Le motivazioni della condanna all’ergastolo dell’ infermiera killer di Lugo, Daniela Poggiali, sono state depositate il 9 giugno. Secondo il giudice: “Nemmeno lei sa quanti pazienti uccise”.
Sono parole che mettono a dir poco i brividi quelle che il giudice Corrado Schiaretti, presidente della corte d’assise, ha riportato alla pagina 112 di una lucida e argomentatissima ricostruzione dei fatti, depositata ieri in tribunale, per motivare la sentenza che l’11 marzo scorso ha condannato all’ergastolo la 44enne, ex infermiera dell’ospedale di Lugo, Daniela Poggiali.
L’omicidio della signora Rosa Calderoni, di 78 anni, morta l’8 aprile del 2014 a poche ore dal ricovero a causa di un’iniezione letale di potassio, non sarebbe stato altro che uno spavaldo tentativo della Poggiali di sviare i sospetti da sé. L’ex infermiera, infatti, non appena ricevuta la comunicazione del cambio di turno per via dei primi sospetti a suo carico, “ha compreso di avere superato il limite”: era infatti a conoscenza delle voci sul suo conto e “sapeva di avere già ucciso numerosi pazienti, forse neppure lei ricordava quanti”. Così, in una sorta di disperato tentativo di distogliere l’attenzione dalla propria persona, per la prima volta non ha ucciso “per delirio di onnipotenza né per liberarsi di una paziente scomoda” ma “per dimostrare a tutti che all’ospedale di Lugo semplicemente morivano i pazienti vecchi e malati”.
La morte di quella povera donna, infatti, “davanti a un suo familiare e fuori dal turno, le avrebbe infatti potuto consentire di dimostrare che i decessi sospetti erano solo un caso e che non c’entravano con lei”. Un “omicidio difensivo”, quindi. Movente terribile, abietto, diverso rispetto a quello della Procura, ma che ha alterato di poco la tesi della pubblica accusa: tutto confermato, infatti, per quanto riguarda la premeditazione, la minorata difesa ed i tentativi di depistare i sospetti.
Il giudice, oltre a ritrarre l’imputata come “Intelligente, fredda, capace di comprendere le situazioni che si creano” e “decisa, spavalda, arrogante”, evidenzia che tra il 2013 e il 2014 “deve ritenersi dimostrata” nei confronti di Daniela Poggiali “una impressionante continuità di comportamenti illegittimi”.
A precisa domanda in aula su come fossero possibili tutte quelle morti durante i suoi turni di lavoro, l’assassina aveva commentato con un laconico: “sarò sfortunata”. Ma l’”eccesso di morti stimabile tra i 74 e i 99 pazienti” rispetto al valore naturale emerso dalle varie consulenze, per il giudice ha dimostrato una differenza “macroscopica che esclude il caso”.
Ciò significa che anche se “i dati statistici non possono individuare chi sia stato vittima delle sue azioni criminali”, “in termini probatori nei due anni esaminati, escludendo ogni ragionevole dubbio, Daniela Poggiali si sia resa responsabile di numerosi omicidi”.
Addebitabili alla Poggiali non ci sono solo morti, ma anche furti, pazienti sedati o purgati. “Non sono voci, non c’è un occulto regista calunnioso. Chi l’accusa lo fa perché ha visto, non perché ha sentito”. E poi ci sono le statistiche, che pesano su di lei come macigni: “Da quando lei va via i furti spartiscono”, “dove c’è lei si muore di più”.
Fonti: Il Resto del Carlino, CorriereRomagna
Immagine: Ravenna Notizie
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