Intervista esclusiva di NurseTimes a Vincenzo Limosani, infermiere strumentista in cardiochirurgia e chirurgia toracica presso il Papworth Hospital in Cambridge (UK)
La Redazione di NurseTimes ringrazia Vincenzo per la disponibilità e l’opportunità che offre ai nostri lettori. Le nostre interviste hanno come unico obiettivo quello di informare e quindi orientare nelle scelte tutti quei colleghi che non avendo opportunità lavorative in Italia decidono di trasferirsi all’estero per poter esprimere appieno la propria professionalità.
Ciao Vincenzo, puoi presentarti ai nostri lettori?
Sono un giovane infermiere pugliese, figlio unico di padre operaio e madre casalinga. Nel 2014 ho conseguito la laurea in Infermieristica presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti e da due anni lavoro per conto dell’NHS, ovvero il sistema sanitario britannico.
Nel 2015 sono stato infermiere strumentista in oftalmologia presso il Moorfields Eye Hospital di Londra e attualmente sono strumentista in chirurgia cardiotoracica presso il Papworth Hospital di Cambridge. Ma, più semplicemente, sono uno dei tanti infermieri italiani in UK.
Quali sono state le motivazioni che ti hanno portato a scegliere di lavorare all’estero?
I motivi sono diversi, ma tutti hanno contribuito a questa scelta.
Ha influito tantissimo l’esperienza Erasmus che nel 2012 ho avuto l’onore di fare in Finlandia. Lì ho iniziato ad apprendere la lingua inglese ma soprattutto ho avuto la possibilità di capire che amavo viaggiare. Ciò che non conosco suscita in me la curiosità che supera la paura. Imparare l’Inglese, acquisire nuove competenze in un’area specialistica, lavorare con un team internazionale, guadagnare e mantenermi da solo… Credo siano motivi più che validi per partire.
Subito dopo la laurea ho lavorato per alcuni mesi in una RSA lombarda in condizioni per me assolutamente inaccettabili. Ma soprattutto non era quello che volevo fare nella mia vita. Ero infelice. Volevo sentirmi un professionista, uno specialista, ma dove mi trovavo tutto questo non era possibile. Sono stati per me mesi molto difficili ma che hanno contribuito a scegliere serenamente di andare via dall’Italia.
La possibilità di scegliere cosa fare e dove lavorare per un infermiere in UK più che un sogno è una certezza. Soprattutto se si ha un buon curriculum e si è ambiziosi. Non ci si deve accontentare, come invece vogliono farci credere in Italia.
Il tempo indeterminato, diciamoci la verità, fa comodo a tutti. Per progettare un futuro, per fare un investimento, per dormire più tranquilli la notte. E se in Italia è un’utopia, in Inghilterra è la cosa più naturale del mondo.
Le opportunità di carriera in Inghilterra sono molte di più se paragonate all’Italia. Per la mentalità del sistema ma anche e soprattutto per la varietà di specializzazioni che da noi nemmeno esistono. Anche qui possono esserci invidie ed ostruzionismi sul luogo di lavoro, ma in generale direi che in UK è più facile fare carriera. Purchè vi siano sacrifici e massimo impegno, s’intende.
In quale struttura lavori e quali possibilità ti sono state offerte quando hai accettato l’incarico?
Da gennaio lavoro come infermiere strumentista in cardiochirurgia e chirurgia toracica presso il Papworth Hospital in Cambridge, ospedale specialistico famoso in tutto il mondo e centro trapianti di riferimento nel Regno Unito. Sono molto fiero di lavorare qui e credo che anche in Italia gli infermieri abbiano il diritto di sentirsi fieri dell’azienda per cui si lavora. Ma purtroppo… Vabbè, lasciamo stare.
Le possibilità che mi sono state offerte sono quelle di poter essere seguito da zero e passo dopo passo da un tutor, sia dal punto di vista teorico che pratico. Sono stato inserito in un programma di formazione specifico per il ruolo completamente pianificato e pagato dall’ospedale. Ma soprattutto mi è stata data la possibilità di fare qualcosa che mi piace, mi rende fiero e mi permette di migliorare costantemente. Per me questo aspetto è di una importanza assoluta che prescinde quello economico.
