Un progetto di grande portata scientifica si propone di studiare il ruolo del GENE RAI 1 nell’insorgenza di tante patologie.
Si chiama GENE RAI 1 (Retinoic Acid Induced 1) e ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’embrione. Il suo malfunzionamento può causare malattie a oggi incurabili, ma anche disordini del neurosviluppo infantile. Alla “disregolazione” di questo gene-chiave vanno infatti ricondotte malattie rare quali Smith-Magenis o Potocki Lupski, così come vari disturbi nell’apprendimento, nel movimento, nel linguaggio che colpiscono tanti bambini nei primi anni di vita.
Ancora una volta le speranze si affidano alla ricerca per chiarire tanti perché e individuare possibili soluzioni terapeutiche. Ha preso il via, proprio in questi giorni, un progetto di grande portata scientifica che si propone di comprendere i meccanismi di malfunzionamento del Gene Rai 1 e il suo ruolo nell’ insorgenza di tanti disordini del neurosviluppo infantile. Messo a punto dalla Fondazione per la Ricerca biomedica avanzata – VIMM di Padova, è sostenuto da Fondazione Just Italia.
Il progetto multidisciplinare è infatti il vincitore del Bando nazionale 2021 di Fondazione Just Italia per un progetto medico-scientifico destinato all’infanzia. Articolato su tre anni, impegna diverse strutture sul territorio nazionale e sarà guidato da Maria Pennuto, professore associato all’Università di Padova e vicedirettore dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) di Padova, dove coordina ricerche nel campo della neurobiologia sperimentale e preclinica.
Obiettivo della ricerca è comprendere perché i bambini con mutazioni del Gene RAI1 manifestino precocemente sintomi di disturbi cognitivi e motori, ma anche gravi disordini dell’alimentazione e del sonno. Alla de-regolazione dei geni che controllano il ciclo circadiano (l’orologio biologico che presidia l’arco delle 24 ore) va ricondotto, per esempio, uno dei maggiori problemi per questi piccoli che tendono a fare molteplici sonnellini durante il giorno e, invece, a stare svegli durante la notte. Si aggiunga che, a oggi, non esistono terapie farmacologiche efficaci per fronteggiare le sindromi legate a questo gene (le terapie comportamentali sono, al momento, l’unica modalità di intervento) o per formulare diagnosi precoci.
I team coinvolti nella ricerca apporteranno competenze di biologia molecolare (VIMM Padova), di biologia cellulare (Istituto Casa Sollievo della Sofferenza – Mendel di Roma, professor Angelo Luigi Vescovi e dottoressa Jessica Rosati), di pratica clinica (Policlinico Gemelli di Roma, professor Giuseppe Zampino e dottoressa Roberta Onesimo), cui si aggiungerà il contributo dei famigliari di bambini affetti da una delle malattie rare correlate al Gene RAI1 (Associazione Smith – Magenis Italia).
Maria Pennuto, responsabile del progetto, ne commenta la rilevanza scientifica: “Si tratta di un disordine del neurosviluppo che colpisce un bambino ogni 25.000 e che comporta gravi conseguenze sulla qualità della vita dei piccoli e delle loro famiglie. Questa ricerca è importante non solo perché si tratta di una malattia molto difficile da curare, dato che al momento non esiste una terapia, ma anche difficile da diagnosticare perché i sintomi sono facilmente sovrapponibili ad altre patologie. Per questo, come molti scienziati e ricercatori, il nostro Team intende impegnarsi a fondo, studiando come rendere più chiari e facilmente individuabili i segnali della malattia per poter intervenire in modo tempestivo ed efficace”.
Cellule in laboratorio per una ricerca “geniale” – I laboratori di biologia molecolare e cellulare impegnati nella ricerca offrono competenze professionali e scientifiche di altissimo livello e sono dotati delle strumentazioni indispensabili per produrre in laboratorio le cellule staminali neurali. Infatti una piccola quantità di tessuto cutaneo tratto da un paziente affetto da malattia rara consente di coltivare le cellule in laboratorio. Messe a confronto con cellule di donatori sani, quelle “riprogrammate” evidenziano i problemi legati alla mutazione genetica. L’obiettivo è, pertanto, quello di sviluppare modelli che favoriscano lo studio delle malattie attraverso tecniche di riprogrammazione cellulare, lavorando sulle biopsie cutanee di pazienti malati.
Lo conferma la dottoressa Jessica Rosati, coordinatore dell’Unità di Riprogrammazione cellulare dell’Istituto Casa di Sollievo della Sofferenza – Mendel di Roma: “Proprio questa struttura è stata la prima a realizzare in laboratorio cellule staminali neurali, partendo da cellule prelevate dall’epidermide di una paziente affetta dalla sindrome Smith-Magenis. Grazie a questa sofisticata tecnologia, è stato possibile superare le difficoltà intrinsecamente legate alle ricerche sul cervello in via di sviluppo e verificare come la singola mutazione del gene RAI 1 produca molteplici effetti all’interno della cellula stessa”.
Redazione Nurse Times
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