La dimostrazione arriva da uno studio di Università e Spedali Civili di Brescia.
Con l’espressione “vie colinergiche” si definiscono le reti di neuroni coinvolti nei processi di alcune funzioni cognitive superiori come la memoria a breve termine e l’attenzione. Questi neuroni si trovano nella parte frontale del cervello, utilizzano l’acetilcolina come neurotrasmettitore e sono, spesso, coinvolti nei processi neurodegenerativi che interessano la persona affetta da Alzheimer o colpita da ictus. Per molto tempo sono stati, perciò, oggetto di studio nel campo delle neuroscienze con l’obiettivo di ritardare o invertire gli effetti della demenza e del deterioramento cognitivo.
“Per deterioramento cognitivo si intende la perdita di alcune funzioni tipiche della corteccia cerebrale come per esempio la memoria, soprattutto quella a breve termine, facilmente compromessa nelle persone anziane over 65”, precisa il dottor Pietro Gareri, geriatra responsabile del Centro Disturbi cognitivi e demenze di Catanzaro Lido (Asp Catanzaro).
Per la prima volta uno studio italiano, messo a punto da Università e Spedali Civili di Brescia, e pubblicato sulla rivista Frontiers in Neurology, ha provato quello che si sospettava ma non era mai stato dimostrato su essere umano: che la citicolina, un precursore naturale dell’acetilcolina, permette di riportare alla normalità le vie colinergiche dopo l’ictus.
Questo e altri impieghi del farmaco sono stati discussi estensivamente durante il Citicolina Day, che si è tenuto il 17 e il 18 febbraio 2023 a Genova. In particolare, sono stati discussi i risultati dello studio che ha utilizzato l’esame della Transcranial Magnetic Stimulation su due gruppi di pazienti reduci da ictus durante l’arco di otto settimane.
“Il gruppo al quale è stata somministrata la citicolina ha dimostrato un inconfondibile recupero delle vie colinergiche rispetto al gruppo di controllo – spiega il dottor Mauro Magoni, direttore dell’Uo di Neurologia vascolare – Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia –, e sebbene la misurazione riguardasse solo i processi cellulari, e non gli eventuali effetti cognitivi, diversi pazienti hanno testimoniato di sentirsi meglio e più lucidi dopo il trattamento”.
I risultati hanno portato alla formulazione di un ulteriore studio di 24 settimane, condotto dagli Spedali Civili di Brescia in collaborazione con l’IRCCS Santa Lucia di Roma, per misurare gli effetti clinici e l’eventuale miglioramento dei test neuropsicologici. “Lo studio su un campione più ampio di pazienti affetti da ischemia cerebrale permetterà di valutare l’efficacia della citicolina nella stimolazione delle vie colinergiche e il possibile miglioramento delle funzioni cognitive”, conclude il dottor Magoni.
Un esito che aprirebbe quindi le porte all’uso estensivo della citicolina nella terapia farmacologica durante il recupero e la riabilitazione del paziente colpito da ictus. Già ora la citicolina è indicata nel trattamento di supporto delle sindromi parkinsoniane e il suo ruolo nei processi di neuroprotezione è studiato estensivamente.
Dimostrarne l’efficacia clinica nel percorso di recupero da ictus e nel contrasto al deterioramento cognitivo avrebbe un significativo impatto sociosanitario. In Italia, infatti, secondo i dati stimati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) vi sono circa 1 milione di persone affette da demenza e circa 900 mila affette da una condizione a rischio definita come Mild Cognitive Impairment.
Secondo i dati del ministero della Salute, ogni anno si registrano nel nostro Paese circa 90mila ricoveri dovuti all’ictus cerebrale, di cui il 20% sono recidive. Il 20-30% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese dall’evento e il 40-50% entro il primo anno. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza.
“La citicolina – conferma il dottor Gareri – si è già rivelata efficace nell’agire in terapie di combinazione contro il deterioramento cognitivo di natura sia vascolare che degenerativa, nel post trauma cranico, nel post stroke, nel glaucoma, nell’ambliopia e nelle sindromi parkinsoniane. Tutto questo è possibile grazie ai diversi meccanismi d’azione della citicolina, in primo luogo con un aumento della sintesi dell’acetilcolina e un corrispondente aumento della biosintesi dei fosfolipidi nella membrana delle cellule neuronali. Inoltre, la citicolina è in grado di agire a diversi livelli, per esempio a livello mitocondriale, sulla sintesi di altri neurotrasmettitori, come la dopamina e la noradrenalina, e sui processi di generazione delle sinapsi”.
E ancora: “In più, la citicolina ha un ruolo importante nel contrastare alcuni processi degenerativi cellulari che vanno sotto il nome di apoptosi ovvero morte neuronale. Nella sua somministrazione cronica di 1 grammo al giorno, la citicolina si è, quindi, dimostrata efficace nel contrastare alcune patologie in ambito neurologico e geriatrico. In Spagna è dispensata dal Servizio sanitario nazionale nel post-stroke mentre in Italia è un farmaco a totale carico del paziente, anche per i pazienti post-stroke, nel Parkinson e nel deterioramento cognitivo vascolare”.
Redazione Nurse Times
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