Simone Baldacci, coordinatore del sindacato per l’Asl Toscana Centro, torna sullo scandalo scoppiato l’estate scorsa.
“Il fatto che finalmente siano stati individuati i responsabili è una notizia positiva. Adesso però ci auguriamo che vengano presi provvedimenti esemplari. Queste persone vanno licenziate. Sono soggetti che non possono stare in un ambiente di lavoro, qualunque esso sia”. È una posizione netta, quella di Simone Baldacci, coordinatore di Fp Cgil – Asl Toscana Centro, in merito al caso delle operatrici sanitarie spiate nelle docce di uno spogliatoio femminile all’ospedale San Giuseppe di Empoli, scoppiato all’inizio della scorsa estate.
La chiusura dell’indagini ha permesso di individuare tre persone – un 40enne di Capraia e Limite, un 36enne di San Miniato e un 57enne di Castelfranco di Sotto – che, in base a quanto raccolto dagli inquirenti, sarebbero i responsabili dei fatti, ovvero di aver architettato il sistema per guardare attraverso il “buco della serratura”. In questo caso lo spionaggio avveniva attraverso la parete con una microcamera.
Nel box doccia, infatti, era stato installato un minuscolo dispositivo, un “puntino” come lo hanno definito le vittime – dottoresse, infermiere e operatrici socio-sanitarie – che lo hanno notato, collegato a un filo che, fatto passare attraverso il muro, era attaccato a un monitor che si trovava nello spogliatoio degli addetti alla manutenzione. Le due pareti sono confinanti. I tre soggetti finiti nel fascicolo della Procura sono tre tecnici di una ditta che ha in appalto la manutenzione degli impianti del polo sanitario empolese.
“Quando uscì la notizia non si parlava d’altro – ricorda Baldacci –. Poi la vicenda si sgonfiò e io stesso mi chiedevo a che punto fossero le indagini. Adesso bisogna andare fino in fondo, e chi ha sbagliato è giusto che paghi. Ci vuole massima severità. All’azienda riconosciamo di essersi mossa immediatamente, avviando un’istruttoria per far luce sull’accaduto e dando la propria disponibilità di assistenza legale alle vittime in caso di eventuali cause di risarcimento.
Lo studio legale Rovini Fiumalbi, a cui si sono rivolte la maggior parte delle operatrici – 47 donne – è a conoscenza della chiusura delle indagini, ma formalmente non ha ancora ricevuto le notifiche. “Ci aspettavamo la chiusura delle indagini alla fine dello scorso anno – commenta l’avvocato Antonio Rovini –. A ogni modo sono arrivate in fondo e ne siamo felici. Adesso siamo in attesa di entrare in possesso degli atti. Li leggeremo attentamente e a quel punto valuteremo insieme alle nostre assistite se costituirci parte civile. Faremo tutti i passaggi necessari per la tutela delle lavoratrici”.
I tre indagati sono accusati di interferenze illecite nella vita privata (più l’aggravante di aver commesso il fatto “per motivi abietti”) e rischiano fino a quattro anni di carcere. Il pubblico ministero Sandro Cutrignelli ha da poco chiuso le indagini nei loro confronti, notificando l’atto che è l’antipasto della richiesta di rinvio a giudizio. Indagini che hanno visto anche l’uso del Dna per cercare tracce biologiche dei sospetti su una piccola sonda di quelle usate per cercare le rotture nei tubi. E il Dna di uno dei tre ci è stato trovato davvero. La videocamera endoscopica era stata nascosta nelle docce e, secondo le indagini, ci sarebbe rimasta tra il 15 e il 18 giugno dell’anno scorso.
Redazione Nurse Times
Fonte: La Nazione
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