Comunicare è essenziale alla vita dell’individuo: le persone, infatti; si caratterizzano rispetto agli altri esseri viventi proprio per la spiccata capacità di mettere in comune conoscenze ed esperienze accumulate.
È impossibile non comunicare: anche nel caso in cui un soggetto neghi la propria attenzione all’altro, chiudendosi in un mutismo ostinato; avviene comunque la trasmissione di un messaggio preciso, mediante il proprio atteggiamento, ossia comunico che non voglio comunicare!
Quali sono gli elementi su cui si fonda la comunicazione umana?
Riuscire a inquadrare separatamente i vari fattori che costituiscono il processo comunicativo non è semplice; poiché ci obbliga a suddividere un qualcosa che, nella realtà, esiste solo come insieme.
Di fatto la comunicazione è un processo che utilizza più elementi in reciproca relazione gli uni con gli altri:
• Emittente = è la persona che invia il messaggio (il collega, il parente, uno sconosciuto…), dando il via a una sequenza comunicativa
• Ricevente = è la persona alla quale viene indirizzata la comunicazione. Riesce a recepire il messaggio se è in grado di decifrarlo e comprenderlo
• Messaggio = è il contenuto di quanto trasmesso (un’informazione, una domanda, un’esclamazione…)
• Canale = è il messo attraverso cui si emette il messaggio (una lettera, la televisione…)
• Codice = sistema simbolico di riferimento per l’invio del messaggio (la lingua italiana, i simboli dei vari reparti di degenza ecc…)
• Feedback = è il messaggio di ritorno, la reazione che il ricevente invia all’emittente; sempre presente nella comunicazione diretta tra persone (espressioni del volto, annuire ecc…)
• Contesto = è dato dall’ambiente e dalla situazione in cui la trasmissione dei messaggi avviene (in aula, in autobus, a casa, sul luogo di lavoro…).
La comunicazione non verbale
La comunicazione non verbale (CNV) avviene attraverso il linguaggio corporeo, permettendoci di esprimere emozioni e sentimenti che le parole, a volte, non riuscirebbero a descrivere. Cosa può esserci di più immediatamente comprensibile dell’abbraccio di una persona riconoscente o del pianto di un individuo addolorato?
E’ importante essere consapevoli di quanto passa all’altro col nostro comportamento; poiché questa è la modalità principalmente colta dal prossimo: in generale si può affermare non solo cosa viene detto, ma soprattutto come viene espresso.
Il volto esprime un linguaggio universale, impossibile da celare: felicità, sorpresa, incredulità appaiono prima sul nostro viso che non nelle nostre esclamazioni. Nel volto lo sguardo attrae subito l’attenzione, in quanto si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima proprio per la loro efficacia comunicativa.
Anche i gesti assumono un rilevante significato: quasi tutti accompagnano il parlato con una propria gestualità, tipica della persona e influenzata dalla sua cultura. L’aspetto esteriore, infine, sottolinea nel suo insieme il modo in cui vogliamo dichiararci agli altri: l’acconciatura dei capelli, il trucco, la cura di sé; sono elementi che in generale evidenziano la considerazione di se stessi.
Un operatore che si avvicini con capelli curati e raccolti, la divisa in ordine e ben pulita metterà a proprio agio il degente; per la sensazione di professionalità e sicurezza che, in tal modo, esprime.
La comunicazione verbale
La comunicazione verbale (CV) è data dall’insieme delle espressioni orali che gli individui si scambiano. Implica la conoscenza della lingua, la scelta di parole o frasi chiare, prive di ambiguità. Al su interno anche le pause i silenzi assumono un significato spesso diverso a seconda del contesto.
Le pause possono risultare imbarazzanti. Ad esempio, tra un operatore e un utente che si incontrano per la prima volta, una pausa creatasi dopo l’ennesima richiesta di informazioni da parte dell’utente può fargli credere di aver ecceduto con le domande; l’operatore, dal canto suo, può dubitare invece di una difficoltà dell’utente a memorizzare sul momento quanto illustratogli.
In modo analogo anche il silenzio può dar luogo a diverse interpretazioni, in relazione al momento e al contesto. È comune che i silenzi protratti in un incontro tra due persone finiscano col produrre disagio: basti pensare alla situazione che si verifica in ascensore quando si è con persone estranee.
Nella CV tra operatore e assistito devono sempre considerarsi alcune accortezze basilari:
- Le parole e i termini scelti devono adattarsi al linguaggio dell’altra persona;
- Le espressioni dell’operatore devono essere chiare, prive di ambiguità (“I suoi parenti potranno venire più tardi” o “Adesso finisco di fare questa cosa, poi venga pure”).
Esempi
Un esempio di comunicazione distorta è la madre che apostrofa il figlio che ha raccontato una menzogna con: “Sei un bugiardo” o quando ci rivolgiamo a qualcuno con: “Sei razzista”.
Ecco, in questi casi, abbiamo ridotto la persona a un’azione (bugiardo); l’altro a una categoria ideologica (razzista) senza tenere in considerazione che l’essere umano è molto più di un singolo atto o una certa opinione. Non sarebbe stato meglio pronunciare: “Hai sbagliato a dire una bugia” o “Hai fatto un discorso che suona razzista”? Invece no, è stato più semplice dare spazio a vocaboli “inquinati” (e “inquinanti”): apparentemente innocui ma che, in realtà, incasellano il prossimo; lo inseriscono in gabbia che gli ricorderà di valere poco. Con tutto il carico di sofferenza, infelicità, dolore, tristezza che questo nemico interiore, creato dalle parole, comporta.
Nel mondo c’è un inquinamento verbale molto elevato che ci avvelena e con il quale noi avveleniamo gli altri, spesso senza rendercene conto. Mentre stiamo attenti, e giustamente, alla qualità dell’aria, dell’acqua e del cibo non diamo peso a ciò che ascoltiamo o diciamo. Tipico di una società che tiene in considerazione solo le azioni, e non le parole.
Se negative, sciatte, inappropriate o superficiali, queste pesano sulla vita di ciascuno e possono produrre molti danni; soprattutto se vengono subìte nell’infanzia e per un lungo periodo. Ci impediscono, infatti, di crescere in modo sano, equilibrato.
Da dove parte tutto?
Da quel vizio di parlare tanto, troppo.
Apriamo la bocca prima ancora di pensare e la foga di esprimersi impedisce di controllare la qualità dei nostri pensieri; per decidere se vale la pena o meno di tirarli fuori.
Noi siamo le parole che pensiamo, pronunciamo e ascoltiamo. Ci formano e ci costituiscono letteralmente, poiché coincidono con l’idea che abbiamo di noi stessi e che viene riconosciuta onegata dagli altri. È un motivo più che valido, affinché noi possiamo imparare ad avere un eloquio corretto. Come?
Non c’è necessariamente bisogno di termini aulici, solo di rispetto.Perciò diamoci tempo prima di replicare e ponderiamo bene le nostre frasi. Ascoltiamo il più possibile e facciamo pause di silenzio, per raccogliere il flusso dei pensieri e dare spessore al nostro linguaggio. Vale la pena tentare.
In fondo, chi parla bene vive ancora meglio. Per un motivo tangibile: sa riconoscere in poco tempo chi si esprime come si deve e chi no, stando alla larga da quest’ultimi. Al contempo è pronto anche a difendersi dagli attacchi velenosi, se serve. Ha dalla sua parte la consapevolezza della sua forza interiore.
Jessica Tommasi
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