Quante ore lavorative svolgi nel mese, quali sono le competenze richieste per poter lavorare come strumentista in CCH?
In Uk l’orario contrattuale base è di 37,5 ore settimanali e lavoro in genere da tre a quattro giorni a settimana. Poi vi sono le reperibilità, gli straordinari… Personalmente credo che il mio tempo libero valga più dei soldi, quindi tendo a non fare extra a meno che non mi venga esplicitamente richiesto. È anche vero però che la mia giornata lavorativa in sala dura più di 10 ore, a volte anche più di 12, e alla fine ci si sente un tantino stanchi.
Per lavorare come strumentista in cardiochirurgia qui in UK non viene richiesta assolutamente nessuna competenza specifica, quantunque sia preferibile avere delle precedenti esperienze. Inoltre non è richiesto nessun master: in UK non esiste l’equivalente del nostro master da strumentista. Semplicemente serve tanta buona volontà, dedizione, spirito di sacrificio e un carattere adatto alla giungla della sala.
Quant’è il costo della vita in Uk…uno stipendio da infermiere ti consente di vivere dignitosamente?
Dipende cosa si intende per dignitosamente. Ho conosciuto primari lamentarsi del proprio stipendio. Personalmente ho una fiat punto e ritengo sia una macchina dignitosa; per qualcuno anche la porche è da poveracci.
Questione di prospettive, dunque. Di certo non sono ricco e non lo si diventa facendo gli infermieri (eh già, nemmeno in UK!), ma sono contento di quello che ho; e mi rassicura la certezza che lo stipendio aumenta con l’esperienza e può crescere anche di molto durante la carriera. In ogni caso, ci crediate o no, non sono venuto in UK perché volevo diventare ricco.
Con il Bretix cambia qualcosa per gli infermieri italiani?
In realtà non cambia nulla, se non che la sterlina stia scendendo parecchio e quindi potremo forse permetterci qualche vacanza in meno. Comunque per il momento non è cambiato nulla e la necessità di infermieri europei da parte dell’NHS è ancora altissima. Certo dal punto di vista sociale il Brexit non mi è piaciuto e gli Inglesi come popolo mi ha alquanto deluso. Ma questa è una cosa mia.
Ritorneresti in italia?
Questa credo sia la domanda più difficile di tutta l’intervista… Comunque SI, ma a determinate condizioni. Voglio il sacrosanto diritto di progettarmi un futuro stabile e di continuare a sentirmi fiero del lavoro che faccio. E capisco che l’Italia del mio “voglio” se ne fa una gran risata. Pensa te… Parlando l’inglese e con l’esperienza che sto acquisendo tra qualche anno potrei andare ovunque nel mondo, tranne che in Italia. Molto buffo non trovi??
In ogni caso ho paura. Ho una paura matta di tornare in Italia.
Tornare vuol dire inevitabilmente rinunciare a tante cose dal punto di vista lavorativo e della carriera. Ma sono una persona che ha sempre ragionato più col cuore che con la testa, e pertanto preferisco gli affetti, il sole, il folklore di un popolo meraviglioso ma con la classe politica e dirigenziale peggiore del mondo.
Quale messaggio vorresti dare ai tanti infermieri che in Italia non riescono a trovare opportunità lavorative tali da soddisfare le loro aspettative professionali?
Partite. Mettete tutto in una valigia: sogni, paure, rabbia e partite. Per quanto sia difficile costruirsi qualcosa da zero in un Paese che non sia il tuo, dopo un pò la soddisfazione vi renderà dolce anche la lontananza.
Se il vostro lavoro non vi rende felice oggi, probabilmente non lo farà nemmeno domani. E allora abbiate il coraggio di cercare la felicità. Essere felici e soddisfatti del proprio lavoro è un diritto inalienabile e non un privilegio.
Grazie Vincenzo…
Randolfi Massimo
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