Nel seguente comunicato stampa i chiarimenti del dottor Giuseppe Papagni, presidente Opi BAT, sulla figura dell’infermiere di processo (erroneamente definito “steward”).
Il sovraffollamento nei dipartimenti di emergenza è un fenomeno comune nel nostro Paese. Un fenomeno che purtroppo viene visto dall’utenza che afferisce ai servizi come sintomo di scarso lavoro e applicazione da parte del personale sanitario afferente al dipartimento stesso.
Talvolta il malcontento genera ingerenze da parte dell’utenza che sfociano in episodi di violenza nei confronti degli operatori sanitari proposti all’accoglienza dei pazienti e/o loro parenti (triage, sale di diagnostica), o peggio ancora l’abbandono dei locali, non continuando il percorso di diagnosi e cura.
Dunque non solo per arginare episodi di esterna pericolosità nei confronti del personale sanitario, ma anche nell’ottica dell’ottimizzazione delle prestazioni erogate dal Ssn, l’Asl Bt ha deciso di istituire una figura che faccia da filtro e soprattutto da ammortizzatore delle richieste di pazienti triagiati e parenti in attesa di risposte sul processo assistenziale del proprio congiunto.
Una figura dedicata alla comunicazione e alla relazione tra l’ospedale, il paziente e i familiari nel momento più critico, quello dell’arrivo in pronto soccorso, il trait d’union tra l’area di lavoro interna e la sala d’attesa. Sicuramente un primo passo verso l’implementazione della figura strategica che è l’infermiere di processo. Un modello del genere è stato già sperimentato in altre realtà italiane e passato in rassegna sulla rivista Pub-Med, esperienza del nosocomio di Fano.
La figura sanitaria proposta e preposta all’attuazione della strategia su indicata è l’infermiere. L’infermiere di processo è uno strumento di innovazione del modello assistenziale in grado di fornire un efficace contributo nella gestione della presa in carico del percorso del paziente in area critica.
Un infermerie esperto e per l’esattezza specializzato in triage, che orienta nella gestione dei pazienti verso iter predefiniti, in grado di utilizzare le cosiddette non technical skill, consentendo una corretta gestione delle dinamiche relazionali nei contesti di urgenza. La figura, inoltre, deve adoperarsi con le doverose e opportune strategie operative per gestire l’afflusso eccessivo e la durata della degenza nel dipartimento in oggetto.
Nella logica della gestione dei flussi di utenza ha un confronto costante e di tipo trasversale con i colleghi dedicati al triage globale. I potenziali risultati possono condurre a un’ottimizzazione dei percorsi diagnostico/terapeutici e non influire negativamente sull’organizzazione del sistema. Tale strumento dovrebbe accompagnare a esiti di innovazione del modello assistenziale, in grado di fornire un efficace contributo nella gestione della presa in carico del percorso assistenziale del paziente in area critica.
Oggigiorno i modelli organizzativi puntano all’efficienza e alla sicurezza deli operatori e dei pazienti che afferiscono alle cure, armonizzando la soluzione più congrua ai bisogni del cittadino.
Redazione Nurse Times
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