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Herpes e Alzheimer sono collegati tra loro?

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Herpes e Alzheimer sono collegati tra loro?
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Una revisione della letteratura pubblicata su ‘Frontiers in Ageing Neuroscience’ e firmata da Ruth Itzhaki, (esperta dell’università di Manchester) ha recentemente suggerito nuove evidenze (da confermare) di una possibile correlazione tra l’infezione da herpes virus e la malattia di Alzheimer.

Il virus Hsv1 (Herpes simplex virus 1), infatti, ovvero quello che provoca l’herpes labiale, oltre a essere protagonista di diversi casi di encefalite risulterebbe “collegato a oltre un caso su due” della comune forma di demenza che fa a pezzi la memoria dei nostri anziani.

Basterebbe quindi curare l’herpes per sconfiggere una delle malattie più invalidanti con cui i sistemi sanitari di tutto il mondo si ritrovano continuamente a fare i conti?

Proprio così. Secondo quanto riporta la ricercatrice in base a una casistica di Taiwan, infatti, la somministrazione di farmaci antivirali anti-herpes provoca “una drastica diminuzione del numero di pazienti gravemente colpiti dal virus Hsv1 che in seguito svilupperanno demenza”. Informazioni, queste, che Itzhaki definisce “sorprendenti”, arrivando alla conclusione che “l’Hsv1 potrebbe nascondersi dietro il 50% o più dei casi di malattia di Alzheimer.

Perché proprio Taiwan? Perché nella provincia cinese il 99,9% della popolazione è iscritto nel National Health Insurance Research Database, ovvero una banca dati da cui si possono estrarre moltissime informazioni circa infezioni e malattie infettive.

Fra il 2017 e il 2018 sono state pubblicate tre ricerche che descrivono i dati di Taiwan sullo sviluppo della demenza senile (di cui l’Alzheimer è la causa principale) e il trattamento di pazienti con segni evidenti di infezione da herpes simplex virus (Hsv) o da virus varicella-zoster (Vzv).

Come riassunto dall’esperta di Manchester, il rischio di demenza senile è molto più alto nelle persone infettate da Hsv e che trattamenti antivirali contro l’herpes abbattono il numero di persone severamente affette da Hsv1 che successivamente si ammalano di Alzheimer”.

Soprattutto, vi è una variante genetica sotto accusa: denominata Apoe-ε4, sarebbe presente più spesso nei soggetti che tendono a soffrire di herpes labiale.

“La nostra teoria è che nelle persone con variante Apoe-ε4 la riattivazione dell’herpes è più frequente o più dannosa nelle cellule cerebrali infettate da Hsv1. Queste, di conseguenza, accumulano danni che culminano nello sviluppo dell’Alzheimer” spiega Itzhaki.

Altresì, la scienziata aggiunge che “analizzando post-mortem il tessuto cerebrale di malati di Alzheimer, è stato visto che Dna virale si trova in modo molto specifico all’interno delle placche tipiche della patologia”. E non è tutto, perché “anche nelle colture cellulari infettate da Hsv1 si formano depositi simil-Alzheimer e i farmaci antivirali le prevengono”.

Nonostante ritenga necessari ulteriori studi per confermare e definire una effettiva correlazione tra infezione da Hsv1 e l’Alzheimer, Ruth Itzhaki si dice “entusiasta” per gli eventuali scenari che si verificherebbero e che darebbero luogo a rivoluzionarie prospettive di trattamento: “Considerando che oltre 150 pubblicazioni sostengono fortemente un ruolo del virus Hsv1 nell’Alzheimer, queste scoperte di Taiwan giustificano ampiamente l’uso di antivirali anti-herpes, che sono sicuri e ben tollerati, per trattare la malattia di Alzheimer”.

Un semplice vaccino anti-Hsv1 sarà quindi, nell’immediato futuro, il trattamento più efficace contro la malattia di Alzheimer?

Alessio Biondino

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