Introduzione di Giuseppe Papagni
Riprendiamo l’intervento del presidente del collegio di La Spezia, dott. Francesco Falli, che argomenta sull’importanza della figura dell’infermiere di famiglia all’interno dell’organizzazione sanitaria territoriale.
Il suo intervento interviene in piena campagna elettorale su un argomento che molto spesso viene dibattuto dai non addetti ai lavori e che crea qualche volta confusione tra i cittadini.
Il presidente Falli ha il merito di fare chiarezza nella comunità spezzina chiamata alle urne per eleggere i nuovi protagonisti della politica cittadina.
Tratto da la gazzettadellaspezia.it
Leggo, e lo avevo già letto in passato, che non ne avremmo bisogno perché è già attivo un servizio di assistenza domiciliare. Ho letto anche che questa figura andrebbe a sottrarre competenze al Medico di famiglia, ed infine – cosa che mi pare grave- leggo alcune imprecisioni sulle competenze di figure che non sono infermieristiche (badante, oss).
Mi trovo perciò motivato a esporre qualche concetto professionale, e non politico: perché un ordine professionale fa una politica professionale, cercando di offrire a chi la politica la fa davvero spunti e argomenti il più possibile centrati, al netto delle motivazioni che talora, invece, muovono proposte spesso ‘’strane’’.
L’Infermiere di famiglia non è alternativo al Medico e non è alternativo alle cure domiciliari erogate dalle Aziende Sanitarie: è, semmai, un professionista sanitario (laureato come tutti gli Infermieri dal 1996 in avanti: con un percorso triennale, anche con master o con magistrale) che prende in carico un malato per quelle che sono le competenze della sua figura, in forma continuativa, protratta nel tempo, anche quando la assistenza erogata dalle ASL diventa meno frequente o, semplicemente, cessa perché non più urgente, o non più prevista.
Come ha dimostrato l’esperienza friulana citata, la presenza dell’Infermiere di famiglia sottrae ricoveri impropri: un anziano che ha un dubbio ed è solo, o accompagnato da coniuge altrettanto anziano, si rivolge ai pronto soccorso molto spesso per motivi solo in parte di salute.
Una emergenza poco nota in Italia (certo nota ai Medici che sono intervenuti) è quella della reale rispondenza, da parte dei malati e delle loro famiglie, alle terapie prescritte dal dottore: talmente emergenza che il Ministero della Salute ha varato, nel dicembre 2014, una Raccomandazione di sicurezza, la n° 17 (VEDI) con lo scopo di allertare tutti sulla questione: in sintesi, molti pazienti per motivi diversi non assumono (a casa) i farmaci prescritti.
Un Infermiere di famiglia ha il tempo e la competenza per capire, provvedere, e fare ciò che è previsto nel profilo e nel percorso di studi: valutare la situazione, i sintomi e le condizioni – a partire dai parametri vitali, ma non solo e non soltanto – ed eventualmente allertare il curante, anche se le realtà dove questa figura agisce hanno dimostrato che molte situazioni sono risolte proprio dalla partecipazione, quotidiana, alle necessità assistenziali direttamente dalla figura dell’infermiere.
Partecipazione, come ripeto, che non è alternativa alla presenza dell’assistenza domiciliare, ma integrativa e spesso sostitutiva della “fine presa in carico’’ delle ASL, quando la fase acuta è cessata: ma il soggetto resta comunque anziano, fragile, e spesso solo, o con ‘’caregiver’’ conviventi deboli (familiari altrettanto anziani).
Sono più che d’accordo con chi afferma che utilizzare un professionista laureato per ritirare una ricetta costituisca uno spreco di risorse: ma credo, da quanto ho letto, che il progetto non riguardi solo questo passaggio, e non sia l’Infermiere l’addetto alla pratica di ritiro, così come non era l’Infermiere a fare tale attività in alcune meritorie esperienze anche locali…
Chiuderei con una precisazione, ci ha già provato la Regione Emilia Romagna, un paio di anni fa, a “costruire’’ badanti specializzate con un mini corso di una ventina di ore per autorizzarle a manovre infermieristiche: considerando che il corso di laurea dura 5400 ore (tirocinio pratico incluso) direi che è un rischio ed un azzardo e, proprio come avvenuto in Emilia, anche noi opporremmo un istantaneo ricorso alle Autorità perché, semplicemente, le manovre infermieristiche sono di pertinenza dell’Infermiere: e lo diciamo nell’interesse degli assistiti.
Ricordo infine che le citate iniezioni intramuscolari NON possono essere svolte dall’oss: per averne conferma basta leggere il testo della Conferenza Stato Regioni del 22/2/2001 (che vara la figura oss), che prevede per questo operatore la sola possibilità di aiutare i malati nella assunzione di terapie (quindi per via naturale) e su precisa attribuzione del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica (che è l’Infermiere, o l’Ostetrica).
Dispiace che in quadro già di per sé confuso si vadano ad aggiungere ulteriori elementi di caos: la figura dell’Infermiere di famiglia, semplicemente, farebbe solo bene a questa comunità, perché in altri luoghi ha fatto bene, molto bene; ai vari coinvolti nella gestione della cosa pubblica – o aspiranti tali – mi permetto di dire non c’è bisogno di inventare nulla, basta copiare dalle esperienze validate, attive, che hanno prodotto risultati, e nessun problema particolare.
Infine è con piacere che invito tutti coloro che hanno interesse a capire di più e meglio le opportunità che derivano dall’impiego di Infermieri in ruoli moderni (si pensi anche al fast track, alla medicina di iniziativa; al see and treat: tutte cose attive in Italia, non sulla Luna) all’incontro con i candidati Sindaci che sarà presso la nostra sede il 31 maggio, alle ore 17.
Grazie a tutti per la cortese attenzione.
Francesco Falli
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