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Ennesima conferma della Cassazione: “Agli infermieri va retribuito il tempo per cambiarsi”

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“Tempo tuta”: se non previsto dal contratto, può scattare il licenziamento
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La Suprema Corte ha dato ragione ad alcuni dipendenti della Asl Lanciano-Vasto-Chieti. Nursind Pescara: “Basta con l’ostracismo”.

“Le attività di vestizione/svestizione – attenendo a obblighi imposti dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto – costituiscono comportamenti integrativi dell’obbligazione principale e sono funzionali al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria: in tale veste, tali attività devono ritenersi implicitamente autorizzate da parte dell’Azienda stessa e, anche nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, danno diritto alla retribuzione”.

Con sentenza n. 17635 dello scorso 1° luglio (vedi allegato), la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto a ottenere la retribuzione del tempo impiegato per indossare e dismettere la divisa, trattandosi di attività obbligatoria, accessoria e propedeutica alla prestazione di lavoro. Accolta, dunque, la richiesta di alcuni infermieri, che questo diritto non si vedevano riconosciuto dalla Asl Lanciano-Vasto-Chieti. Sia il Tribunale di Chieti che la Corte di Appello di L’Aquila avevano già accolto la loro domanda, sul presupposto che il personale infermieristico, per motivi di igiene, deve necessariamente indossare e dismettere la divisa di lavoro (camice e mascherina protettiva) negli stessi ambienti dell’Azienda prima dell’entrata e dopo l’uscita dai relativi reparti, non potendo tale incombenza essere svolta in casa.

«A distanza di otto anni dall’inizio della vicenda – commenta Vincenzo Pace, segretario provinciale di Nursind Chietisi scrive la parola fine su una lunghissima serie di contenziosi, di cui ancora una quindicina sono in corso solo per il nostro sindacato, per salvaguardare un sacrosanto diritto del lavoratore. Spiace prendere atto che un’azienda sanitaria, nonché datore di lavoro, si ostini così tanto nella strenua volontà di non riconoscere tale diritto, riconosciuto da numerose pronunce della Cassazione. E spiace assistere all’accanimento verso una professione che rappresenta il fulcro del sistema sanitario. In quest’ultimo decennio, a fronte del blocco delle assunzioni, la professione infermieristica ha dovuto subire tantissimo in termini di riduzione degli organici e incremento delle prestazioni. Gli operatori sono arrivati allo stremo delle forze, dello stress e del disagio, così come testimoniato da innumerevoli conciliazioni che, come Nursind, abbiamo supportato. Come lavoratori e sindacato, ci saremmo aspettati dalla Asl ben altra considerazione e ben altro trattamento. Auspichiamo che la sentenza ponga fine a un atteggiamento di ostracismo».

Redazione Nurse Times 

ALLEGATO: La sentenza della Cassazione

 

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