Gli esperti dell’Università di Basilea hanno realizzato minuscole particelle che riescono a trasportare il principio attivo direttamente nel nucleo della cellula.
Uno dei maggiori problemi inerenti la terapia farmacologica è attualmente costituito dalla messa a punto di strategie che consentano di raggiungere distretti corporei difficilmente accessibili. È inoltre necessario sviluppare farmaci capaci di raggiungere il bersaglio terapeutico con una concentrazione di principio attivo sufficiente all’espletamento della loro funzione, ad esempio l’eradicazione di un patogeno.
Negli ultimi anni sono stati escogitati sistemi alternativi per garantire un’elevata efficienza dei farmaci. Si tratta di minuscole nanoparticelle in grado di trasportare proteine, acidi nucleici, vaccini. Le dimensioni ridotte, così come la composizione e la struttura, consentono loro di oltrepassare la barriera ematoencefalica e costituisco una speranza per il trattamento delle patologie neurodegenerative e tumorali che affliggono il sistema nervoso centrale.
Parliamo di particelle polimeriche con dimensioni di 10-100nm, costituite da polimeri naturali o artificiali. Sono in grado di interagire con le barriere biologiche, passandovi attraverso con estrema facilità. Per questo possono essere utilizzate per il trasporto di farmaci e controllarne allo stesso tempo la biodistribuzione. Nello specifico, si tratta di “nanocontainer” che riescono a entrare nel nucleo di una cellula per trasportare al suo interno farmaci che agiscono direttamente sul Dna per terapie geniche o chemioterapie.
Illustrati sulla rivista dell’Accademia nazionale delle scienze americana (Pnas), si presentano come piccole vescicole, composte da polimeri biocompatibili e realizzate da un gruppo dell’Università di Basilea, coordinato da Cornelia Palivan. Le ridottissime dimensioni («Hanno un diametro di appena 60 milionesimi di millimetro», spiega a stessa Palivan) permettono loro di attraversare il cosiddetto complesso del poro, varco che regola lo smistamento di molecole tra il nucleo e il resto della cellula.
I ricercatori hanno riempito questi “nanocontainer”, anziché di farmaci, con composti coloranti, così da poterne controllare il corretto trasferimento nel nucleo. Per adattarsi meglio alla cellula le vescicole sono fatte di «molecole che mimano la struttura delle membrane cellulari, al tempo stesso robuste e flessibili», aggiunge l’esperta. Sono, inoltre, dotati di una sorta di “biglietto d’ingresso nel nucleo”, ossia un segnale molecolare che, «sfruttando strategie simili a quelle di alcuni virus, permette alle strutture di smistamento della cellula di dirottarli all’interno del nucleo», conclude Palivan.
Redazione Nurse Times
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