Laura Tassi, presidente di Lice, ha spiegato a Sanità Informazione l’importanza di una corretta alimentazione, mettendo in guardia contro le fake news.
Sono oltre 600mila le persone in Italia affette da epilessia, una patologia del sistema nervoso centrale che nella maggior parte dei casi richiede una terapia farmacologica costante. Ridurre lo stato di stress, tenere uno stile di vita sano con un’attività fisica moderata e un’alimentazione equilibrata aiuta chi soffre di epilessia. Per questo a tavola è importante scegliere piatti ricchi di vitamine e sali minerali, con tanta frutta e verdura.
«Non esiste, salvo alcuni rari casi, una dieta per le persone che soffrono di epilessia – puntualizza Laura Tassi, presidente di Lice (Lega italiana contro le epilessie) –. Ci sono però dei nutrimenti che hanno un potenziale neuroprotettivo e che possono aiutare».
Se non si può generalizzare e parlare di dieta per chi soffre di epilessia, è altrettanto vero che ci sono vitamine e Omega 3, assimilabili con il salmone, il pesce azzurro e la frutta secca, che sono utili per le funzioni del sistema nervoso. Tra le vitamine hanno un ruolo primario: la B6, detta anche piridossina, essenziale in particolare per l’intervento nella sintesi di molti neurotrasmettitori come la serotonina; l’istamina, la taurina e la dopamina, che si trova in alimenti vegetali come verdura, legumi, frutta secca, e animali come uova, carni e pesce. La vitamina D3, invece si trova nel pesce azzurro, nelle uova, nel latte e nei suoi derivati. La vitamina E è presente negli oli vegetali, nei cereali integrali, nelle uova e in alcune verdure come gli spinaci, mentre di vitamina C sono ricche la frutta fresca, alcune verdure come radicchio e spinaci, ortaggi come broccoletti, e ancora broccoli, cavoli, pomodori, peperoni e patate.
Una vita sana e un regime alimentare equilibrato possono aiutare chi soffre di epilessia, ma non tutti. Più complicata è la situazione di coloro che sono farmacoresistenti. Attualmente solo il 60% dei pazienti con epilessia ha un completo controllo delle crisi grazie alla terapia e al trattamento farmacologico, ma il restante 40% soffre di una epilessia farmacoresistente, cioè non sensibile all’azione dei farmaci. Per questi pazienti le opzioni sono limitate al trattamento chirurgico, all’utilizzo di alcuni dispositivi “palliativi” e, in alcuni casi, all’adozione di un regime alimentare studiato.
«Si tratta della cosiddetta dieta chetogenica da seguire sotto stretto controllo di un medico specialista e di un dietista – spiega la presidente Lice –. Ha lo scopo da indurre l’aumento dei chetoni attraverso una maggiore somministrazione di proteine e riduzione di carboidrati, in modo da cambiare il metabolismo del cervello e portare ad una riduzione delle crisi epilettiche».
Tra le terapie palliative la dieta chetogenica trova una sua collocazione, anche se i risultati non sempre sono soddisfacenti. «Ottenere un risultato è molto difficile – ammette Tassi –. Occorre seguire in maniera rigorosa le indicazioni del medico per almeno due mesi. Un periodo sufficiente per valutare la capacità della dieta di cambiare il metabolismo e di aumentare i chetoni nel sangue. Passato quel periodo si valuta il peso della dieta sul paziente. Se ci sono cenni incoraggianti si procede per almeno sei mesi, dopodiché si passa ad un regime alimentare di mantenimento meno rigido. Purtroppo, solo il 50% dei pazienti che si sottopongono alla dieta chetogenica ottengono dei miglioramenti che comunque non vanno mai oltre ad una riduzione del 50% delle crisi epilettiche».
Le statistiche dicono che sulla popolazione pediatrica la dieta chetogenica funziona meglio, «anche se abituare un bambino ad un regime alimentare così stringente non è facile, viene usata in particolare con i piccoli pazienti quando c’è una encefalopatia epilettica, ovvero quando c’è uno stato di epilessia, ma anche di sofferenza del sistema nervoso centrale con un ritardo cognitivo o altri deficit», ammette Tassi.
Quando si parla di epilessia non mancano i consigli e le raccomandazioni di chi pensa di avere le risposte a ogni quesito. E così capita di leggere che togliendo il caffè e la Coca Cola dalla tavola si aiuti chi ha problemi di epilessia. «Non è così – puntualizza la presidente di Lice –. Non esistono alimenti vietati, a volte ci sono controindicazioni alla terapia farmacologica somministrata. Per esempio, alcuni farmaci non possono essere assunti con la spremuta di pompelmo che ne inibisce l’assorbimento. In questo caso sarà lo stesso medico a segnalare il divieto al paziente. Altrimenti l’alimentazione è libera. Meglio se varia. Il consiglio che posso dare è di non farsi imbrogliare da soggetti che millantano professionalità che non hanno. Quando ci sono dei dubbi è meglio rivolgersi agli epilettologi di riferimento ed evitare danni più gravi».
Proprio la pandemia sembra aver alimentato molte fake news, che prontamente la dottoressa Tassi smentisce: «Non ci sono controindicazioni al vaccino anti-Covid. L’unico problema riguarda la febbre che potrebbe essere accompagnata da una crisi. Allora per non incorrere in spiacevoli effetti collaterali è opportuno fare il vaccino in regime protetto con il ricovero o somministrare antipiretici (es Paracetamolo) per tenere sotto controllo la temperatura».
Redazione Nurse Times
Fonte: Sanità Informazione
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