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Epatite acuta pediatrica colpisce a Prato: grave bimbo di 3 anni

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Epatite acuta pediatrica colpisce a Prato: grave bimbo di 3 anni
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Per il piccolo, trasferito prima a Firenze e poi a Roma, i medici non escluderebbero la possibilità di ricorrere a un trapianto di fegato.

Partita dal Regno Unita e poi approdata in diversi Paesi europei, l’epatite acuta pediatrica, patologia molto aggressiva che colpisce i bambini sotto i dieci anni, comincia a spaventare anche l’Italia, dove si registrano già sette casi sospetti. Una delle segnalazioni arriva da a Prato e riguarda un bimbo di tre anni (non ancora compiuti). A confermare la circostanza è l’Asl Toscana Centro.

Il piccolo è stato portato in ospedale a Prato ed è stato trasferito prima al pediatrico Meyer di Firenze, poi al Bambino Gesù di Roma. Secondo quanto riferito da fonti sanitarie, le sue condizioni sono considerate molto gravi e i medici non escluderebbero la possibilità di ricorrere a un intervento di trapianto del fegato.

Il piccolo, di origine straniera e residente a Prato, “si è aggravato nel giro di poche ore”, racconta Pierluigi Vasarri, direttore della Struttura operativa complessa di Pediatria e neonatologia del Nuovo Ospedale di Prato, che aggiunge: “La forma di epatite da lui sviluppata appare più severa rispetto alle normali epatiti. Noi ne vediamo sei-sette l’anno, o da virus A o da virus B, ma anche da citomegalovirus, ma mai l’avevamo vista in forma così seria, con un quadro che degenera in così poco tempo”.

E ancora: “Avendo sentito dei cluster di epatiti acute rilevati in Inghilterra, Spagna, Danimarca, Stati Uniti, eravamo sensibilizzati al problema e abbiamo fatto diversi esami, escludendo immediatamente tutte le cause di epatite più comuni, che normalmente si verificano da batteri, virus e così via, compresa la ricerca del citomegalovirus e del virus della mononucleosi, che però non hanno dato esito positivo. E abbiamo fatto anche la ricerca di questo adenovirus di sierotipo 41, rilevato in diversi casi segnalati a livello internazionale, ma ancora non abbiamo questa risposta”.

Redazione Nurse Times

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