Se fa un lavoro usurante, perché obbligare l’infermiere a restare nelle corsie quando la prestanza fisica (ed a volte la lucidità) non gli consente di sostenere il peso delle reponsabilità che gravano sulle sue spalle?
Ci avete visti “bardati” come astronauti, con divise che ci rendevano irriconoscibili, tanto da dover segnare sulla schiena i nostri nomi col pennarello, correre al vostro capezzale quando stavate male.
Avete osservato i nostri volti visibilmente stanchi e segnati dalle ferite prodotte dalle mascherine indossate per ore, ci avete notato quando, non riuscendo più a mostrarvi il sorriso lo abbiamo dipinto con colori vivi sulle mascherine per non farvelo mancare. Ci avete ascoltato quando vi abbiamo raccontato che per mantenere i presidi per ore e per non sottrarci al dovervi assistere, abbiamo indossato pannoloni per poter espletare i nostri bisogni fisiologici.
Avete ricambiato il contatto che abbiamo cercato, anche indossando due paia di guanti, in quella stretta di mano che suggella una promessa di aiuto: si stringono le mani ma si sfiorano i cuori.
Ci avete sentito biascicare parole incomprensibili con una bocca secca ed una lingua che si attaccava al palato per la sete repressa, non era l’effetto della mascherina: finché indossi la maschera non puoi scoprirti la bocca per bere.
Avete visto il sudore bagnare le nostre mascherine immaginando quanto si dovesse star male sotto quelle tute e quegli scafandri , ma siamo rimasti con voi lo stesso.
Poi avete sentito ai tg che molti di noi si sono ammalati, qualcuno è morto.
Avete condiviso la nostra battaglia per la sicurezza quando avete saputo che mancavano i presidi. Noi ci lamentavamo ma stavamo lo stesso lì, con chi aveva bisogno della nostra presenza.
Adesso che avete guardato verso di noi, che avete capito quanto sia importante e duro il nostro lavoro, sappiate che, passata questa emergenza, noi continueremo a lavorare con la stessa passione. Continueremo con la stessa voglia di fornirvi un’assistenza di qualità e rispettosa della dignità umana, ce la metteremo tutta.
Torneremo a confrontarci con gli stessi problemi di sempre. Con la carenza di materiali ed attrezzature, con l’annosa esiguità degli organici che ci costringerà a turni massacranti. Con l’assenza di figure di supporto che ci terrà impegnati altrove e non al capezzale di chi ne avrebbe bisogno, che ci costringerà a carichi di lavoro insostenibili… Ed infatti le nostre schiene e le nostre articolazioni dopo qualche anno cederanno e ci vedrete spesso trascinarci nelle corsie per assistervi.
Non tutti capiranno le nostre difficoltà, qualcuno ci considererà come controparte e subiremo aggressioni e violenze.
Ci ritroveremo in reparto utenti con patologie contagiose non diagnosticate prima e, come ora, li assisteremo. Lavoreremo con l’ansia di portare quelle malattie ai nostri congiunti che non hanno scelto questo lavoro: prenderemo farmaci per proteggerci e rischieremo comunque di ammalarci e di rimetterci la vita. Continueremo insomma a lavorare senza più i riflettori, come abbiamo sempre fatto.
Prima che si affievolisca l’attenzione nei nostri riguardi e prima che qualche altro malaugurato evento ci ponga nuovamente al centro dell’attenzione, vorrei fare una riflessione con voi, posto che:
- L’età media degli infermieri che trovate nelle corsie in Italia supera i 50 anni ed è la più alta in Europa;
- In Italia vi sono circa 100mila infermieri inoccupati e molti infermieri hanno trovato la loro collocazione professionale all’estero, dove sono molto apprezzati per l’ottima preparazione;
- La carenza di personale, unita alla mancanza di attrezzature idonee, rende le patologie muscolo scheletriche frequentissime tra gli infermieri (documentate da esami strumentali, non inventate).
Non risulta evidente ai vostri occhi, ora che avete imparato a conoscerci meglio, che un infermiere non può essere lasciato nelle corsie a dedicarsi all’assistenza diretta fino a 67 anni con la stessa lucidità ed efficienza di quando era più giovane? Non risulta chiaro che un eventuale errore ma finanche un ritardo può compromettere il buon esito delle cure e mettere a rischio vite umane?
In considerazione anche dei tanti infermieri giovani, neolaureati e con tanta voglia di entrare nel circuito produttivo, non sarebbe giusto ed opportuno considerare l’opportunità di prevedere un canale preferenziale, una sorta di “Opzione Infermiere” che garantisca agli infermieri, arrivati alla soglia dei 60 anni, di poter scegliere di dedicarsi ad attività non assistenziali o, in alternativa, essere posti in quiescenza?
Massimo Arundine. Infermiere.
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