Riceviamo e pubblichiamo una nota della segreteria provinciale Fials Bologna.
Sciopero della fame. È questo il gesto estremo che Alfredo Sepe, segretario provinciale della Fials bolognese, ha deciso di attuare per portare finalmente l’attenzione sullo spinoso caso della mobilità obbligatoria e volontaria.
Pochi giorni fa la Segreteria Provinciale di Bologna ha inviato un’informativa nella quale viene espressa chiaramente la volontà del sindacato, a costo di “gesti estremi”, pur di essere ascoltati in tempi brevi.
Non si è dovuto aspettare molto perché il rappresentante sindacale, campano d’origine e da un decennio nel capoluogo emiliano, ha pubblicato un breve video dove si mostra ammanettato e con cui di fatto dà il via ad uno sciopero della fame.
Ma per capire come si è arrivati a questa situazione è necessario un breve passo indietro.
La legge 114/2014 art. 4 comma 1, la cosiddetta “riforma Madia” stabilisce che “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza”, modificando così due commi dell’art. 30 del precedente decreto legislativo 165/2001 in tema di mobilità obbligatoria e volontaria.
La modifica di tale legge ha di conseguenza aumentato le problematiche per i lavoratori del comparto sanità perché, in precedenza, per poter accedere alla mobilità non era necessario il consenso dell’azienda presso cui si è in servizio e si limitava il rinvio della cessione del contratto fino ad un massimo di 3 mesi.
Il settore infermieristico, (non solo OSS ma anche tecnici di radiologia, tecnici di laboratorio, ostetriche) già costretto ad un autentico giro d’Italia per trovare selezioni aperte, vede di fatto negata la possibilità di accedere a concorsi di mobilità per potersi riavvicinare o tornare a casa dai propri cari, che per tanti e troppi motivi sono impossibilitati ad un ricongiungimento.
Come è ben noto sono le aziende sanitarie del Nord e Centro-Nord ad accogliere il maggior numero di professionisti provenienti dalle regioni meridionali che ora, a causa delle modifiche apportate dalla legge, sono “prigionieri” delle aziende presso cui prestano servizio, le quali impiegano ben oltre i tre mesi consentiti dalla legge per rilasciare o negare il nulla osta, escludendo di fatto i lavoratori dalla mobilità.
È questo il caso del S.Orsola Malpighi di Bologna che, come dichiara il delegato Fials Bologna Carlo Lopopolo, ciociaro di nascita ma trapiantato a sua volta in Emilia “lo scorso anno non ha concesso il nulla osta preventivo ad un cospicuo numero di lavoratori, circa 140 unità, per consentire loro la partecipazione a due bandi di concorso che si erano aperti nella Regione Campania”.
La Fials ha riscontrato che l’azienda, nonostante le numerose richieste e sollecitazioni dei lavoratori, concedeva un nulla osta non conforme “condizionato” e ben oltre i tempi stabiliti dalla legge, con tempistiche nell’ordine degli 11 mesi, e che solo dopo diffide all’autorità giudiziaria e manifestazioni è riuscita ad ottenere che quantomeno fosse redatto un documento che avesse validità di legge.
Aggiunge inoltre Lopopolo che “tale problematica, specialmente a Bologna, assume sfumature diverse tra le varie aziende sanitarie, nonostante il servizio amministrativo (SUMAP) sia ormai a tutti gli effetti metropolitano e pertanto unico.
Per la Ausl Bologna occorrono mediamente 4 mesi per il rilascio del dipendente, 3 mesi dal Rizzoli, 3 mesi dall’ospedale d’Imola mentre per il S.Orsola Malpighi ne occorrono 11.
Abbiamo casi emblematici di coniugi, entrambi infermieri ma in strutture cittadine diverse, che ricevono la raccomandata di convocazione lo stesso giorno, ma possono muoversi l’uno dopo 3 mesi e l’altro dopo 11. Bisogna aggiungere, per correttezza intellettuale, che anche le aziende destinatarie non hanno un comportamento esemplare.
Ad esempio alcune aziende campane chiedono ai vincitori della mobilità di presentarsi entro un mese dal ricevimento della raccomandata e ciò appare a dir poco scorretto ed irriguardoso sia verso il dipendente che nei confronti l’azienda mittente, che perde un professionista e deve consentire ad un nuovo assunto di avere tutto il tempo necessario per l’inserimento, ovvero non meno di tre-quattro mesi.
C’è anche il caso di un bando di mobilità in entrata di un’azienda abruzzese, che richiede come requisito di partecipazione quello del nullaosta preventivo e che obbliga, entro un mese dalla ricevuta convocazione, il dipendente ad entrare in servizio, pena perdita del posto.
In Campania inoltre, per i bandi di mobilità in entrata, bisogna necessariamente lavorare in determinate aree altrimenti non si può fare domanda. Una discriminazione bella e buona in operatori di serie A e di serie B.”
Questo atteggiamento non fa altro che innalzare le tensioni tra azienda e dipendenti, ma la Fials non si arrende e continua a portare avanti la battaglia per ridurre sia le tempistiche che per permettere concretamente l’agognata mobilità, con la conseguente opportunità di nuove assunzioni che possano alleggerire le lunghe liste di disoccupazione.
La cosa che sorprende e lascia maggiormente interdetti è come mai la Fials sia l’unica sigla sindacale ad essersi interessata alla vicenda, portando quotidianamente avanti la battaglia a favore dei lavoratori del S.Orsola Malpighi, anche di coloro che appartenenti ai sindacati confederati si sono sentiti abbandonati e traditi. Dove si trovavano Cgil, Cisl, Uil o, rimaste indifferenti e sorde alle richieste dei loro iscritti che hanno poi deciso di seguire l’iniziativa Fials?
In tale battaglia sarebbe giusto che tutti i collegi delle professioni intervenissero: Ipasvi, collegio tecnici di radiologia, ostetriche ed unissero le loro forze per affrontare questa battaglia.
Lanciamo un appello alla Presidente dell’Ipasvi Barbara Mangiacavalli e alla senatrice e membro del comitato centrale Ipasvi Annalisa Silvestro presente sempre nelle iniziative formative nella nostra Azienda, affinchè si inizi a parlare di questo tragico argomento.
Ci sono graduatorie aperte specialmente tra gli infermieri con 4000 disoccupati pronti a lavorare che aspettano una chiamata; non sarebbe bello far in modo che queste persone prendano il posto di quelli che vanno via e diminuisse la disoccupazione in Italia?
Non sarebbe più opportuno che tutti coloro che difendano gli interessi dei lavoratori s’interessino alla vicenda e non lascino sola la Fials in questa battaglia?
Domande che non hanno ancora trovato risposta.
Intanto il 26 giugno, con una nota, l’azienda S.Orsola ha comunicato la propria disponibilità a rinegoziare i tempi; si spera ora che tutte le aziende d’Italia facciano un passo indietro per permettere a tutti di esercitare un proprio diritto.
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