Che il tempo degli eroi sia ormai ampiamente tramontana è un dato di fatto. Gli infermieri, i medici, gli operatori sociosanitari e tutti gli altri professionisti della salute, precedente acclamati ed applauditi dai balconi dal popolo italiano costretto a settimane di lockdown per sconfiggere la pandemia da Covid-19, sono tornati ad essere comuni mortali (e nemici di alcuni).
Ma per qualcuno in Italia questo esercito di sanitari avrebbe ancora qualcosa di speciale da offrire.
«I miei eroi sono sognatori, uomini e donne che hanno cercato di rendere il mondo un posto migliore rispetto a quando lo hanno trovato, sia nelle piccole cose che nelle grandi. Alcuni ci sono riusciti, altri hanno fallito, la maggior parte ha avuto risultati contrastanti…ma è lo sforzo che è eroico, per come la vedo io. Vincere o perdere, ammiro quelli che combattono la loro giusta battaglia». Sono queste le parole di George R.R. Martin, che potrebbero essere rivolte a moltissimi infermieri.
“Dal mondo della fantasia alla realtà: chi sono i veri eroi?”
È la domanda che è stata rivolta agli studenti dell’Istituto Comprensivo di Via dei Sesami, a Roma.
Gli eroi, persone comuni
«Il mio eroe è mamma perché mi salva dai miei fratelli». «La mia mamma è il mio eroe perché quando sono stata in ospedale è sempre stata con me». «Il mio eroe è mamma, perché mi abbraccia e mi dà tanti baci». «Il mio eroe è il babbo, perché quando mi arrabbio mi tranquillizza». Per i bambini più piccoli gli eroi sono i loro genitori, capiscono l’importanza del loro lavoro, delle cure, ma anche quelle di un semplice abbraccio. Ma sono anche i medici, gli infermieri, i pompieri, i poliziotti, tutti quelli che fanno un lavoro di pubblica utilità. «Per me l’eroe è un infermiere, che oltre che dare le medicine, può fare compagnia ad una persona, facendola ridere o scherzare; come l’infermiera che ha aiutato mia sorella».
E poi c’è chi racconta la storia di un papà che è un migrante. «Questo è mio padre che salva in mare un bambino che non conosceva, lui è un eroe! » scrive Saif. Il tema delle migrazioni e degli stranieri è presente nel libro (anche attraverso la figura di Carola Rakete). «Questi ragazzi stanno insieme da quando sono nati, hanno fatto l’asilo insieme, abitano vicini, vanno a giocare insieme e magari si vedono anche nelle case», spiega Alquati. «Da qualche parte, nel primo libro, c’è il racconto di ragazzini che conoscevano la cucina di altri paesi perché andavano a mangiare a casa di amici. Si conoscono e i ragazzi sanno che i genitori dei loro amici non hanno una vita semplice alle spalle. È qualcosa che sta nel cuore piuttosto che nella testa dei ragazzini».
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