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Infermiere di famiglia, Ail in Senato: “Bene l’attenzione all’assistenza domiciliare”

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Coronavirus, Asl Roma 6:  infermieri di famiglia sempre più in prima linea
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L’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma ha preso parte all’audizione informale riguardante i Disegni di legge 1346 e 1751.

Ha partecipato anche l’Ail (Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma) all’audizione informale svolta in Senato e riguardante l’esame dei Disegni di legge n. 1346 e n. 1751. Tema della discussione, l’introduzione della figura dell’infermiere di famiglia e comunità e le disposizioni in materia di assistenza infermieristica domiciliare.

La stessa Ail offre un servizio di cure domiciliari attraverso le sue sezioni provinciali. aAttualmente i servizi attivati sono 42, con 2.389 pazienti seguiti ogni anno, di cui 1.947 adulti e 442 bambini, mentre 47.493 sono gli accessi effettuati, di cui 35.602 destinati agli adulti e 11.891 ai bambini.

Va da sè che l’Ail trova positiva l’attenzione espressa nei Ddl all’ambiente familiare e sociale come luogo di promozione della salute, e alla permanenza del paziente nel proprio ambiente. Ritiene, tuttavia, che considerare l’assistenza domiciliare come alternativa al ricovero, e non integrata a esso, per i pazienti ematologici non sia la forma più efficace, come mostra l’esperienza pluriennale maturata negli anni dall’Associazione in fatto di assistenza domiciliare.

Ail sottolinea inoltre che nei Ddl dovrebbe essere richiamato, quale modello ispiratore, quello del Chronic Care Model, che vede ospedale e territorio integrati e non alternativi tra loro, così come peraltro previsto in diversi atti di programmazione nazionale, affinché i diversi professionisti e servizi lavorino sempre meglio e di più insieme.

È fondamentale definire come gli infermieri di famiglia interagiranno con e nei servizi esistenti nelle singole realtà regionali (medici di famiglia, distretti, UCCP/AFT, case della salute, ecc.), dato che interverranno su alcuni aspetti di debolezza dell’assistenza territoriale, emersi con forza in questo periodo di emergenza sanitaria, e bisogni emergenti della popolazione e delle comunità, così come il contributo che possono offrire e ricevere dalle organizzazioni del terzo settore.

Per questo Ail ritiene utile sottolineare che questa figura professionale di nuova istituzione debba essere ben integrata e valorizzata all’interno di un ripensamento generale dell’assistenza territoriale, così come previsto dal Patto per la salute 2019-2021.

Quindi Ail suggerisce che:

  • l’infermiere di famiglia eroghi assistenza sanitaria al domicilio del paziente in collaborazione non solo con il medico di medicina generale, ma anche con altri professionisti, tra cui i medici specialisti, presenti sul territorio e nelle strutture ospedaliere;
  • identifichi e valuti lo stato di salute e i bisogni degli individui e delle famiglie non solo nel loro contesto culturale e di comunità, ma anche rispetto al contesto abitativo, che dovrebbe essere idoneo ad accogliere pazienti con alto rischio di infezione, come i pazienti ematologici;
  • venga inserita la specifica di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, comprendendo così anche quelle legate alle infezioni correlate all’assistenza;
  • sia fatto un richiamo all’integrazione con le organizzazioni del terzo settore e con le associazioni di volontariato e di pazienti, spesso indispensabili per dare risposte complete a pazienti e familiari, prevedento la partecipazione del terzo settore e delle associazioni di volontariato e di pazienti nella definizione e misurazione degli obiettivi affidata agli infermieri di famiglia;
  • sia prevista una adeguata formazione specialistica.

Le cure domiciliari consentono ai pazienti di essere seguiti nella propria casa. Questo garantisce la vicinanza dei familiari e una qualità della vita nettamente migliore. I pazienti sono assistiti da equipe multi-professionali (medici, infermieri professionali, assistenti sociali, psicologi e volontari) presso il proprio domicilio, mantenendo un costante collegamento con l’ospedale durante le varie fasi della malattia. Le cure domiciliari hanno permesso, fra l’altro, di anticipare le dimissioni di pazienti che hanno eseguito una chemioterapia intensiva, per fare trascorrere loro, a domicilio, il periodo più critico del rischio di infezioni ed emorragie o per proseguire le terapie iniziate nel reparto di degenza.

Redazione Nurse Times

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