E’ in corso una dura battaglia a colpi di esposti, denunce, comunicati stampa, interrogazioni e forse altro da venire, ingaggiata tra l’entourage del presidente e assessore alle Politiche della Salute della Regione Puglia, Michele Emiliano e numerosi fronti di rappresentanza politica, sindacale e professionale che contestano allo stesso l’acquisto di Dispositivi di Protezione Individuali cinesi, a detta di più, non conformi agli standard cui alle normative italiane ed europee riguardo ai dispositivi medici.
A dare avvio alle contestazioni è stato l’Ordine delle professioni infermieristiche di Bari, al quale molti infermieri si sono rivolti, inviando foto e filmati, per segnalare che le prime tute da lavoro di protezione del corpo loro assegnate, all’indomani dell’arrivo in Puglia di un cargo con 50 tonnellate di DPI provenienti dalla Cina (l’8 aprile scorso) non recano sulla confezione, come previsto dalle direttive dell’INAIL, il pittogramma relativo al loro uso per il contenimento del rischio biologico e la certificazione UNI EN 14126-2004 per l’uso cui assegnate.
La tuta da lavoro cinese sotto accusa, distribuita agli infermieri e ai medici dei reparti Covid-I9 Hospital pugliesi, è il modello “IWODE protection” prodotto da una azienda cinese e acquistate dal governatore pugliese in 120.000 pezzi.
La contestazione si sostanzia sulla decisione di consegnare immediatamente all’uso del personale esposto, le tute IWODE, nude e crude, cosi come arrivate, il giorno dopo l’arrivo in Puglia, per decisione unilaterale adottata dallo staff tecnico a supporto della task – force creata (Documento in allegato) da Emiliano per questa emergenza coronavirus e del dipartimento di Protezione civile della Puglia presso la presidenza della Regione.
A dire dei “tecnici” pugliesi, le tute della IWODE, sono conformi alle normative e agli standard cui alle normative UNI EN.
Tuttavia, a fronte delle contestazioni sollevate, è stata approntata una richiesta all’INAIL in autocertificazione della rispondenza delle tute IWODE agli standard UNI EN cui l’INAIL alcuni giorni dopo con una propria determina, PRENDE ATTO.
Provvedimento che dalla Regione Puglia, come testimoniato dal comunicato stampa divulgato e messo in bella evidenza sul sito istituzionale dell’Ente, è stato interpretato come un successo, nonostante dall’Inail sia stata prodotta, di fatto, un autocertificazione sulle tute IWODE per la conformità delle stesse alla legislazione italiana ed europea.
Al di là della “polemica” e dell’attestazione esclusivamente su uno dei tanti modelli di tuta da lavoro importati, c’è comunque da porsi una semplice domanda: le tonnellate e tonnellate di DPI importate da Emiliano in cosa consistono? Oltre alle tute finite subito nell’agone della contestazione, si può avere un dettaglio di tutti i dispositivi di protezione individuale importati dalla Cina e soprattutto per ognuno di essi la relativa certificazione di conformità?
L’ultima notizia in ordine di tempo racconta che presso il Carcere di Turi al personale sanitario sono state distribuite delle mascherine dalla ASL BA, irriconoscibili rispetto alla tipologia e agli standard di legge di ognuna e senza nessuna marchiatura CE (Foto in basso).
Insomma, medici e infermieri, hanno il diritto di chiedere, in ordine ai dispositivi loro assegnati dal datore di lavoro, la loro conformità agli standard di sicurezza previsti dalle norme, a tutela della salute degli assistiti e propria o questo significa fare polemica?
E i gambali realizzati in proprio dagli infermieri con le buste dell’immondizia sono arrivati dalla Cina e, se nel caso, può valere l’autocertificazione degli infermieri stessi?
La storia, che Emiliano e la Protezione civile pugliese, ritenevano chiusa, avendo acquisito la “pergamena” dell’INAIL per una sola tuta tra le tante importate, è destinata ad arricchirsi di nuovi episodi.
Redazione Nurse Times
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