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Genova, è allarme droghe tra i giovani: danni alla psiche già a 13 anni

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Genova, è allarme droghe: danni alla psiche già a 13 anni
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Dossier choc del Dipartimento di Salute mentale e dipendenze di Asl 3. Un ragazzo su quattro fa uso di sostanze stupefacenti alle scuole superiori.

II punto non è (solo) che i consumatori di sostanze stupefacenti sono sempre più giovani, ma che assumerle in modo continuativo li conduce a sviluppare patologie psichiatriche, come psicosi o depressione. Il giorno dopo l’allarme lanciato dal procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, che ha sottolineato la diffusione di dosi a 1 euro per agganciare nuovi consumatori in una città crocevia di traffici di droga, i numeri che spaventano arrivano dal Dipartimento di Salute mentale e dipendenze di Asl 3.

«I Sert, a Genova, hanno la momento 5mila persone in trattamento per problemi di dipendenza – spiega il direttore del Dipartimento, Marco Vaggie la presa in carico avviene dai quattordici anni in su». Non solo: «Per chi consuma in modo continuativo cannabinoidi di ultima generazione come lo skunk, da sei a dieci volte più concentrata rispetto a quella di origine naturale, dopo cinque anni aumenta da due a cinque volte il rischio di psicosi. Noi ci troviamo ad affrontare casi di ragazzini che a tredici anni vedono insorgere problemi psichiatrici. Allo stesso tempo, l’uso di stimolanti come l’ecstasy può far emergere stati depressivi latenti».

Nell’area metropolitana di Genova, in un anno duecento ragazzi sotto i venticinque anni vengono ricoverati in reparti psichiatrici. Un terzo di loro non ha ancora compiuto diciotto anni. «Negli ultimi cinque anni – rimarca Vaggi – l’età media si è abbassata: da diciotto a sedici anni e buona parte di questi ricoveri sono legati all’uso di sostanze stupefacenti». Uno studente su quattro, alle superiori, ha fatto uso di cannabis nell’ultimo anno.

Il 32,9% di loro ha riferito di aver utilizzato almeno una sostanza psicoattiva illegale nel corso della propria vita, mentre il 25,9% ha specificato di averlo fatto durante lo scorso anno scolastico. Tra questi, la stragrande maggioranza (86%) ha fatto uso di un solo tipo di sostanza, mentre il 14% è un “policonsumatore”. Eccola, la fotografia choc che viene fuori dalla Relazione annuale al Parlamento 2017 sullo stato delle dipendenze in Italia su studenti e consumo di droghe.

Per combattere quella che in Asl 3 chiamano “una diffusione massiva di oppiacei, cocaina, anfetamine e nuove droghe, sdoganate dal cliché di un contesto degradato”, diventa fondamentale potenziare la prevenzione. «Abbiamo avviato un progetto che permette di lavorare in maniera integrata – continua Vaggi – attraverso equipe multiprofessionali all’interno del Dipartimento di Salute mentale: con medici, infermieri, neuropsichiatri, assistenti sociali. Questo ci permette di intercettare precocemente soggetti giovani con questi problemi».

Giorgio Schiappacasse, già direttore dei Sert ed esperto sul tema delle dipendenze, sottolinea come sarebbe necessario uno scatto culturale: «A Genova è molto attiva l’associazione Genitori insieme, perché l’educazione è fondamentale: bisogna saper porre dei limiti con calma e determinazione. Questo allarme richiede un’alleanza da parte di tutti. Ma quando interessi economici e di salute entrano in conflitto, quello economico vince. Pensiamo al gioco d’azzardo. O all’alcol: sarebbe necessaria una legge che obblighi a dotarsi di un etilometro monouso in auto. Costa meno di un euro, e avrebbe un effetto deterrente, come un monito».

Eppure, nonostante gli allarmi, in Liguria una comunità residenziale dedicata agli adolescenti affetti da dipendenze ancora non esiste. Per curare i tossicodipendenti non restano che le briciole: a Genova appena 5 milioni di euro all’anno. Degli oltre 3 miliardi di euro stanziati per tutta la sanità ligure, infatti, 220 milioni sono destinati alle residenze, comprese le comunità, i centri per anziani e per i disabili. Di questi, 13 milioni in Liguria sono riservati specificamente alla cura delle dipendenze. E al capoluogo ligure non resta che una fettina.

Redazione Nurse Times

Fonte: la Repubblica

 

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