Riprendiamo un comunicato diramato dalla sezione barese della Federazione italiana medici di medicina generale. A seguire la risposta di Opi Bari.
“Sostituire i punti di primo intervento con ambulatori che non prevedono la presenza di un medico non è una soluzione, perché non segue un modello di assistenza territoriale organico e – cosa ancor più grave – non risponde adeguatamente ai bisogni di salute dei cittadini”. Nicola Calabrese, segretario di Fimmg Bari e vicesegretario nazionale Fimmg, commenta così l’annunciata apertura di ambulatori infermieristici da parte della Asl Bari in cinque località del Barese dove erano stati chiusi i PPI.
Esiste già il modello del Care Puglia, una best practice a livello nazionale, che propone un’assistenza territoriale flessibile – continua Calabrese –. È tutto sviluppato all’interno del Sistema sanitario pubblico e consente di offrire assistenza continua anche ai pazienti cronici in modo personalizzato, anche a domicilio. Non si capisce perché si cerchino soluzioni alternative, in modo assolutamente estemporaneo e non adeguato”.
Il Care Puglia 3.0 delle cure territoriali pone la responsabilità della presa in carico nei mini team degli studi di medicina generale con la loro struttura organizzativa (medico, infermiere e assistente di studio). Grazie a progetti sperimentali, c’è stato un potenziamento dell’ADI, l’assistenza domiciliare integrata, agli ultra65enni, passata dal 1,8% del 2010 al 3,1% del 2016, stando ai dati del ministero della Salute. Il modello si basa su prossimità e capillarità territoriale – gli ambulatori dei medici di famiglia sono presenti infatti su tutto il territorio, anche nei piccoli comuni – e consente di erogare all’interno degli studi medici diverse prestazioni, tra cui quelle di diagnostica di primo livello.
“Al momento solo il 15% dei medici di famiglia ha la possibilità di assumere un infermiere – conclude Calabrese – mentre siamo al 50-60% per i collaboratori di studio. Se questo modello venisse esteso a tutti i 3.300 medici di famiglia pugliesi, si potrebbe far crescere l’assistenza domiciliare integrata, un parametro su cui la Puglia è in sofferenza rispetto agli indicatori ministeriali”.
Inoltre gli infermieri assunti negli studi medici, non essendo dipendenti della Asl, non inciderebbero sulla spesa legata alla dipendenza. Dove hanno chiuso gli ospedali, invece, Fimmg propone lo sviluppo dei CPT (Centri polifunzionali territoriali), in cui medici di medicina generale sono presenti per 12 ore insieme a infermieri e collaboratori, e offrono assistenza domiciliare, diagnostica di I livello attraverso la telemedicina, prelievi, medicazioni. Il tutto gratuito e senza ticket.
“L’attuale situazione di crisi del Sistema sanitario crea sofferenza nei medici di famiglia, di continuità assistenziale e di emergenza, e non consente di garantire un’adeguata assistenza ai pazienti – aggiunge Donato Monopoli, segretario Fimmg Puglia –. Per questo Fimmg ha annunciato lo stato di agitazione. I cittadini hanno diritto a un’assistenza territoriale capillare ed efficiente, che non può esserci senza medici”.
La replica di Opi Bari
È pura demagogia, la presa di posizione della Fimmg, espressa in un comunicato, di contestazione all’apertura di altri cinque ambulatori infermieristici nel territorio dell’Asl di Bari. Folle è stata giudicata dalla Fimmg la decisione del dg medico dell’Asl Ba, Antonio Sanguedolce, di promuovere iniziative di salute sul territorio, in accoglimento ai bisogni che i cittadini hanno espresso, non ultimo nella conferenza di servizio u.s., riguardo alle cure infermieristiche.
Folle e inaccettabile è la condizione posta dai medici di medicina generale, che si ritengono i “gestori” esclusivi di tutte le prestazioni sanitarie, ivi comprese quelle infermieristiche, di cui vorrebbero avere il governo, non solo sanitario ma anche economico. Ai cittadini pugliesi, così come accade in molte regioni d’Italia, vanno garantite le cure infermieristiche che non richiedono alcuna “supervisione”, medica.
È follia vera, quella denunciata dalla Fimmg, di contrastare l’azione dell’Asl a beneficio dei cittadini, impedendo agli stessi di poter usufruire di una serie di prestazioni cui necessitano e che di seguito si esemplificano: terapia iniettiva intramuscolare, endovenosa, sottocutanea, medicazioni, fasciatura, piccola traumatologia, rimozione suture, vaccinazioni, cateterismo vescicale, rilevazione parametri biofisici e clinici, follow-up delle cronicità, spirometrie ecografie, elettrocardiogramma e altro.
Il progetto sperimentale della Puglia Care 3.0, incentrato su investimenti economici remunerativi alla figura del medico di medicina generale, (altro che gratuite) cui fa riferimento il V/segretario nazionale della Fimmg, Calabrese, attivato dalla D.G. Regionale il 30 ottobre 2018, n. 1935 (mai partito), si avvale di precedenti esperienze pugliesi con al centro gli infermieri nel ruolo di care e non già di medici. I risultati cui Calabrese fa riferimento sono stati raggiunti grazie agli infermieri, formati per l’occasione e oggi scippati del ruolo di care manager da Emiliano, Gorgoni e Calabrese.
Mentre le altre Regioni investono poiché “folli” nell’ambito del care management, incentrato sulla professione infermieristica, la Puglia, secondo la Fimmg, dovrebbe adottare misure che contrastano, coerenti con le evidenze scientifiche e segregare gli infermieri solo negli ospedali. Ora basta. Esortiamo il dg Sanguedolce e tutte le organizzazioni sindacali mediche e non a difendere gli interessi sanitari dei cittadini pugliesi, e non già quelli di “casta”.
Redazione Nurse Time
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