Proponiamo un contributo inviatoci dal dottor Leonardo Gialloreto.
In virtù delle normative e dei percorsi accademici intrapresi dagli infermieri negli ultimi decenni urge sempre più la necessità di un inquadramento e di un riconoscimento sociale, economico e contrattuale adeguato agli standard curriculari acquisiti.
Leggi, decreti e recenti sentenze definiscono l’infermiere come un professionista autonomo, responsabile dell’assistenza. Qui un interrogativo sorge immediato: le responsabilità e competenze professionali acquisite nella formazione base e post-base equivalgono davvero al livello d’inquadramento contrattuale che ogni azienda pubblica o privata ci riconosce?
Dal primo comma dell’articolo 2.095 del Codice civile si evince che le categorie legali nel mondo del lavoro sono sostanzialmente quattro: i dirigenti, i quadri, gli impiegati e operai. Le categorie legali delineano il valore del contenuto professionale posseduto, e al loro interno vi sono livelli chiamati anche posizioni funzionali, che individuano il titolo funzionale posseduto (infermiere, medico, psicologo).
I dirigenti sono lavoratori subordinati che svolgono funzioni di elevata professionalità, autonomia decisionale e responsabilità. I quadri sono lavoratori subordinati posizionati tra i dirigenti e gli impiegati, che svolgono attività di rilevante importanza all’interno di un’impresa/azienda. Gli impiegati prestano la loro attività lavorativa privati della propria autonomia, alle dipendenze del datore di lavoro. Gli operai sono lavoratori subordinati con lo scopo di massimizzare la produzione all’interno di un’azienda, e il loro è un lavoro di tipo manuale.
Alla luce di tutto ciò, l’infermiere come viene inquadrato dalle aziende con le quali sottoscrive un contratto lavorativo? Il prestatore di lavoro, in questo caso l’infermiere, dovrebbe appartenere quindi alla categoria dei quadri in base a quanto stabilisce l’art. 2, comma 1 della Legge 190/1985, laddove stabilisce che “la categoria dei quadri è costituita dai prestatori di lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgano funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa”; mentre il R.D.L. 13 novembre 1924 n. 1825 diede una definizione dell’impiegato come colui che non può assumere attività di propria iniziativa.
Il DM 739/94 sancì il profilo professionale dell’infermiere, ergendo quest’ultimo come responsabile dell’assistenza infermieristica generale. L’infermiere, inoltre, eroga cure e terapie con responsabilità civili e penali ben delineate dal punto di vista giuslavoristico. Le aziende, tutt’oggi, inquadrano infermieri come impiegati o addirittura, in alcune realtà, come operai. In base a quanto precedentemente espresso, com’è possibile accettare tutto ciò passivamente?
È inammissibile che un lavoratore potenzialmente quadro debba percepire uno stipendio pari a quello di un operaio (con tutto il rispetto per quest’ultimo) e sottoporsi allo svolgimento di mansioni meramente manuali o, come le definisce il Codice civile, mansioni inferiori. Da non crederci.
Per rafforzare i concetti di responsabilità penale a cui l’infermiere è sottoposto, enunciamo gli artt. 357 e 358 c.p., dai quali si deduce l’attività infermieristica come un’alternanza tra pubblico ufficiale (P.U.) e/o incaricato di pubblico servizio.
Urge al più presto:
- ridefinire la posizione contrattuale dell’infermiere, ad oggi considerata ibrida ed obsoleta, in base agli standard di conoscenza, abilità e competenze acquisite nei percorsi accademici;
- una presa di coscienza di ogni professionista sul fatto che il riconoscimento sociale, economico e contrattuale di cui parlavo nell’incipit va a braccetto con una necessaria e sacrosanta modifica dell’attuale contratto;
- rivendicare diritti ormai alla nostra portata e soprattutto sulle potenzialità e sulla dignità professionale che ognuno di noi può dimostrare nello scenario clinico-assistenziale.
- coinvolgere i sindacati e organi di tutela a contrattare per ottenere la traslazione dal personale del comparto sanità dove alloggiano elettricisti, idraulici, ascensoristi, impiegati al personale sanitario dirigenziale non medico.
La condizione attuale rasenta i limiti del paradosso: laureati triennali e magistrali inquadrati come non laureati, iscritti a un ordine professionale ma, allo stesso tempo, obbligati ai vincoli di esclusività che il contratto impone, senza avere come controprestazione nemmeno un euro; infermieri laureati che vivono nelle unità operative l’ignominia del demansionamento. Ahimè, è davvero così. Una confusione tutta italiana!
Dott. Leonardo Gialloreto
Fonti:
– https://www.coinanews.it/linfermiere-e-la-sua-categoria-legale-art-2095-c-c-linfermiere-la-giurisprudenza
– https://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1985-05-17&atto.codiceRedazionale=085U0190&queryString=%3FmeseProvvedimento%3D%26formType%3Dricerca_semplice%26numeroArticolo%3D%26numeroProvvedimento%3D190%26testo%3D%26giornoProvvedimento%3D%26annoProvvedimento%3D1985¤tPage=1
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