaio esegue, solo che essendo in ambito sanitario bisogna avere l’accortezza di rimanere nell’ambito delle proprie competenze, perché come esseri umani abbiamo una sola vita. Entrambe le figure dell’assistenza sono rispettabilissime. Complementari, ma diverse e non interscambiabili.

Si continua a parlare di come erano le cose tempo fa. Chi dice, da nostalgico che era meglio prima perché l’infermiere era più umile e copriva le carenze, anche rifacendo un letto vuoto o le cure igieniche (per buon cuore, non perché fosse suo dovere, o più probabilmente perché molti infermieri non sapevano e tutt’oggi non sanno davvero quali siano le loro competenze, grazie anche ai tutor che non si sono aggiornati).

C’è chi dice che il giro letti è empatia, comunicazione, valutazione… questo è indottrinamento puro. Se così fosse anche altri professionisti sanitari dovrebbero demansionarsi per fare le loro valutazioni.

C’è anche chi afferma che se non si fa giro letti, l’infermiere non può insegnare agli OSS come farlo, o valutarli o insegnarlo ai caregiver.

Neanche qui sono d’accordo, sappiamo che effetti hanno i farmaci sul nostro corpo (o almeno dovremmo saperlo) senza andare a fare personalmente accurati test clinici. Sappiamo quali possono essere le complicanze di un determinato intervento chirurgico, dobbiamo sapere come si fa, eppure non andiamo personalmente ad operare una persona.

Mio fratello, ingegnere meccanico, non ha mai fatto nulla di manuale nella sua università eppure progetta e dice agli altri come montare dei pezzi.

Da ex paziente mi sento presa in giro da queste frasi sul giro letti come momento fondamentale per stabilire un rapporto empatico.

Non ero la mia patologia, così come non ero un singolo bisogno primario, sono una persona, che durante la malattia (ma non solo) aveva tanti bisogni non solo primari, in primis quello di essere educata al mio percorso e rassicurata, di essere assistita e curata con metodi più adeguati e scientificamente validi.

Chi ci deve pensare a quelli se l’infermiere fa il lavoro degli OSS?

Pensate che un paziente malato di cancro si accontenti di poche parole, sempre se gli vengono rivolte, durante l’igiene?

Pensate che un malato di cancro vi dica tutto durante i pochi spazi che oggi concedete ai pazienti? Da noi non è così, grazie ad OSS capaci e preparati da veri infermieri professionisti, siamo in grado anche da studenti, di ritagliarci quel tempo per dialogare e valutare il nostro assistito, che vi assicuro, non vi dirà mai tutto mentre l’aiutate nell’igiene, perché in quel momento è concentrato su altri pensieri, che forse proverete anche voi un giorno.

E’ proprio per la complessità dell’essere umano che oggi abbiamo bisogno di mirare meglio i nostri interventi assistenziali e di prenderci del tempo per curare davvero la relazione infermiere-persona assistita.

E’ proprio per questo che se l’infermiere non cambia un pannolone o non imbocca, non vuol dire che stia fuggendo o perdendo la relazione come affermato da Minghetti. Anzi, è il contrario.

Per questo non ha alcun senso specializzare sempre più il professionista infermiere se poi dobbiamo continuare ad operare come decenni fa e non ha senso avere gli OSS, se al vostro lavoro, caro Minghetti, dobbiamo pensarci noi.

La nostra non è una guerra agli OSS, ma è volontà di essere infermieri non solo sulla carta. E’ volontà di mettere in pratica i nostri studi perché si è visto che sono efficaci.

Se fosse trovata una nuova cura ad una vostra malattia, non la provereste perché un tempo quella malattia non si curava così?

Non regge la scusa “siamo noi ad avere competenza in questa attività, quindi noi vogliamo diventare responsabili di questa parte dell’assistenza”, confondendo la COMPETENZA con la  RESPONSABILITA’.

Il medico è l’unico responsabile della diagnosi medica per esempio ed è lui che decide la terapia, però è competenza dell’infermiere somministrarla.

L’infermiere può solo rifiutarsi se lo ritiene dannoso per il paziente. Così come voi OSS e generici potete decidere di non eseguire una procedura attribuita dall’infermiere se questa non è di vostra competenza.

In una sanità fatta da ricatti non è semplice alzare la testa contro le ingiustizie e ne siamo TUTTI consapevoli, non solo voi con 40 anni di esperienza. Il ricatto morale dell’assistenza primaria rivolto all’infermiere produce danni sullo stesso assistito, che vedrà sfumare la possibilità di un’accurata pianificazione basata su tutti i suoi bisogni, ma anche allo stesso OSS.

Chiunque abbia intrapreso il percorso da OSS era perfettamente consapevole che l’OSS non coordina, ma è supporto. Il percorso evolutivo dell’infermiere ha avuto una diversa origine, perché mancava proprio una figura responsabile dell’assistenza alla persona, che fino a quel momento era vista come se fosse una semplice patologia, in un’ottica medico-centrica.

Non è assolutamente denigrante affermare che gli OSS e gli infermieri generici non sono la stessa cosa di un infermiere ex professionale, oggi dottore in infermieristica in quanto laureati.

Non c’è alcuna offesa nel far notare che, come un infermiere non è medico, tra noi e gli OSS non c’è un’equipollenza, non c’è una parità di responsabilità, non ci sono uguali competenze.

Non vuol dire essere poco umili o mancare di rispetto, vuol dire essere consci delle proprie scelte di vita e dei ruoli nell’equipe, dire le cose come sono e non come ci fa più comodo.

Le due figure non possono essere confuse come sta accadendo, per etica e correttezza nei confronti delle persone che ci stanno affidando le loro vite e chi è contrario a questa visione, è libero di affidarsi ad un finto medico e di provare le conseguenze sulla propria pelle.

Credo  quindi che il signor Minghetti debba focalizzarsi di più sui reali problemi degli OSS, infatti su alcune cose sicuramente concordo:

1) il personale OSS dovrebbe essere formato meglio e in modo più  uniforme nelle varie Regioni italiane.

2) Oltre ad un problema di cultura generale sull’infermiere, c’è un forte problema di organico. Per avere una buona assistenza è necessario investire in assunzioni.

Concludo facendo l’ultima considerazione.

Gli infermieri sono la categoria sanitaria che più di tutti ha preso a cuore il paziente e l’ha difeso, facendo suoi i problemi di un SSN sempre più in crisi, a suo discapito e senza alcun riconoscimento economico e sociale, perché non è bastato dare delle responsabilità agli infermieri, che i cittadini vedono ancora come ausiliari. Di umiltà, di pazienza, forse ne hanno avuta fin troppa! Un’intera generazione di professionisti non ha potuto vedere e mettere in atto i cambiamenti legislativi, certamente anche per colpa degli stessi infermieri.

Non credo abbiano bisogno di lezioni di umiltà da parte di altre figure sanitarie e non.

Rinnovo il ringraziamento a tutti gli OSS, che consapevoli delle loro scelte, hanno sempre permesso agli infermieri di lavorare come infermieri, per il bene dell’assistito.

 

Francesca Ricci

 

La mia lettera su Quotidiano Sanità

 

 

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