Il glutine è in agguato anche per chi non è celiaco e può provocare disturbi che possono essere scambiati per sindrome del colon irritabile o altre alterazioni del funzionamento dell’apparato digerente.
Si chiama “sensibilità temporanea al glutine”, la proteina presente in elevate quantità in frumento, orzo, segale e derivati. Ed è un problema che coinvolge tre milioni di italiani, con una netta predilezione per le donne, tra 25 e 45 anni.
I disturbi – gonfiori addominali, difficoltà digestive, prurito, cefalea – sono più lievi e sfumati di quelli della celiachia e compaiono appena si mangiano i cereali incriminati. Per attenuarsi, fino a scomparire, se si sospende il consumo di questi alimenti.
Lo studio Glutox dell’Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti ospedalieri (Aigo) e coordinato dal Policlinico di Milano, ha stabilito in uno su quattro la proporzione tra i pazienti che manifestano disturbi al colon che sono solamente sensibili al glutine. Lo studio, che ha come obiettivo quello di verificare la reale diffusione della sensibilità al glutine – patologia diversa dalla celiachia e caratterizzata dagli stessi sintomi – è stato presentati a Vienna nel corso della United european gastroenterology week, il congresso annuale dell’associazione che raccoglie tutte le società scientifiche gastroenterologiche del Continente.
La ricerca è stata compiuta privando di glutine un gruppo di pazienti che manifestavano sintomi di sindrome del colon irritabile e reintroducendolo dopo tre settimane. È così emerso che il 26 per cento di loro manifestava di nuovo gravi sintomi.
Un risultato importante: per questo tipo di paziente si potrebbe infatti utilizzare una terapia esclusivamente basata sulla dieta.
Massimo Randolfi
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