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Il modello “See and Treat” da dove nasce, le ricadute sui processi assistenziali

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Introduzione di Papagni Giuseppe

L’evoluzione delle competenze infermieristiche, avvenuta solo sulla carta attraverso leggi dello stato, incontra molte resistenze nella sua applicazione quotidiana. Molteplici le cause che hanno reso di fatto queste leggi incompiute, bloccando l’evoluzione di una professione che in altri paesi europei è diventata una realtà già da diverso tempo. Una riorganizzazione del lavoro coraggiosa e decisa all’interno delle unità operative e l’attivazione di nuovi modelli assistenziali che vedono gli infermieri rivestire un ruolo da protagonista possono diventare una risorsa per tutti, ed avere delle ricadute positive sui bilanci regionali. 

Riportiamo una famosa citazione ripresa da James Freeman Clarke, predicatore e politico statunitense:

A politician […] thinks of the next election; a statesman of the next generation. A politician looks for the success of his party; a statesman for that of the country.

Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico cerca il successo del suo partito; uno statista quello del paese

La citazione ha ispirato grandi statisti anche in Italia, tra cui Alcide De Gasperi, il nostro augurio che possa ispirare anche i nostri politici attuali.

La collega Sette Marianna con nel suo prezioso contributo ha trattato il tema del “See and Treat” partendo dal modello anglosassone fino ad  arrivare al modello attivato in Toscana.

Marianna Sette

Il sovraffollamento del Pronto Soccorso e gli episodi di violenza verso i pazienti e gli operatori sanitari rappresentano un problema crescente, diventando una vera e propria emergenza sociale che sta investendo il nostro paese e che coinvolge, senza sostanziali differenze, tutti i Paesi Industrializzati.

Queste difficoltà contribuiscono, purtroppo, al verificarsi di errori, seppur non gravi, nelle diverse fasi del processo di cura.

Per far fronte a ciò, nei Paesi più lungimiranti e pragmatici, come quelli anglosassoni, è stato introdotto, già dagli anni 80 nell’Ospedale di Kettering(UK), il modello denominato “See and Treat” (letteralmente “guarda e tratta”) secondo cui il paziente viene valutato e trattato dal primo professionista sanitario disponibile, sia esso un medico o un infermiere specializzato, definito quest’ultimo come Emergency Nurse Practitioner (ENP), un infermiere con competenze cliniche avanzate, una formazione universitaria post-base e soprattutto in grado di erogare un’assistenza sanitaria di alta qualità, volta a diagnosticare patologie minori, trattarle e prescrivere farmaci specifici.  (TABELLA 1)

Nella realtà italiana, la Regione Toscana ha elaborato nel 2007 un progetto sperimentale, identificando nel “See and Treat” una possibile risposta assistenziale alle urgenze minori (delibera n. 958/2007 e n. 449/2010).

Ben presto suddetto progetto sperimentale ha suscitato, però, diverse polemiche: l’Ordine dei Medici di Bologna sosteneva l’illegittimità di tale provvedimento perché favorente l’esercizio abusivo della professione medica e la deresponsabilizzazione dell’infermiere stesso.

La Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU), invece, attribuiva agli infermieri un ruolo primario nel soccorso territoriale e nel Triage di Pronto Soccorso. Diventa necessario, a questo punto, stabilire se le funzioni attribuite all’infermiere dedicato al “See and Treat” rientrino nell’ambito di competenza e quindi di autonomia della professione infermieristica, per verificare se sussistono o meno le condizioni di esercizio abusivo della professione medica. Ciò appare difficile se pensiamo al fatto che, nell’attuale contesto normativo italiano, non esiste alcuna norma giuridica che definisca in modo preciso il cosiddetto atto medico, per cui, il confine tra quest’ultimo e l’atto infermieristico deve essere individuato in relazione alla formazione di base e post-base ricevuta dal singolo professionista.

Da ciò deriva la necessità di predisporre uno specifico percorso di formazione e di certificazione delle competenze dell’Infermiere di “See and Treat”. Qualora fosse applicato, il “See and Treat” garantirebbe la riduzione dei tempi di attesa per la visita, con considerevole aumento del grado di soddisfazione del paziente, mantenendo comunque adeguati standard di qualità; inoltre diminuirebbe l’allontanamento del paziente prima della visita e i reingressi non programmati.

È utile precisare,quindi, che il ”See and Treat” porterà notevoli vantaggi sia per i pazienti sia per medici e infermieri che vedranno valorizzata la propria professionalità. Negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei, il “see and treat” è da anni una realtà consolidata e stimata.

In Italia, invece, le prime esperienze toscane, hanno da un lato impattato positivamente sulla problematiche del sovraffollamento del pronto soccorso, con dei risultati positivi evidenti, dall’altro hanno provocato lunghe polemiche e duri dibattiti, che hanno portato alcune sigle dei sindacati medici ad avviare un’intensa attività giurisprudenziale con l’obiettivo di fermare un processo che vede l’infermiere protagonista capace di interpretare un ruolo di riferimento in una sanità in continua evoluzione. 

Perchè solo in Italia si incontrano tutte queste resistenze?

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