Un piccolo studio ha testato gli effetti farmacodinamici di diversi agenti antipiastrinici.
Pubblicato su Circulation, un piccolo studio, che ha testato gli effetti farmacodinamici di diversi agenti antipiastrinici, suggerisce che tirofiban, antagonista del recettore della glicoproteina IIb/IIIa (GPIIb/IIIa), può fornire un’inibizione “più potente e costante” dell’aggregazione piastrinica rispetto a cangrelor, inibitore del recettore per l’adenosin-difosfato (ADP) P2Y12, in pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) sottoposti a intervento coronarico percutaneo (PCI).
Valutati cangrelor, tirofiban e prasugrel – Trenta minuti dopo l’inizio del trattamento, vi era una differenza di quasi tre volte tra tirofiban e cangrelor frantumato (chewed) in termini di inibizione di aggregazione piastrinica in risposta a 20 µmol/L di ADP. Sia cangrelor che tirofiban erano superiori a prasugrel (inibitore del recettore ADP P2Y12) per l’inibizione dell’aggregazione delle piastrine. Il prasugrel ‘chewed’ non inibiva l’aggregazione piastrinica in modo migliore della somministrazione della compressa integrale standard di prasugrel.
Marco Valgimigli, dell’Ospedale Universitario di Berna (Svizzera), che ha presentato lo studio al PCR e-Course 2020, ha affermato che la somministrazione integrale di compresse di inibitori orali P2Y12, come prasugrel o ticagrelor, fornisce un’inibizione precoce non subottimale dell’aggregazione piastrinica nei pazienti affetti da STEMI sottoposti a PCI primario.
Alcuni studi più piccoli monocentrici avevano suggerito che masticare o schiacciare gli inibitori P2Y12 avrebbe potuto aumentare la disponibilità precoce di farmaco e migliorare l’inibizione delle piastrine. Gli agenti parenterali, d’altra parte, hanno dimostrato di fornire un’inibizione rapida e sostenuta dell’aggregazione delle piastrine rispetto all’inibizione P2Y12, ma non c’erano dati comparativi sull’inibizione dell’aggregazione piastrinica con cangrelor e tirofiban nei pazienti sottoposti a PCI primario, e nessun dato su quale potesse essere la performance di questi agenti rispetto al prasugrel ‘chewed’.
Risultati e “verdetti” dello studio FABOLUS-FASTER – Nello studio FABOLUS-FASTER, i ricercatori hanno randomizzato 122 pazienti a ricevere cangrelor, tirofiban o prasugrel. Cangrelor e tirofiban sono stati somministrati come bolo e infusione di due ore, seguita da 60 mg di prasugrel, mentre prasugrel è stato somministrato come una dose di carico da 60 mg a questi pazienti poi randomizzati di nuovo a ricevere prasugrel frantumato o somministrato come compressa intera dopo la dose di carico.
Con tirofiban, la percentuale di inibizione dell’aggregazione piastrinica dopo la stimolazione di plasma ricco di piastrine con ADP è stata del 95,0% rispetto al 34,1% per i pazienti trattati con cangrelor (P < 0,001). Con tale valore, cangrelor non ha soddisfatto i criteri di non inferiorità rispetto a tirofiban. Con prasugrel frantumato, l’inibizione dell’aggregazione piastrinica è stata del 10,5%, non in grado di soddisfare i criteri di non inferiorità rispetto a cangrelor o tirofiban. Con prasugrel da solo, i pazienti che masticavano il farmaco avevano una maggiore concentrazione attiva di metaboliti rispetto alla somministrazione standard, ma non c’era differenza nell’inibizione dell’aggregazione delle piastrine.
«È da notare che tirofiban è risultato associato a una superiore inibizione dell’aggregazione delle piastrine per tutta la durata dello studio, fino a 4-6 ore – ha detto Valgimigli –. Cangrelor è stato associato a una maggiore inibizione dell’aggregazione piastrinica a 15 o 30 minuti, così come a 1 ora, rispetto al prasugrel. Tuttavia l’inibizione dell’aggregazione piastrinica non differiva più a due ore, e successivamente, vale a dire a tre o quattro a sei ore, prasugrel, masticato o integrale, è stato associato a una maggiore inibizione dell’aggregazione piastrinica rispetto al gruppo cangrelor».
Nel loro articolo, Valgimigli e colleghi, guidati da Giuseppe Gargiulo, anch’egli dell’Ospedale Universitario di Berna, dicono che data la potente inibizione dell’aggregazione delle piastrine, tirofiban “può essere più efficace di cangrelor nel ridurre i rischi di complicanze ischemiche acute”. Tuttavia gli autori sottolineano che questa ipotesi deve essere ulteriormente testata, in particolare in uno studio alimentato per gli endpoint clinici. Osservano inoltre che l’uso di inibitori GPIIb/IIIa nello STEMI è diminuito per preoccupazioni legate al sanguinamento, ma i dati clinici sul loro uso sono basati principalmente su un’infusione prolungata di farmaci post-bolo e sull’accesso femorale al momento del PCI.
Giudizi positivi e qualche riserva nella discussione – «Questo studio – ha commentato Christoph Naber, del Contilia Heart and Vascular Center – Elisabeth Krankenhaus di Essen (Germania) – ha dimostrato che ci sono differenze tra i diversi farmaci e che si possono misurarle. Tuttavia, uno dei limiti dello studio riguarda il dubbio se l’inibizione delle piastrine in risposta all’ADP in vitro si traduca in effetti reali in vivo. Sappiamo che le piastrine sono attivate da più meccanismi e il percorso ADP è solo uno di questi».
Naber ha aggiunto che un aspetto interessante dello studio è che la più grande differenza nell’inibizione dell’aggregazione delle piastrine è stata osservata con l’inibitore GPIIb/IIIa tirofiban, che viene utilizzato principalmente come opzione di salvataggio quando sorgono complicazioni durante il PCI, rispetto agli altri agenti. Infatti, ha aggiunto, le differenze osservate tra cangrelor e prasugrel erano relativamente piccole, e appare incerto se le differenze osservate sono sufficienti a giustificare lo switch al cangrelor.
Redazione Nurse Times
Fonte: PharmaStar
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