Il 20 novembre è la Giornata universale dell’infanzia.
Oggi si promuovono e si celebrano i diritti dei bambini e degli adolescenti, nella ricorrenza dell’adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UN) della Dichiarazione dei diritti dell’infanzia, nel 1959, e della Convenzione sui diritti dell’infanzia, nel 1989 con cui è stata introdotta la visione dei bambini e delle bambine come soggetti di diritto e non più come oggetti di cura.
La Convenzione, che è il trattato internazionale sui diritti umani più ampiamente ratificato, stabilisce una serie di diritti dei bambini, tra cui il diritto alla vita, alla salute, all’istruzione e al gioco, e il diritto alla vita familiare, a essere protetti dalla violenza, a non essere discriminati e a far sentire le loro opinioni.
Quest’anno il tema individuato è: Inclusione, per ogni bambino.
Madri e padri, insegnanti, infermieri e medici, leader governativi e attivisti della società civile, anziani religiosi e comunitari, magnati aziendali e professionisti dei media, così come i giovani e i bambini stessi, possono svolgere, secondo le Nazioni Unite, un ruolo importante nel rendere la Giornata mondiale dell’infanzia rilevante per le loro società, comunità e nazioni.
In Italia “gli infermieri pediatrici con anche gli infermieri, sia nel territorio che nell’ospedale, concorrono a garantire ai bambini e alle bambine i diritti sanciti dalla convenzione – spiega Laura Barbotto, presidente della Commissione d’Albo degli infermieri pediatrici della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche -. Diritti che pongono particolare attenzione alla conformità, dei servizi per la salute e delle competenze degli operatori dedicati, alle norme stabilite dalle autorità (art. 3)”.
“Per garantire ai fanciulli il diritto di godere del miglior stato di salute possibile – continua – e ad avere accesso ai servizi preposti (art. 24), gli infermieri utilizzano anche specifiche competenze di ascolto e comunicazione, adeguate al grado di sviluppo e alle capacità di neonati, bambini e adolescenti, e al relativo contesto culturale e sociale delle rispettive famiglie al fine di includerli nella definizione e realizzazione dei percorsi di salute”.
Gli infermieri, come sottolinea Barbotto, assistono i ragazzi e le ragazze anche nelle realtà più difficili, come negli Istituti penali per minorenni, si prendono cura del loro corpo e li sostengono con una competente relazione d’aiuto”.
“Questo perché – è bene ricordarlo secondo Barbotto – il ruolo dell’infermiere pediatrico stabilito non solo dalle evidenze e dalle necessità della sua attività quotidiana, ma, per legge, dal suo profilo professionale, è il professionista responsabile dell’assistenza infermieristica pediatrica attraverso la gestione e l’attuazione di interventi di tipo preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo nei confronti di neonati e bambini, sani o ammalati, fino al diciottesimo (18) anno di età, e nei confronti della famiglia e della comunità relativamente ad interventi di educazione sanitaria e promozione della salute”.
“Riprogettare o cambiare un’organizzazione sanitaria, soprattutto in un’ottica di scarsità di risorse conclude Barbotto – significa ricercare e trovare l’equilibrio tra efficienza ed efficacia del sistema e la sua equità: l’equilibrio si ottiene definendo nuove regole organizzative e delineando attitudini professionali, competenze trasversali degli attori del sistema. Significa mettere in campo una ‘sanità di iniziativa anche attraverso l’adozione di opportuni strumenti di raccordo e di professionalità appropriate, come in questo caso, quella infermieristica pediatrica, per rispondere ai nuovi bisogni’.
Redazione NurseTimes
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