Un emblematico siparietto andato in onda sulla popolare emittente radiofonica laziale “Radio Radio” ha permesso a molti infermieri di comprendere come la visione distorta della cittadinanza continui a rappresentare un enorme problema per l’evoluzione della categoria.
Nel corso della trasmissione “Un Giorno Speciale”, che ha visto protagonisti l’infermiere e autore Alessio Biondino e l’editorialista ed ex inviato di guerra Marco Guidi si è discusso della tematica dell’emergenza sanitaria.
Sono state affrontate le problematiche inerenti i DEA ed il soccorso territoriale
“Il servizio del 118 è stato depotenziato ma alla base c’è l’incapacità dei cittadini a capire quale sia la vera funzione del Pronto Soccorso e dei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione”, ha spiegato Biondino.
Nonostante fosse evidente come Guidi volesse avvalorare la tesi dell’infermiere, molti commenti sono sembrati del tutto fuori luogo.
“Sarebbe meglio avere un medico su ogni ambulanza, ma ci sono molte cose che un buon infermiere specializzato può iniziare a praticare” spiega Guidi.
La discussione vira successivamente sull’importanza del triage telefonico effettuato dall’infermiere di Ares 118 che per il giornalista però diventa un semplice centralinista.
Immediata la puntualizzazione di Biondino che specifica come il “centralinista” citato sia in realtà un professionista specializzato e formato per seguire un protocollo specifico.
“Ci sono dei protocolli e delle procedure che un infermiere laureato e preparato è in grado di poter seguire”.
Emerge successivamente il problema della privatizzazione “selvaggia”.
L’autore spiega come ormai si affidi l’intero sistema dell’emergenza territoriale alle associazioni di volontariato che, adotterebbero criteri di selezione del tutto discutibili.
“Io ho avuto a che fare con alcuni di questi soccorritori e, al pensiero che uno di loro possa venire a soccorrere mia madre…”
Molte aziende operanti per conto di Ares 118 non avrebbero ne selezionato, ne formato il personale presente sui mezzi di soccorso. Il più delle volte nessun responsabile avrebbe nemmeno mai visto in faccia questi “soccorritori”.
Un nuovo tentativo di perorare la causa infermieristica giunge dall’editorialista de “Il Messaggero”.
“Quando due estati fa sono stato operato al cuore e tra l’altro ero riuscito a cascare fratturandomi una spalla e due braccia… Avevo un braccio immobilizzato dal tutore e l’altro, dopo l’operazione… mi hanno detto non lo muova per almeno 24 ore.
Ho chiamato le infermiere dicendo «Ragazze c’è un piccolo problema: se qualcuno non mi mette il pisello nel pappagallo io me la faccio addosso poi vi tocca cambiarmi.
Era una situazione anche un po’ imbarazzante ma un paio di infermiere, con un sorriso, scherzando arrivavano e «operazione pisello!!!».
Hanno non solo sdrammatizzato ma mi hanno fatto sentire un calore umano che non è proprio il massimo quando una tiene il mio pisello e lo mette nel pappagallo”.
Tra l’imbarazzo generalizzato dei presenti in studio l’intervista volge al termine.
Il racconto strampalato dell’ex inviato di guerra, oltre ad aver indignato molti infermieri all’ascolto, non ha fatto altro che confermare l’immagine che la cittadinanza ha degli infermieri.
Molto spesso, alcuni colleghi, non dimostrano la propria intellettualità nelle corsie degli ospedali arrampicandosi su ideali triti e ritriti e costantemente smentiti nelle aule di tribunale.
E fu così che un’intervista nella quale si sarebbe dovuto parlare delle competenze avanzate degli infermieri, che a tratti parevano quasi sfociare nel campo medico, finì ancora una volta in una discussione riguardante pannoloni, pappagalli e membri da inserire al loro interno.
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