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Infermiere di famiglia in Asl Toscana Sud Est: oltre 400mila visite a domicilio in un anno

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Infermiere di famiglia, Nursing Up: "Un progetto che non decolla"
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Nel 2018 la Toscana è stata la prima Regione a introdurre nel sistema sanitario pubblico l’infermiere di famiglia e di comunità, prevedendo percorsi di formazione sviluppati dalle singole aziende. A fare il punto della situazione sull’impiego di questa figura nell’Asl Toscana Sud Est è Vianella Agostinelli, direttrice del dipartimento delle Professioni infermieristiche e ostetriche, intervistata da La Nazione.

Agostinelli, come si attiva il servizio e per quali necessità?

“L’infermiere di famiglia e di comunità può essere attivato dal medico di medicina generale o dallo specialista, dalle centrali operative territoriali (COT) o direttamente dall’utente presso gli sportelli territoriali per necessità di natura assistenziale. Interviene attraverso interventi diretti o indiretti sulla persona, sulla famiglia, nei gruppi e nella comunità, di natura preventiva, educativa, assistenziale e riabilitativa. Agisce in ambito ambulatoriale, domiciliare e comunque negli ambienti di vita della persona. Collabora proattivamente con gli altri professionisti a intercettare precocemente rischi di salute del singolo e della collettività, e contribuisce a favorire e orientare le persone e le famiglie verso attività di autocura e la promozione a corretti stili di vita”.

Quali sono i numeri dell’infermiere di famiglia e di comunità nell’anno appena concluso?

“Per quanto riguarda l’assistenza in ambulatorio abbiamo assistito 4.837 pazienti, con 35.060 accessi. I numeri dell’assistenza domiciliare sono suddivisi per zone-distretto: si parla di 404.491 visite a domicilio, a beneficio di 21.622 assistiti che ne hanno fatto richiesta; di questi, 19.786 hanno più di 65 anni”.

Negli ospedali, invece, come evolve la professione?

“La professione infermieristica e ostetrica è in continua evoluzione sia per implementare e rendere più funzionali i modelli organizzativi e rendere il lavoro più snello, sia sulla linea professionale. Ci sono periodi dell’anno più difficili, come quello estivo, quando aumentano le presenze nei nostri territori per la presenza di turisti, ma anche nel periodo invernale attuale, legato agli iper-afflussi per epidemia influenzale, che spesso determina il sovraffollamento delle strutture, specie di pronto soccorso. Tutto questo può determinare situazioni di affanno nelle strutture e nel servizio di emergenza territoriale. Per questo stiamo puntando su progetti e formazione specifici come il modello di triage del See and Treat, che prevede il trattamento delle urgenze minori da parte dell’infermiere di pronto soccorso. Il medico di medicina generale resta il primo interlocutore di presa in cura di situazioni non urgenti, attivando, ove necessario, l’infermiere di famiglia e di comunità. Dal 2025 è inoltre iniziata l’implementazione negli ospedali della provincia di Arezzo, e in seguito di Siena e Grosseto, dell’utilizzo di una cartella clinico-assistenziale integrata e informatizzata”.

Altri impieghi?

“Stiamo lavorando al potenziamento della teleassistenza per facilitare le risposte assistenziali nei territori più periferici e sulle persone fragili, che fanno fatica a raggiungere i servizi. Poi attenzione sui percorsi oncologici e di cure palliative, e anche alle persone che soffrono di demenza, per dare risposte più veloci e puntuali in caso di accesso ai pronto soccorso e nelle situazioni di follow up della patologia, per un migliore coinvolgimento dei caregiver al domicilio”.

Redazione Nurse Times

Fonte: La Nazione

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